È ottimista François Hollande: “L’Africa ha un
grande futuro. È il continente del futuro” ha detto il Presidente
francese al vertice sulla sicurezza di oggi tenutosi ad Abuja e voluto
dal presidente nigeriano Goodluck Jonathan in margine alle celebrazioni
per il centenario dell’unificazione tra il nord e il sud e della Nigeria
del 1914.
Ma mentre Hollande, unico leader occidentale invitato e ospite
d’onore dei festeggiamenti – in visita con al seguito ben 25
amministratori delegati di altrettante aziende francesi con l’obiettivo
di incrementare il commercio bilaterale con il Paese a più alta densità
demografica e in forte crescita economica dell’Africa – sciorina
promesse di sostegno nella lotta al terrorismo in nome della democrazia –
“la vostra lotta è la nostra lotta” – il nord-est della Nigeria continua a morire per mano del gruppo islamista Boko Haram.
Miliziani armati ieri hanno assaltato la città di Michika e
il vicino villaggio di Shuwa, nello stato dell’Adamawa, accanendosi
contro i civili – di cui si contano al momento 37 vittime – e
contro banche, case e negozi, saccheggiati o dati alle fiamme. Lo hanno
raccontato ai corrispondenti della BBC alcuni testimoni sopravvissuti e
lo conferma il portavoce dell’esercito senza fornire tuttavia ulteriori
dettagli.
Appena due giorni fa, nella notte tra lunedì e martedì, circa
59 alunni di una scuola secondaria, tutti maschi e di età compresa tra i
14 e i 20 anni, sono stati uccisi mentre alcune ragazze sono state
rapite ed altre lasciate libere di scappare dietro l’ammonimento di
sposarsi e abbandonare gli studi.
Sono morti bruciati vivi, sgozzati a colpi di machete o per le ferite
riportate nel tentativo di fuggire alla furia omicida dei circa 50
uomini armati. L’inferno è scoppiato intorno alle due del mattino di
martedì scorso quando i miliziani di Boko Haram hanno fatto irruzione
nei dormitori del Federal Government College di Buni Yadi, nello Stato
dello Yobe, chiudendo a chiave quello maschile e dandolo alle fiamme che
hanno raso al suolo tutti i 24 edifici dell’istituto.
Un inferno continuato nelle ore successive per i parenti degli
scolari uccisi, accalcatisi nella camera mortuaria del Sani Abacha
Specialist Hospital di Damaturu, capitale dello Yobe, a circa 70 km da
Buni Yadi.
Yobe è, con quello del Boro e dell’Adamawa, uno degli stati
dichiarati in stato di emergenza nel maggio dello scorso anno, quando
cioè il presidente Goodluck Jonathan ha lanciato una massiccia
operazione contro Boko Haram.
Stato di emergenza considerato inefficace dai leader politici del
nord-est e messo nuovamente in discussione proprio nei giorni scorsi a
seguito dell’attacco contro la scuola secondaria di Buni Yadi. I
residenti sono infatti furiosi e reclamano chiarezza sul perché i
militari in servizio al vicino checkpoint abbiano misteriosamente
abbandonato la postazione poche ore prima dell’attacco. Critiche a cui
si aggiungono quelle per il lento arrivo sul posto dell’esercito, non
prima della tarda mattinata.
Questo insieme ai numerosi altri attacchi degli ultimi mesi – di cui
le scuole statali sono spesso bersaglio perché considerate il canale di
trasmissione per eccellenza dei valori occidentali – sono visti,
soprattutto dalle comunità del nord-est del Paese, come ulteriori esempi
del fallimento del governo e dell’esercito nel proteggere i civili. Attacchi e critiche che contribuiscono sempre più ad alimentare e diffondere una già notevole rabbia in tutta l’intera Nigeria.
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