23/02/2014
Renzi andrà di fretta, e dura poco
E' finito il tempo delle "lune di miele"... Al terzo governo in due anni e quattro mesi, al terzo premier senza legittimazione elettorale, non c'è più margine per "attendere i risultati". Devono esser immediati.
Parliamo delle attese dei cosiddetti "poteri forti" - capitale multinazionale, in primo luogo finanziario, Unione Europea e Troika, in fondo alla classifica anche Confindustria - visto che le classi sfruttate (o come volete chiamare il 90% della popolazione italiana) non possono davvero attendere nulla di "positivo".
Però, anche comprendendo la fretta di questi poteri, ci sembra di poter dire che la "luna di miele" di cui potrà godere Renzi prima di essere bersagliato dalle critiche è già finita. Non si era mai visto un premier così "allertato" prima ancora di giurare nelle mani del presidente della Repubblica.
Mettiamo in fila alcuni titoli di ieri, 22 febbraio (il giuramento è avvenuto in tarda mattinata, al Quirinale):
"Esuberante debolezza" (Antonio Polito, Corriere della Sera)
"Il dilemma della leggerezza" (Mario Calabresi, La Stampa)
"Da De Gasperi a Beautiful, la speranza di essere clamorosamente smentiti" (editoriale non firmato, ossia del direttore Napoletano, IlSole24Ore)
Non male, vero? I tre giornali principali della grande borghesia italiana - tralasciamo Repubblica, il cui proprietario sembra aver operato la scelta di portare questo giovane paninaro a Palazzo Chigi - sono "scettici", per usare un eufemismo, sulla possibilità che Matteo Renzi possa realizzare quel che loro pretendono.
Le ragioni di essere diffidenti, anche dal loro punto di vista, non mancano. Sono opposte alle nostre, ma hanno un loro fondamento. A cominciare dalle modalità "antiche" con cui il massoncello di Rignano è arrivato sulla poltrona di premier: la più classica delle congiure di palazzo (all'interno del Pd, oggi, come un tempo avveniva nella Dc).
Si pone cioè un problema di "consenso", o legittimazione popolare, che nemmeno l'oscena sceneggiata delle "primarie" può surrogare in modo credibile. I sondaggi, notoriamente, risentono soprattutto del grado di esposizione mediatica; e qui Renzi ha da mesi fatto il pieno a scapito di tutti gli altri. Ma l'esposizione mediatica è un'arma a doppio taglio: se ne può morire con altrettanta rapidità, se le cose cominciano ad andare storte.
E Renzi ha dimostrato da subito di non essere - diciamo così - un genio. La formazione della sua "squadra di governo" è un piccolo capolavoro di "accrocco" senza capo né coda. Tre ministri "vecchi" per accontentare gli indispensabili "alfaniani" (lo stesso Alfano e gli impresentabili Lupi e Lorenzin), accettando perciò un "danno di immagine" subito pesante. Un ministro di Forza Italia (la perennemente "giovane imprenditrice" Federica Guidi), con una sfilza di "conflitti di interesse" che metà bastano. Un "civatiano" alla giustizia al posto del suo candidato, il giudice Gratteri (depennato da Napoitano, ormai terrorizzato dai giudici antimafia). Il presidente della Lega Coop al "lavoro", per realizzare il "jobs act", ovvero una contrattualizzazione "modello coop" che ci riporterà ai tempi delle mondine e dei caporali...
E poi una sfilza di sconosciuti/e che ieri nei corridoi del Quirinale sorridevano come vincitori della lotteria, mediamente divisi tra persone con competenze certe (un altro rettore, donna, al ministero della pubblica istruzione, per esempio) e altre che sembrano essere state selezionate dal casting Mediaset (Maria Elena Boschi e Marianna Madia, sul cui "merito" si può leggere qui) per dare "un'immagine giovane" a una macchinetta mal in arnese.
Il giudizio negativo del grande capitale italiano è momentaneamente sospeso solo perché al ministero dell'economia è stato chiamato Pier Carlo Padoan, l'uomo che spinse l'Agentina nel baratro, capo economista dell'Ocse, ex membro autorevole del Fondo Monetario Internazionale (nonché membro della Fondazione Italianieuropei di D'Alema e Giuliano Amato). Uno che aveva appena scritto, nel rapporto Going for Growth, quel che l'Italia avrebbe dovuto fare in tema di "riforme strutturali". Una garanzia di eterodirezione del ministero di via XX Settembre, nel senso voluto dalla Bce e dall'Unione Europea (quindi "dai mercati"); non diverso da Fabrizio Saccomanni, dallo stesso Mario Monti o altri estratti dalla stessa sacca.
Lo schema renziano sembra al dunque ridotto a ben poca cosa: Padoan fa la politica economica (l'unica cosa che interessa alla Troika) e io intrattengo il pubblico con la mia faccetta da Fonzie, qualche cazzata giovanilistica, facendomi aiutare dalle "segreterine" di cui mi sono circondato apposta. Per tenere insieme una maggioranza decisamente composita e senza alcun legame, mi affido al vecchio Cencelli democristiano, per cui un ministro non si nega a nessuno, fin quando mi fa stare in sella.
Questo è "il nuovo". "Beautiful" in salsa democristiana, come in una pessima fiction da tv locali. Tutto qui, maledettamente soltanto questo.
Naturalmente Padoan e gli altri tecnocrati degli organismi internazionali sperano di avere il tempo sufficiente a rottamare la Costituzione materiale e formale italiana, come programmato da tempo. Ma anche a loro deve essere venuto in mente, all'improvviso, un dubbio: e se questo "ganzo" non fosse stata la scelta giusta? Beh, sapremo presto la risposta. A maggio le elezioni europee serviranno soltanto a misurare il livello di "gradimento" che Renzi avrà presso il grande pubblico. Poi, per sei mesi, non accadrà nulla di irreparabile perché inizia il "semestre europeo" (l'Italia è di turno per assumere la presidenza dell'Unione). Poi, da gennaio 2015, tutto torna in ballo. Basterà vedere quale "nuovo personaggio" verrà proiettato al centro della scena mediatica...
E' la maledizione di una classe politica inesistente: girare in tondo, da un brocco all'altro. La nostra maledizione è che questo avviene mentre dai cieli della Troika piovono ordini che ci cambiano le prospettive di vita. Per questo,anche, va preparata una svolta nel conflitto sociale e politico di questo paese. A cominciare dal 12 aprile.
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