Una votazione online con 43.368 iscritti certificati, ha visto 29.883 di essi votare per ratificare la delibera di espulsione di 4 parlamentari del M5S mentre 13.485 hanno votato contro. Tre degli espulsi (Bocchino, Orellana e Battista) hanno annunciato le dimissioni da senatore ma facendo trapelare che una decina di loro colleghi sono pronti a seguire la loro strada e dimettersi. Voci di corridoio – e di palazzo – accreditano anche l'ipotesi della costituzione di un nuovo gruppo parlamentare al Senato. Ma anche alla Camera il M5S si spacca dopo che sei deputati hanno annunciato l'uscita dal gruppo.
Nel pomeriggio di ieri si era tenuta la riunione dei senatori convocata per discutere dell'espulsione dei 4 "dissidenti", colpevoli di criticare continuamente la linea indicata – e imposta – da Grillo, e in questa sede una decina di senatori hanno deciso di andarsene. Al momento sarebbero in tutto in 9 pronti a lasciare il M5S al Senato qualora le dimissioni vengano accettate dall'Aula. I dimissionari sono il senatore Luis Alberto Orellana e poi Bocchino, Battista, Campanella, Monica Casaletto. Tra gli altri dimissionari Maurizio Romani, Maria Mussini, Alessandra Bencini e Cristina Di Pietro.
Indubbiamente c'è una fortissima e doppia pressione sul M5S: quella esterna con la guerra dichiarata apertamente da Renzi e dall'establishment e quella interna con la pesantezza del decisionismo di Grillo e Casaleggio, una pressione che non poteva che produrre lacerazioni e divisioni in un movimento che si è trovato tra le mani un patrimonio di aspettative superiore a quello che appare in grado di gestire.
Il dato però che colpisce è quello per cui nonostante eventi che avrebbero messo a dura prova i consensi di qualsiasi partito, alcuni sondaggi danno in crescita il M5S. Gli ultimi sondaggi elettorali curati da Piepoli vedono il M5S stimato molto basso rispetto alla media, al 18,5%. Completamente diverso il risultato nei sondaggi realizzati da Tecnè per TgCom24. In questo caso è impressionante anche il divario sul M5S, che viene stimato invece al 23,4%. Questi dati, come spesso accade nel panorama dei sondaggi in Italia, lasciano alquanto sconcertati: le differenze sono abissali e quindi qualcuno sta prendendo una toppa.
Sembra dunque che “la democrazia interna” non sia più un tema che abbia mantenuto appeal o venga ritenuto fattore dirimente nel consenso o meno alle formazioni politiche presenti in Parlamento. In questi tempi di "ferro e fuoco" in cui la democrazia e la rappresentanza democratica sono stati triturati e rimossi dai diktat della “governance”, diventa difficile sorprendersi di tale scenario. E' un segno buono o cattivo? Le anime belle che cadono dal pero hanno materia su cui riflettere e non possono certo cavarsela lanciando solo strali contro la scarsa democrazia di Grillo e nel M5S.
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