Nel pieno della crisi finanziaria l'allora ministro dell'economia
Tremonti dichiarava che il sistema bancario italiano era solido e non
sarebbe stato risucchiato nella spirale globale. Effettivamente allora
il centro del sisma aveva origine nel sistema finanziario privato di
impronta anglosassone. Ma presto si sarebbe riverberato anche in Europa,
coinvolgendo i suoi debiti sovrani, e piano piano un intreccio di crisi
finanziaria e crisi dell'economia reale avrebbe attanagliato anche
paesi apparentemente solidi sotto il profilo finanziario privato. È
esplosa la crisi del debito pubblico, ma sono anche emerse le crescenti
sofferenze bancarie e la necessità di ricapitalizzare diversi istituti
di credito.
In Italia è esploso il caso Monte dei Paschi, sono
stati necessari aiuti pubblici considerevoli per salvare la più vecchia
banca italiana, è stato necessario ristrutturare e ridimensionare
l'occupazione a fronte di scelte sbagliate e di illeciti. Oggi in tale
processo di degenerazione viene coinvolta Carige, la
principale banca ligure. Le cronache parlano di sette arresti, tra cui
quello di chi fino allo scorso anno è stato per dieci anni il suo
presidente, Giuseppe Berneschi. L'accusa è quella di associazione a
delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio. Attraverso il ramo
assicurazioni gli arrestati sottraevano milioni di euro alla banca. Si
compivano acquisti sovrastimati di immobili per poi riciclare le
plusvalenze. Il denaro veniva poi trasferito in Svizzera dove veniva
scudato da società anonime luxemburghesi. L'intento era quello di fare
investimenti in loco, come acquistare alberghi di lusso, per ripulire il
denaro e magari farlo rientrare in Italia. La guardia di finanza ha
bloccato preventivamente 22 milioni ancora investiti nella banca dall'ex
presidente. Ma si sospetta che il giro d'affari sia notevolmente
superiore a tale cifra. Sono stati coinvolti importanti dirigenti della
banca, famigliari, prestanome. Insomma il classico repertorio che questo
genere di scandali impone.
Ma l'aver scoperchiato quello che il principale quotidiano genovese definisce “cupola della finanza ligure”
non deve essere derubricato a semplice caso locale. Intanto perché
ancora a metà marzo nella classifica per affidabilità delle banche
italiane stilata da Bancheitalia, Carige risultava essere addirittura
sesta. Ma non può essere derubricata a caso circoscritto o isolato per
la più complessiva morfologia della sua crisi. Gli scandali giudiziari,
infatti, coincidono con una crisi della banca stessa. Mps ha dovuto
essere salvata dallo Stato per un valore di quasi 4 miliardi di euro e
contemporaneamente si indaga sull'acquisto sovradimensionato di
Antoveneta, sul gruppo di esperti di finanza che attraverso
triangolazioni con l'estero incassava illecitamente il 5% in ogni
operazione e, infine, sulle irregolarità fiscali. In Carige non solo ci
sono illeciti ma anche, come ha denunciato uno studio della banca
svizzera Ubi, una quantità di crediti deteriorati che corrispondono
quasi all'intero suo patrimonio. Fanno peggio solo Banco popolare e Bpm.
Ma le similitudini non finiscono qui. L'ex presidente di Mps Giuseppe
Mussari è stato indagato sugli scandali senesi, ed era il presidente
dell'Abi, Associazione bancaria italiana, mentre Berneschi era l'attuale
vicepresidente dell'associazione di rappresentanza delle banche. I
vertici, dunque, sono coinvolti in scandali di natura finanziaria
insieme a una gestione rovinosa dal punto di vista imprenditoriale. In
terra emiliana gli scandali riguardano, invece, il gruppo Unipol, con il presidente del gruppo post-fusione che avrebbe alterato i valori di uno dei contraenti nel matrimonio con Sai.
Insomma in questa campagna elettorale in cui si contrappongono
rabbia e speranza, difficilmente si può pensare che rinasca la seconda
senza una buona dose della prima. Risulta incomprensibile come
si possa metabolizzare un sistema bancario che vive una sorta di
condizione di extraterritorialità, di salvacondotto quasi permanente.
Considerato troppo importante per fallire, aiutato dalla Bce,
compromesso con buona parte del sistema politico e imprenditoriale,
avaro con cittadini e lavoratori precari, e ogni tanto si scopre che
delinque. Troppo per non far perdere la pazienza.
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