Un libro di qualche anno fa di Alessandro Dal Lago su Saviano, "Eroe di carta”, lo definiva come un dispositivo: "il dispositivo Saviano".
A partire da una descrizione morale di un gruppo sociale o di una popolazione oppure, come in questo caso, di un movimento e di gruppi della sinistra radicale, il dispositivo Saviano è capace di produrre narrazioni che si reggano su degli incubi, atavici per lo più. Incubi da cui guarire. Come? Attraverso un processo dicotomico: una lotta fra bene e male, inferno e paradiso, ossia fra realtà da sanare come problema antropologico (vuoi i napoletani, meridionali, vuoi i centri sociali e la sinistra estrema). Quindi la realtà romanzata di Saviano diviene atto di fede, giornalismo come testimonianza esclusiva e autorevole (un po' come un suo predecessore, Giorgio Bocca che additava i napoletani di essere un popolo inguaribile... ma da cosa, poi, chissà...).
Aggiungo con Gramsci, ops, scusa Saviano, forse Gramsci è troppo vecchio, archeologico oppure troppo estremista? Comunque, Gramsci notava come funzionasse la formazione dell'opinione pubblica e del senso comune nei confronti dei meridionali e come agissero le forme di auto-inferiorizzazione. Funzione indispensabile è l'“intellettuale meridionale”: ossia quell'intellettuale che formatosi alla scuola crociana funge da “miglior agente del capitalismo industriale italiano”, esercitando “egemonia” proprio tra le “popolazioni” del Mezzogiorno, poiché da “burocrate” amministra il potere locale e da “giornalista” indirizza l’“opinione pubblica”.
Scrive Gramsci: “Il ceto di intellettuali riceve un’aspra avversione per il contadino lavoratore, considerato come macchina da lavoro che deve esser smunta fino all’osso e che può essere sostituita facilmente data la superpopolazione lavoratrice: ricavano anche il sentimento atavico e istintivo della folle paura del contadino e delle sue violenze distruggitrici e quindi un abito di ipocrisia raffinata e una raffinatissima arte di ingannare e addomesticare le masse contadine… Il suo unico scopo è di conservare lo statu quo. Nel suo interno non esiste nessuna luce intellettuale, nessun programma, nessuna spinta a miglioramenti e progressi".
Ecco, mi pare che Saviano rappresenti proprio questo tipo di mentalità e incarni questo modello di intellettuale e, purtroppo, ancor oggi partecipi a pieno titolo alla formazione del processo politico e del discorso pubblico nel Sud Italia.
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