Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

04/10/2014

Lode eterna al compagno Hollande?

La Francia ha rotto con l’austerità. Secondo i parametri del discorso pubblico italiano, parrebbe che Hollande sia ad un passo dalla socializzazione dei mezzi di produzione e dalla proclamazione della seconda Comune di Parigi.

Potrebbe sorgere il dubbio che si stia leggermente esagerando. Leggermente, eh.



Passata l’elezione a presidente, Hollande non è che si sia dimostrato un cuor di leone nell’andare a trattare con la Germania. Anzi. Facendo un passo indietro di qualche mese, possiamo ricordare il governo Letta, insieme agli altri paesi periferici, sotto i continui sproni dei commissari europei a non abbandonare l’austerità. Nonostante il governo Letta non facesse nessuna dichiarazione pubblica a riguardo. Oggi, alcuni di quelli che sono stati rottamati da Renzi girano l’Italia a raccontare che Letta, insieme agli altri PIIGS, stava trattando in camera caritatis per allentare i vincoli d’austerità. E che a rompere il fronte dei paesi in deficit fosse proprio la Francia di Hollande.

Quanto questo corrisponda al vero e quanto sia un’autogiustificazione per aver sostenuto il governo Letta-Berlusconi, è opinabile. Certo è che Hollande le promesse di ricontrattare i vincoli europei le ha tenute in tasca ed è andato a braccetto con la Merkel.

Anzi, quando si è trovato a prendere delle scoppole elettorali, che gli arrivano dal Fronte Nazionale e dalla destra gaullista, s’è spostato ancora più a destra mettendo Valls a capo del governo e sostanzialmente trombando l’ala sinistra del partito socialista.

Ricorda la fine di qualcuno?

Poi, l’annuncio fatidico sull’abbandono dell’austerità.

Ma, esattamente, cos’ha annunciato il ministro delle finanze, Sapin? Ha annunciato che, nonostante i tagli da 50 miliardi della spesa pubblica, il deficit quest’anno resterà al 4,4% del PIL e si prevede di rientrare nei parametri del 3% solo nel 2017. In pratica, i tagli restano, il “rifiuto dell’austerità” evocato da Sapin consiste nel rimandare di due anni il rientro.

Poco o tanto?

Poco, perché la logica fondamentale dei tagli non viene messa in discussione, perché la destinazione della spesa pubblica rimane anti-popolare: 50 miliardi di tagli a ciò che è direttamente servizio pubblico e 8 miliardi e mezzo di finanziamenti diretti alle imprese. Poco per far fronte alla crescita del Front National che è primo partito alle europee, primo partito nei sondaggi e che riesce per la prima volta a eleggere senatori.

Appare tanto dall’Italia, dove anni di martellamento europeista hanno fatto passare l’idea che i parametri europei siano davvero qualcosa con un senso assoluto e non il frutto di una contrattazione, tanto che appare rivoluzionario che si faccia la contrattazione.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento