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18/02/2014

Siria - I ribelli congedano idriss sgradito ai sauditi

Cambio al comando dell’Esercito siriano libero (Esl): il consiglio militare ha giudicato “inefficace” la strategia di Salim Idriss, nominato a dicembre del 2012, e domenica scorsa lo ha sostituito con il generale di brigata Abdelilah al-Bashir che ha disertato le Forze armate governative due anni fa.

Una decisione, ha spiegato il colonello Qassem Saadeddine, presa per uscire dalla “paralisi” che da mesi segna i vertici di comando dei ribelli, stretti tra l’offensiva delle truppe fedeli al presidente siriano Bashar al Assad e i gruppi jihadisti che compongono la variegata galassia dell’opposizione e non riconoscono la leadership del Consiglio nazionale siriano (Cns), cappello sotto cui si radunano gli oppositori sostenuti dall’Occidente. Ma dietro il congedo forzato di Idriss ci sarebbero ragioni politiche, secondo Aron Lund, direttore del sito Carnegie Endowment’s Syria in Crisis, legate al fatto che non era gradito all’Arabia Saudita, fornitrice di armi all’opposizione sunnita al regime di Assad, che invece è alleato ed è sostenuto dallo sciita Iran, nemico giurato di Riad.

I sauditi lo scorso luglio hanno messo un loro uomo, Ahmad Assi Jarba, a capo della Coalizione nazionale siriana, che riunisce le forze di opposizione al presidente siriano tra cui diversi membri del Cns, in precedenza dominata dal Qatar, e ha dato vita a fine novembre al Fronte islamico che raggruppa alcune fazioni armate che combattono in Siria. Ne sono rimasti fuori i qaedisti del Fronte al Nusra e Lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria.

La crescente debolezza dell’Esl (considerato il gruppo moderato), che all’inizio della rivolta, a marzo del 2011, era la formazione armata più forte e guidava la battaglia contro Assad, lascia spazio alle fazioni di stampo jihadista o legate ad al Qaeda. Sul campo di battaglia, l’Esl ha subito una battuta d’arresto e ha dovuto spesso scontrarsi con gruppi islamisti radicali, mentre i combattimenti in Siria infuriano e gli uomini di Assad preparano un’offensiva contro Yabrud, l’ultima roccaforte ribelle nella regione strategica di Qalamun, vicino al confine con il Libano e sulla strada che collega Damasco a Homs, città martoriata da un lungo assedio. Negli ultimi giorni sono stati intensificati i bombardamenti governativi con le micidiali bombe barile nell’area, dove combattono anche i miliziani del movimento sciita libanese Hezbollah, alleato di Damasco.

La guerra finora ha fatto oltre 140mila morti e milioni di sfollati e non se ne vede la fine. Il secondo round della conferenza di Ginevra 2 si è appena chiuso senza un accordo e, secondo gli analisti, la battaglia in Siria si farà più dura: sia il governo di Damasco sia i ribelli intensificheranno i combattimenti. L’esercito governativo ieri ha ripreso il controllo di un villaggio alawita (Assad è un alawita) nella provincia di Hama, dove Damasco ha denunciato il massacro degli abitanti all’inizio di febbraio. Notizie di bombardamenti e stragi si susseguono. Ieri ribelli ed esercito sono arrivati a un accordo per una tregua nella cittadina di Babbila, alla periferia della capitale, per consentire soccorsi e rifornimenti alla popolazione stremata. È soltanto una delle tregue concordate dai belligeranti che da oltre un anno combattono intorno a Damasco: la battaglia è in una fase di stallo, con nessuna delle parti che riesce ad avere la meglio. Altre sospensione dei combattimenti sono state concordate per altre cittadine: Qudsaya, Moadamiyet al-Sham, Barzeh, Beit Sahem, Yalda e il campo profughi palestinese di Yarmouk dove diversi abitati sono morti di inedia negli ultimi mesi.

Intanto, prosegue lo scambio di accuse per il fallimento dei negoziati sulla Siria tra la Casa Bianca e il Cremlino. Il segretario Usa John Kerry ha accusato Mosca di avere impedito l’accordo continuando a rifornire di armi Assad che, forte dei successi bellici non è certo interessato a lasciare il potere come chiesto dall’opposizione sostenuta da Washington. Ma per Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, gli Stati Uniti non sono stati in grado di portare a Ginevra una delegazione dell’opposizione siriana realmente rappresentativa dei ribelli.

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