Un’altra fumata nera si è levata dal tavolo del negoziato per la
formazione del nuovo governo libanese. Dopo undici ore di colloqui, il
veto di Hezbollah sul nome di Ashraf Rifi, ex capo della polizia
libanese (Internal Security Forces-ISF), al ministero dell’Interno ha
costretto il presidente Tammam Salam a rinviare i colloqui a data da
destinarsi.
Quella che doveva essere la giornata decisiva, che cade nel nono
anniversario dell’omicidio dell’ex premier Rafiq Hariri, padre del
Movimento Futuro che guida la coalizione 14 Marzo, è diventata
l’ennesima tappa di una trattativa che dura ormai da dieci mesi e che
nelle ultime settimane è stata serratissima. Nonostante gli annunci e
gli apparenti progressi delle contrattazioni, quello dei nomi non è
altro che l’ultimo, insidiosissimo terreno, intorno al quale 8 e
14 Marzo stanno combattendo le due battaglie campali in caso di
vittoria delle quali si vedrebbero garantiti il controllo indiscusso del
Paese nel breve e nel lungo termine.
La prima battaglia è quella dell’energia, bottino particolarmente succulento per un
paese che poco più di tre anni fa si è ritrovato a scoprire nelle sue
acque territoriali un giacimento di gas naturale stimato intorno ai 30
trilioni di piedi cubici. Da allora, il controllo del
discastero è stato sempre in mano a Gibran Bassil del Movimento
Patriottico Libero (8 Marzo), il quale non ha assolutamente intenzione
di farselo strappare di mano proprio adesso che il processo di
assegnazione delle licenze sulle estrazioni offshore sta per portarsi a
compimento e quello per le esplorazioni geologiche sulle eventuali (e
altamente probabili) riserve onshore è stato appena avviato.
Parallelamente, a fronte delle grandi quantità di gas che il Libano
si troverà a gestire e rispetto alle quali non possiede manodopera
qualificata, lo stesso ministero sta promuovendo una serie di assunzioni
e corsi di formazione che in un’annata elettorale come quella in corso
rappresentano un potenziale bacino di voti di cui tener conto.
Infine, poiché tali riserve confinano a sud con quelle di Israele
(che dal canto suo ha già accumulato un netto vantaggio sui processi
estrattivi), rispetto al quale è aperto un contenzioso sui confini
marittimi, il controllo sul gas rientra a pieno titolo tra gli
interessi strategici prioritari anche del principale alleato di
coalizione Hezbollah.
Alla luce di quanto detto, appare dunque chiaro perché nelle scorse
settimane il Movimento Patrittico Libero si sia così fermamente opposto
alla rotazione degli incarichi ministeriali proposta da Salam. In ogni
caso, stando alle indiscrezioni trapelate stamane da Baabda, tale nodo
sarebbe stato sciolto assegnando il ministero non a Bassil, ma
all’alleato Arthur Nazairan, parlamentare del Tashnag, il più importante
partito armeno, sempre in quota 8 Marzo.
Resta dunque aperto il secondo grande fronte, ovvero quello
della sicurezza, in questa fase particolarmente delicato, che si gioca
intorno alla potenziale nomina di Ashraf Rifi al Ministero degli
Interni. Ex-capo dei Servizi di Sicurezza Interna vicinissimo
ad Hariri e all’Arabia Saudita, Ashraf Rifi era già entrato a gamba tesa
nella vita governativa libanese quasi un anno fa, quando la richiesta
del rinnovo del suo mandato nonostante avesse raggiunto l’età
pensionabile, aveva provocato le dimissioni del Primo Ministro Miqati
aprendo così la lunghissima fase di crisi che proprio oggi con un
accordo intorno alla sua candidatura potrebbe paradossalmente chiudersi.
Ma, allora come oggi, l’opposizione di Hezbollah ha lasciato il Libano senza un governo. La
prossimità di Rifi col regime wahhabita infatti rappresenterebbe in
caso di nomina un serio ostacolo alla libertà d’azione e movimento delle
milizie del Partito di Dio soprattutto attraverso il confine
siriano, tanto più alla luce della lunghissima serie di dichiarazioni da
rilasciate da Rifi stesso sulla necessità di rafforzare i controlli
proprio lungo le aree di confine alludendo più volte alla Resistenza
Islamica. D’altronde l’ostilità di Rifi nei confronti del Partito di Dio
non è mai stata un mistero, così come non è un mistero il suo sostegno
più o meno tacito nei confronti dei gruppi armati anti-Assad in
particolare a Tripoli, sua città d’origine. Non resta che aspettare.
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