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05/05/2025

Nervosismo in Vaticano

Alla vigilia del Conclave che inizierà mercoledi, in Vaticano è cominciata la cosiddetta fase preliminare.

Nelle otto congregazioni già tenutesi nell’Aula del Sinodo in Vaticano, alle quali hanno partecipato i cardinali ultraottantenni insieme a quelli più giovani che voteranno nel Conclave, i candidati certi al momento appaiono solo due.

Il principale è Pietro Parolin che è stato Segretario di Stato, una specie di primo ministro, della Curia romana. La sua candidatura non è stata ancora proclamata, ma la fazione interessata non l’ha nemmeno smentit . Il quorum necessario per l’elezione del Pontefice è dei due terzi cioè 89 voti, e Parolin ha bisogno di rinforzi dentro nella Cappella Sistina.

L’altro candidato è l’unico che finora è stato “nominato”. Si tratta del cardinale Mario Grech, 69 anni, arcivescovo di Malta, il cui nome è stato consegnato ai cardinali dal cardinale arcivescovo di Lussemburgo Jean Claude Hollerich, principale figura guida del processo sinodale voluto da papa Bergoglio. Grech è il segretario generale del Sinodo dei vescovi.

Circola poi anche il nome del patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, il quale ha espresso la sua simpatia per Grech , ma in molti circoli lo stesso Pizzaballa viene considerato un buon candidato ed è molto stimato tra i progressisti che difendono il processo sinodale di estensione della gestione nella Chiesa per includere in particolare i laici e le donne ma contro cui molti vescovi hanno sollevato proteste. Il nome del cardinale Zuppi, quello che molti progressisti dentro e fuori la Chiesa vorrebbero vedere come il Papa prosecutore dell’opera di Francesco, non compare tra quelli “papabili”.

Finora i gruppi conservatori non hanno annunciato alcun candidato o potenziale candidato. Ciò risponde a una strategia chiara. La principale figura conservatrice del Conclave è il cardinale americano Timothy Dolan, arcivescovo di New York, amico intimo di Donald Trump anche se ieri ne ha criticato la scelta di pubblicare la foto del presidente statunitense vestito da Papa.

L’unico dato chiaro fino ad ora è che sia i gruppi progressisti sia i conservatori hanno scoperto poche carte: stanno pianificando e mettendo in atto le loro strategie per vincere il voto finale dei 133 cardinali che si contenderanno l’elezione del nuovo pontefice a partire da mercoledì 7 maggio.

Alcuni settori le loro carte le tengono ben nascoste. I conservatori, ad esempio, non hanno ancora proposto un candidato definitivo. Il cardinale ungherese Peter Erdo, 72 anni, è rispettato ma sembra essere una bandiera da menzionare obbligatoriamente.

E poi c’è chi tenta di avvelenare i pozzi. Ad esempio intorno al cardinale Parolin si era diffusa la notizia che fosse svenuto a causa di una crisi epilettica, una notizia che, se confermata, avrebbe fatto saltare la prima candidatura informale lanciata nelle congregazioni generali. Ma nessuno ha visto l’incidente, mentre più tardi, un cardinale colombiano ha affermato di averlo visto e che stava bene.

Se si è trattato di un trucco malevolo per insabbiare la candidatura di Pietro Parolín, quello che si sa è che la notizia è circolata, secondo il Vaticano, su siti antiprogressisti negli Stati Uniti e su alcuni in Italia.

Se la presunta malattia di Parolin rimane poco chiara, inevitabilmente sorgerà la sensazione che anche le congregazioni siano entrate in una fase di “avvelenamento dei pozzi”. Brutto segno di ciò che potrebbe accadere in seguito.

L’impressione è che un avvelenatore di pozzi abbia lanciato una fake news per rovinare l’unico candidato cardinale “in pectoris” , che avrebbe avuto un buon numero di voti. Quaranta o cinquanta, a seconda della versione. Una cifra comunque inferiore al quorum di 89 su 133 voti, ma importante come punto di partenza per mercoledì prossimo. Ieri sono arrivati altri cinque cardinali, portando così il numero totale dei cardinali presenti in Vaticano a 129. Ne mancano solo quattro. Due però non verranno a Roma per problemi di salute. Si tratta dello spagnolo Antonio Cañizares e del keniano John Njue.

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