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02/04/2014

La Cina e l’Africa: rapporti paritari... ma neanche tanto


Anni fa in Senegal lungo una strada vidi un cantiere dove sventolava la bandiera cinese. “Sai chi ci lavora qui?” mi disse un collega senegalese “I detenuti. Li portano qui dalla Cina”. La cosa mi incuriosì ma ebbi l’impressione che si trattasse di una panzana.

Poi ho letto diversi articoli come questo: “[La Cina] sta trasferendo centinaia di migliaia di propri connazionali in Africa (secondo alcune fonti sarebbero addirittura milioni). Si tratta di cinesi in stato di detenzione, deportati con lo scopo di realizzare ponti, strade, ferrovie ed altre infrastrutture”. Vero o no, rimane il fatto che ormai da anni le bandiere cinesi si vedono dappertutto in Africa: la Cina ha rapporti commerciali con 50 Paesi su 54 ed è diventata il partner più importante di molti di loro.

La cosa non è sorprendente, per almeno quattro motivi: il primo sono le dimensioni finanziarie della presenza cinese. Stiamo parlando di circa 20 miliardi di dollari l’anno, soprattutto nei settori chiave dell’energia, delle infrastrutture e dei trasporti. Ben altro livello rispetto all’impegno di Paesi come l’Italia, che alle relazioni con il continente nero dedicano quattro spiccioli senza capire quali opportunità si perdono anche in termini occupazionali (operatori sanitari, tecnici, ingegneri...).

Il secondo motivo è che i Paesi africani vedono la Cina - a differenza delle vecchie potenze coloniali - come un Paese in via di sviluppo, e considerano la cooperazione con i cinesi uno scambio paritario e solidale (“cooperazione Sud-Sud”).

In terzo luogo i cinesi non sono mai intervenuti militarmente in Africa... almeno finora: proprio in questi giorni sono arrivati sul suolo africano i suoi primi soldati, circa 200, che parteciperanno alla missione ONU in Mali.

Last but not least in cambio della propria collaborazione la Cina non ha mai cercato di influenzare la politica interna dei Paesi partner. Per capire quanto sia importante questo aspetto, date un’occhiata all’altro articolo di questa pagina.

Sui media “occidentali” si trovano frasi patetiche come questa: “I cinesi, che non hanno mai avuto rispetto per i diritti umani, sostengono anche i peggiori regimi dittatoriali”. Forse qualcuno si è dimenticato che USA, Europa e Israele hanno appoggiato presunti cannibali come Bokassa o Idi Amin e il regime dell’apartheid...

Però non è tutto oro quello che luccica. In molti casi gli investimenti sono del tutto inutili, come la costruzione del teatro dell’opera a Dakar o quella di intere città in Angola che per ora restano deserte. Qualcuno dice che non sono destinate alla popolazione locale ma ad una futura eccedenza di popolazione cinese.

La patina “equa e solidale“ copre spesso una vera e propria colonizzazione del continente, come ad esempio nel caso dell’acquisto di terre, il cosiddetto fenomeno del land grabbing, nel quale la Cina è implicata insieme ad altri Paesi emergenti come le petromonarchie del Golfo, la Corea del Sud o l’India. I terreni acquistati, con le loro fonti d’acqua, vengono sottratti alla disponibilità dei Paesi dove si trovano e utilizzati per la produzione di alimenti destinati unicamente all’esportazione, o addirittura alla produzione di bio-carburanti: nel 2010 la Cina ha firmato un contratto con la Repubblica Democratica del Congo per la coltivazione di 2,8 milioni di ettari da adibire a palma da olio.

Nei mesi scorsi si è parlato anche di colonizzazione mediatica a seguito dell’acquisto da parte di cinesi del 20% della maggior catena editoriale sudafricana.

Un altro risvolto negativo è che i prodotti cinesi sono così poco costosi che in molti casi neanche quelli africani riescono a competere con loro. Ad esempio nel settore tessile: con la liberalizzazione delle importazioni, centinaia di migliaia di posti di lavoro africani sono spariti.

Infine, la Cina sembra aver esportato in Africa il suo modello basato sul più brutale sfruttamento dei lavoratori: come nello Zambia dove anni fa 51 lavoratori sono morti per un incidente avvenuto in una miniera gestita da un’impresa cinese. Ora nella zona i tecnici cinesi vivono circondati dall’ostilità generale.

In futuro continuerà la luna di miele tra Cina e Africa o le cose sono destinate a cambiare? Quel che è certo è che oggi gli africani credono veramente che le relazioni con la Cina potranno permettere la rinascita del loro continente.

Nello Gradirà

tratto da Senza Soste n.90 (gennaio-febbraio 2014)


Fonte

Vien da pensare che la Cina applichi su larghissima scala e con la massima spregiudicatezza la strategia d'assalto di Mattei che fece la fortuna dell'ENI mezzo secolo fa.

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