Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

21/02/2014

Il Cairo, la tranquillizzante Sisimanìa

IL CAIRO - Crediamo in Al-Sisi e nel suo esercito dice con un sorriso compassato il quasi settantenne Saleh, che arrotonda una scarsa pensione di ex operaio di un’azienda d’idrocarburi del Governatorato del Cairo con le corse della sua Toyota Corolla da e per l’aeroporto di Heliopolis. Auto privata, lavoro in nero come le migliaia di tassisti abusivi di ieri e di oggi, pratica incancellabile che travalica i poteri di Mubarak, degli islamisti e dei militari stessi. Arte dell’arrangiarsi e dannazione. Del resto un litro di benzina, pur a 90 ottani, costa sempre una cifra abbordabile (due lire locali, circa venti centesimi di euro) e i taxi driver senza licenza abbondano. Le proteste di chi il permesso ce l’ha non impediscono il business. “Lo faccio anch’io - confessa - non mi sento di rubare niente a nessuno, siamo tutti nella stessa situazione. Speriamo di cambiare e soprattutto speriamo che tornino turisti e business”. In che modo ovviamente non lo sa, come sembra non saperlo neppure il ministro del settore, Hisham Zaazou, che per il 2014 lanciava l’ottimistica previsione d’un incremento fino a 13 milioni di visitatori. Nel 2012 erano stati 10 milioni e mezzo e il crollo risultava palese. I dati dell’anno appena concluso rivelano una discesa a 8,7 milioni di presenze per una crisi nerissima che non aveva toccato punte tanto basse dall’esplosione dei moti della Primavera.
 
Ora le deflagrazioni sono d’altro genere, rivolte ai turisti, come nel caso delle bombe sul bus di Taba, che ripropongono incubi vissuti da quei luoghi dieci anni or sono e dall’economia dello svago posta sotto l’attacco jihadista a metà anni Novanta. Se la storia dovesse ripetersi tutta la filiera del vacanzificio, seconda entrata nazionale, subirà ulteriori ribassi. Per la bile di Saleh e delle decine di migliaia di taxi driver abusivi e non solo di costoro. E’ sufficiente sostare davanti al luogo simbolo d’una visita al Cairo: il Museo Egizio, prospiciente piazza Tahrir, per constatare il vuoto del cortile. Fuori dalla cancellata stazionano autoblindo dell’esercito a ribadire un controllo  del territorio rivolto più agli attivisti del Rabaa che ai qaedisti. Per tanti cairoti entrambi sono sinonimo di terrorismo, questo scandiscono le odierne scritte sui muri e ripete molta gente per strada. Uno che la pensa così l’incontriamo in questo cortile: Sabry che di mestiere fa la guida. Dopo alcune ore di frequentazione dirà: “La politica dei Fratelli ci ha danneggiato. Erano incompetenti, non sapevano cos’è l’amministrazione d’uno Stato, non ci s’improvvisa politici ed economisti”. Sabry interpreta il ruolo di guida turista con estrema passione, è il lavoro che s’assottiglia, non il suo amore per l’egittologìa. Assieme ai colleghi attende che qualche visitatore giunga davanti ai tornelli d’ingresso.
 
Diversamente da quest’ultimi, che si lanciano sugli sparuti turisti in circolazione (una coppia francese, tre australiani, una famiglia coreana, più decine di scolari delle primarie che però vanno con le insegnanti), lui si distingue. E’ sinuoso, avvolgente, dialogante, cerca di coinvolgere, convincere, blandire. Alla fine la spunta, con gli australiani. Consente di seguirlo per commentare, accanto all’illustrazione delle dinastie egizie, le dolenti note della quotidianità. E rivela il perché, cambiando marcia con un “Amico mi fa piacere riparlare la tua lingua. Sono stato un anno intero in silenzio, di italiani nemmeno l’ombra. Turisti poi neanche a pagarli con tutto l’oro di Tutankhamon”. Rispolvera un italiano non impeccabile ma efficace, imparato negli anni rosei del mestiere coi nostri tour operator. Quarantaquattro anni, moglie e due figli da mantenere, casa di proprietà a Giza, non lontano dalle Piramidi più famose (Cheope, Kefrun) e dallo sguardo millenario della Sfinge. “Quando ho cominciato a poco più di vent’anni, dopo la laurea, andava bene, benissimo. I turisti erano un’infinità, le aziende pagavano, è lì che ho avviato il mestiere. Dopo il periodo nero di Luxor (gli attentati del 1997, che volevano colpire Mubarak facendo crollare le entrate turistiche, ndr) il settore si era brillantemente ripreso e aveva resistito anche a nuovi episodi destabilizzanti”.
 

Nessun commento:

Posta un commento