I media cominciano già a chiamarla “Guerra Fredda araba”. E data
l’aria tesissima che tira in questi giorni nel Golfo, forse non hanno
tutti i torti. Il nuovo fronte del conflitto diplomatico all’interno del
Consiglio di Cooperazione del Golfo lo ha aperto l’Arabia Saudita,
quando ha chiesto al Qatar di chiudere il network al-Jazeera: il canale,
secondo Riyadh, alimenta le “sedizioni”. Non solo: a Doha è
stato intimato anche di chiudere il Brookings Doha Centre e l’Arab
Centre for Research and Policy Studies, due famosi Think Tank presenti
nella penisola.
A rivelarlo, sono stati ieri alcuni media del Golfo, in primis Gulf
News, che citano una fonte anonima vicina a uno dei rappresentanti
presenti all’ultimo meeting del CCG. Il fatto si sarebbe verificato
durante la famosa seduta del 5 marzo scorso, quella in cui Arabia
Saudita, Emirati e Bahrein hanno annunciato il ritiro dei propri
ambasciatori dal Qatar in risposta al rifiuto di Doha di implementare un
accordo comune siglato tre mesi fa, volto a schiacciare il sostegno ai
gruppi vicini ai Fratelli Musulmani, cui Doha è sempre stata
dichiaratamente vicina.
Il principe Faysal al-Saud, ministro degli Esteri saudita, avrebbe chiesto tre cose a Doha: chiudere
al-Jazeera, chiudere i due Think Tank e arrestare tutti i “fuorilegge”
proprio come stanno facendo gli altri membri del CCG. Qualche
giorno fa l’Arabia Saudita e il Kuwait hanno infatti arrestato due
membri della Fratellanza, tra cui un ex-parlamentare egiziano, dopo il
mandato di cattura internazionale diffuso dalla giunta militare del
Cairo, che ha ripreso il potere nel luglio scorso con un golpe ai danni
dell’ex-presidente Mohamed Morsi, l’unico nella storia d’Egitto a essere
stato eletto democraticamente.
La risposta di Doha è stata ferma: “Le richieste saudite – avrebbe
detto il ministro degli Esteri qatariota secondo la fonte –
costituiscono un’interferenza negli affari interni”. Banditi
dalla quasi totalità degli Stati del Golfo, con Riyadh che si è subito
allineata al Cairo nel dichiarare il gruppo fondato da Hassan al-Banna
“organizzazione terroristica”, i Fratelli Musulmani sono sempre stati
ben accetti a Doha: il suo supporto, sia economico che politico
si è palesato già subito dopo la rivoluzione che ha deposto
l’ex-presidente Hosni Mubarak nel gennaio del 2011, mentre ora, come
accusano Riyadh, Dubai e Manama, il Qatar darebbe rifugio a molti dei
suoi membri, oltre ad aver concesso ad alcuni di loro la cittadinanza
qatariota.
Quanto ad al-Jazeera, il network pan-arabo più famoso al
mondo, è accusato di influenzare le masse e di fornire una copertura “di
parte” in favore dei Fratelli Musulmani: con il golpe dello
scorso luglio e i sanguinosi scontri che ne sono seguiti tra esercito e
sostenitori della Fratellanza, la violenza della piazza si è estesa
anche ai giornalisti di al-Jazeera. E’ già da alcuni mesi che va avanti
la “caccia al giornalista”, con il picco massimo registrato durante il
terzo anniversario della rivoluzione in cui alcuni reporter stranieri
sono stati scambiati per dipendenti dell’emittente qatariota e picchiati
selvaggiamente in pubblico. E i reporter di al-Jazeera, quelli veri,
sono in carcere al Cairo, sotto processo per aver “sostenuto i Fratelli
Musulmani terroristi”.
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