Potrebbe sorgere il dubbio che si stia leggermente esagerando. Leggermente, eh.
Passata l’elezione a presidente, Hollande non è che si sia dimostrato un cuor di leone nell’andare a trattare con la Germania. Anzi. Facendo un passo indietro di qualche mese, possiamo ricordare il governo Letta, insieme agli altri paesi periferici, sotto i continui sproni dei commissari europei a non abbandonare l’austerità. Nonostante il governo Letta non facesse nessuna dichiarazione pubblica a riguardo. Oggi, alcuni di quelli che sono stati rottamati da Renzi girano l’Italia a raccontare che Letta, insieme agli altri PIIGS, stava trattando in camera caritatis per allentare i vincoli d’austerità. E che a rompere il fronte dei paesi in deficit fosse proprio la Francia di Hollande.
Quanto questo corrisponda al vero e quanto sia un’autogiustificazione per aver sostenuto il governo Letta-Berlusconi, è opinabile. Certo è che Hollande le promesse di ricontrattare i vincoli europei le ha tenute in tasca ed è andato a braccetto con la Merkel.
Anzi, quando si è trovato a prendere delle scoppole elettorali, che gli arrivano dal Fronte Nazionale e dalla destra gaullista, s’è spostato ancora più a destra mettendo Valls a capo del governo e sostanzialmente trombando l’ala sinistra del partito socialista.
Ricorda la fine di qualcuno? |
Poi, l’annuncio fatidico sull’abbandono dell’austerità.
Ma, esattamente, cos’ha annunciato il ministro delle finanze, Sapin? Ha annunciato che, nonostante i tagli da 50 miliardi della spesa pubblica, il deficit quest’anno resterà al 4,4% del PIL e si prevede di rientrare nei parametri del 3% solo nel 2017. In pratica, i tagli restano, il “rifiuto dell’austerità” evocato da Sapin consiste nel rimandare di due anni il rientro.
Poco o tanto?
Poco, perché la logica fondamentale dei tagli non viene messa in discussione, perché la destinazione della spesa pubblica rimane anti-popolare: 50 miliardi di tagli a ciò che è direttamente servizio pubblico e 8 miliardi e mezzo di finanziamenti diretti alle imprese. Poco per far fronte alla crescita del Front National che è primo partito alle europee, primo partito nei sondaggi e che riesce per la prima volta a eleggere senatori.
Appare tanto dall’Italia, dove anni di martellamento europeista hanno fatto passare l’idea che i parametri europei siano davvero qualcosa con un senso assoluto e non il frutto di una contrattazione, tanto che appare rivoluzionario che si faccia la contrattazione.
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