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21/02/2014

Tutto teatro

“E’ tutto teatro! E’ tutto teatro!” Questa frase martella nelle orecchie e nel cervello tutti coloro che hanno fatto i conti con taluni aspetti della realtà. Nei paesi del Meridione, quando si prova a fare un po’ di inchiesta su malaffare o delitti e fai domande in giro, o rischi la pelle oppure ti senti rispondere con un cinismo che nasconde paura e istinto di sopravvivenza: “E’ tutto teatro!”. Questo è quanto ti rispondono facendo intendere che ciò che viene raccontato sui giornali e la televisione è solo una esagerazione, è una negazione della realtà o la sua classificazione come fatto falso, strumentale o strumentalizzato, drammatizzato oltre il dovuto e disperante oltre il necessario. “E’ tutto teatro”, appunto.

Bene. Dobbiamo riconoscere che dentro questa dimensione “teatrale" in cui l’apparente oggettivo nasconde e mistifica continuamente il dato essenziale, vorrebbero immergerci fino al collo per farci confondere continuamente realtà e recitazione.

Chiamano "riforme" dei provvedimenti che invece restaurano misure con logiche autoritarie e classiste del passato. Vogliono far credere che le riforme più importanti in assoluto siano quella del sistema elettorale, l’abolizione del Senato e delle Province (?), mentre basta chiedere in giro per verificare che la gente è preoccupata piuttosto dalla disoccupazione, dall’immiserimento, dagli sfratti etc.

Chiamano riforme dei provvedimenti che sembrano una fotocopia della Legge Acerbo (che spianò la strada al fascismo) e del Patto di Palazzo Vidoni (che fu il nerbo del fascismo basato sul patto corporativo tra organizzazioni degli imprenditori e dei lavoratori).

Il teatro della politica è dunque ricondotto ad una funzione di arma di distrazione di massa per rendere “oggettivo” l’esistente (vedi l’adesione all’Unione Europea e all’euro) e impossibile, anzi impensabile, il suo cambiamento.

Dobbiamo ammettere che il faccia a faccia tra Grillo e Renzi è stato un momento topico di questo teatrino. Ed è evidente che tra un attore dilettante (Renzi) e un attore professionista (Grillo) non poteva che imporsi il secondo, soprattutto perché l’ansia da prestazione era più un problema di Renzi che di Grillo. Abituato a recitare in commedia con politici di professione ed a farsene facilmente beffe, Renzi è andato in pappa nel confronto con chi quella funzione la svolge come lavoro per vivere.

Riesce però difficile appassionarsi a questo tipo di contesa. Grillo ha solo dimostrato che Renzi non è quel bulldozer mediatico che vogliono far credere. Basta stringerlo nell’angolo e non accettarne i giochetti. Il problema è che a quello (Renzi) hanno affidato un governo da fine corsa. E’ un crinale pericoloso sia perché la tentazione di Sansone sarà fortissima appena incontrerà delle vere difficoltà, sia perché un giovane politico ambizioso e arrogante messo alle strette ha sempre la tentazione di esagerare. Dentro una crisi serissima come quella in cui siamo immersi, non è affatto un buon viatico. Nel faccia a faccia tra Renzi e Grillo non c’è stato pareggio né sconfitta, non c’è stata partita. C'era solo pubblico in streaming. Nei balbettii di Renzi e nelle parole di Grillo mancavano completamente le esigenze reali, mancavano “le domande del popolo”. E’ stato “tutto teatro”. Strappare il sipario e svelare la realtà deve diventare la nostra urgenza.

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