La sinistra liberal e i giornali spazzatura che ripetono la propaganda della NATO la chiamano “rossobruna”; ma per i lavoratori, i disoccupati, i precari lei è die rote Sahra. Sara la Rossa!
Così la chiama il popolo dei quartieri popolari e delle periferie abbandonate, così la chiamano le famiglie della classe operaia.
Studiosa marxista, cresciuta nella DDR, Sahra Wagenknecht è uno dei quadri politici più carismatici della scena tedesca.
Dirigente giovanile del Partito Socialista Unificato, il suo idolo era Walter Ulbricht, leader della Repubblica Democratica Tedesca e fiduciario di Stalin, che nel 1953 sedò una rivolta fomentata dagli USA armando le milizie operaie e con l’aiuto dei carri armati sovietici.
Sahra visse la caduta del muro di Berlino come “Il momento più difficile che avesse mai affrontato”.
Dopo l’unificazione tedesca entrerà nella PDS all’interno della “Piattaforma comunista” iniziando la lotta contro l’opportunismo dei dirigenti che continuerà anche all’interno della Linke.
Nel suo primo discorso da Parlamentare dirà: “cinque anni fa è morto un Paese in cui c’era almeno un tentativo di costruire una società non guidata dal profitto. Oggi vediamo di nuovo il dominio del capitalismo. Per me questo è un chiaro passo indietro. La DDR è stata la Germania più pacifica, più sociale, più umana in ogni fase del suo sviluppo, a dispetto delle critiche specifiche che si possono muovere nei suoi confronti”.
Nel 2004 pubblicherà il libro “Aló Presidente: Hugo Chávez e il futuro del Venezuela” in cui prende a modello la Rivoluzione Bolivariana elogiando Chavez come “un grande Presidente che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per la giustizia e la dignità”.
In ogni occasione si schiererà sempre dalla parte di Cuba e difenderà appassionatamente Fidel Castro dicendo: “si è battuto per un mondo migliore, è un democratico in tutto e per tutto. Ha amato il suo popolo e il suo popolo ama lui”.
Amatissima dai militanti di base che la ribattezzeranno “la nuova Rosa Luxemburg” è al contempo odiatissima dal gruppo dirigente che tenterà in ogni modo di diffamarla, isolarla e umiliarla, arrivando perfino a interrompere il suo discorso durante il Congresso Nazionale del Partito il 28 Maggio del 2016, scagliandole una torta in faccia.
Attaccata per le sue posizioni filo-palestinesi e accusata dalla sinistra tedesca di non essere abbastanza filo-israeliana verrà infine espulsa dalla Linke per “antisemitismo” dopo essersi rifiutata di alzarsi in piedi ad applaudire l’ex premier israeliano Ehud Olmert in occasione del suo discorso al Bundestag.
Lei risponderà facendo uscire un libro dall’inequivocabile titolo: “Contro la sinistra liberale!”.
Dopo la sua espulsione la sinistra interna della Linke uscirà dal Partito aggregandosi intorno a lei e dando vita a un nuovo movimento dal nome “In Piedi!”, con un programma all’insegna della giustizia sociale, contro l’Unione Europea del liberismo sfrenato e della guerra, contro l’imperialismo statunitense e la NATO.
Oggi la sua coalizione veleggia oltre il 15% sorpassando i socialdemocratici e attestandosi come Terza forza politica, mentre Verdi e Linke non raggiungono neppure la soglia di sbarramento.
Viene strumentalmente accusata di essere “contro gli immigrati” ma ciò non è vero, le sue sono le stesse posizioni dei panafricanisti.
È molto critica con questo modello di immigrazione gestito dalle ONG che sradica i popoli generando dumping salariale, ricattabilità, e guerra tra poveri; a cui antepone una soluzione “alla sovietica”, con un grande piano di formazione di figure professionali e tecnici specializzati da parte dei Paesi Europei al fine di migliorare la situazione economica e sociale lì invece di sottrarli ai Paesi poveri attraverso l’immigrazione, che definisce come un’altra forma di saccheggio coloniale delle risorse umane ai danni dell’Africa.
Aggiungendo “il dibattito sull’aprire i confini è una carta da giocare per chi vuole forza lavoro a buon mercato – cioè per le grandi imprese. Non è un caso che le associazioni industriali cantino l’inno dell’immigrazione. Nessuno crede davvero che lo facciano per motivi umanitari. Si tratta di spietati interessi economici!”.
Negli ultimi mesi è uscita la sua biografia intitolata “Die Kommunistin” – La comunista – in cui si schiera frontalmente contro l’invio di armi e finanziamenti al regime di Kiev incolpando la Nato e gli USA per il conflitto in Ucraina.
Quando Zelensky è stato invitato a parlare al Parlamento Tedesco, Sahra e i suoi hanno dato vita a una rumorosa contestazione allontanandosi in modo dimostrativo e lasciando l’aula.
Sahra Wagenknecht in Germania ha colmato un vuoto politico ponendosi, da sinistra, in radicale contrapposizione sia alla sinistra padronale, liberal e guerrafondaia, sia alla destra affarista.
Nell’Italia delle occasioni perse la sinistra radicale ha preferito tapparsi gli occhi di fronte a chi, come Sahra, ne denunciava doppiezze, frivolezze e iniquità.
Bollando come rossobruno e fascista chi poneva quei temi all’interno del dibattito politico.
Il risultato è stato l’estinzione.
Fuori dalle istituzioni con cifre da prefisso telefonico e astensionismo da record, mentre nei quartieri popolari il 75% dei cittadini non vota più.
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