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18/02/2014

Fiom-Cgil. Landini alla resa dei conti

E' noto che nel testo unico – oltre alle autentiche lesioni della Carta Costituzionale individuate da numerosi giuristi, da Azzariti a Rodotà – c'è anche una specifica norma che elimina l'”autonomia contrattuale” delle categorie. Quella consuetudine racchiusa anche nello Statuto della Cgil che aveva “permesso” alla Fiom di interpretare spesso un ruolo conflittuale – vedi la vicenza del “modello Pomigliano” – pur restando "senza se e senza ma” all'interno della Cgil. Ma senza più “autonomia”, anzi sotto la minaccia di sanzioni economiche comminate da un “collegio arbitrale” in cui comunque la Cgil (anche se cambiasse linea e segretario) sarebbe in ultra-minoranza, il futuro della Fiom come categoria in grado di difendere – non sempre – dignitosamente le tute blu, è segnato. L'unica alternativa al “commissariamento” sarebbero le dimissioni dell'intero gruppo dirigente dei metalmeccanici, scegliendo poi o la via della scissione (un tabù, per chi si è formato nel Pci emiliano) o quella dello sfarinamento sotto la repressione – senza virgolette – guidata dalla Camusso.

Per ora, però, Landini & co. provano a costruire un'altra trincea. Chiedono un voto sul “testo unico”, ma – conoscendo la “sbrigatività” delle operazioni elettorali in ambito sindacale (il broglio è una certezza, non un'eventualità) – chiedono che a votare siano i soli iscritti interessati alle limitazioni imposte dall'accordo sulla rappresentanza, ovvero quelli dell'industria. In modo molto preciso: «la consultazione deve essere trasparente, diversamente non accetteremo truffe democratiche e non ci sentiremo vincolati».

Sabato il Comitato Centrale della Fiom, riunito in assemblea a Roma, metterà nero su bianco le richieste minime per considerare valido il voto. In pratica, nelle assemblee ci dovrebbe essere sempre una compresenza di funzionari “favorevoli” e “contrari” al testo unico, per consentire ai votanti di esprimersi avendo chiare le posizioni.

La Camusso invece immagina una consultazione “unitaria” con Cisl e Uil, con assemblee “mono” (in cui si illustrano solo le ragioni dell'accordo, senza contraddittorio) e voto finale “ristretto” – bontà sua – ai soli iscritti alla Cgil. Anche quelli delle categorie non coinvolte dal Testo unico, come i pensionati, che da soli sono la maggioranza degli iscritti: 3 milioni. Come in quella pubblicità “ti piace vincere facile?”, visto che nelle votazioni sindacali è prassi l'”urna itinerante”, ovvero uno o più delegati che fanno il giro dei reparti o degli uffici per raccogliere le schede. Quando non ci sono rappresentanti dei “contrari”, il risultato è scontato. Memorabile, nel congresso del 2010, il voto dei “forestali della Calabria”, in quei giorni sui giornali per numerosi casi – diciamo così – di assenteismo, ma che risultarono votanti al 100% degli aventi diritto. Tutti per il documento Epifani-Camusso, naturalmente...

Mercoledì prossimo il Direttivo Nazionale della confederazione deciderà sulle modalità di voto. L'esito, al momento, non sembra affatto in discussione, vista la maggioranza “bulgara” che la Camusso si era costruita nel congresso precedente (e la fuoriuscita di Maurizio Scarpa, vicepresidente del Direttivo passato all'Usb il primo febbraio, insieme a Franca Peroni). Ma sarà davvero interessante vedere cosa accadrà. In fondo non ci sarà soltanto il gruppo di Giorgio Cremaschi – già “caricato” dal servizio d'ordine interno in quel di Milano, qualche giorno fa – ma anche la “minoranza della maggioranza”, con Landini, Gianni Rinaldini e altri dirigenti storici dell'ex “sindacato rosso”.

Secondo le regole dello statuto Cgil – perlomeno nell'interpretazione data dal “Collegio statutario” interpellato dalla stessa Camusso, tra patetiche “smentite” – se Landini e la Fiom non applicassero quell'accordo, una volta entrato a regime, sarebbe passibile di “sanzioni”, secondo un ventaglio che spazia dal semplice «biasimo scritto» fino alla «espulsione». Difficile che Camusso voglia davvero arrivare a tanto: la scissione, a quel punto, sarebbe inevitabile e aprirebbe uno scenario sindacale del tutto nuovo, stante anche l'attrattività crescente che va assumendo il sindacalismo di base, Usb in testa. Il fantasma sempre evocato di “un altro sindacato” di grandi dimensioni, ma sganciato dalla mentalità “complice” che domina ormai anche a Corso Italia, diventerebbe realtà. Attirando in breve tempo grosse quote di iscritti e delegati – non certo di funzionari stipendiati – della Cgil e non solo.

Quasi un sogno. L'ex craxiana milanese è considerata “cattivissima”, ma priva di qualsiasi tendenza suicida.

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