Si complica e si aggrava ulteriormente la situazione in Turchia. Ai sanguinosi attacchi della guerriglia curda contro la polizia e l’esercito di Ankara, il regime risponde intensificando da una parte le operazioni militari nel Nord dell’Iraq, dall’altra fomentando veri e propri pogrom di massa contro i militanti del Partito Democratico dei Popoli ma anche contro semplici appartenenti alla numerosa comunità curda, fomentando il radicato razzismo di vasti settori della popolazione turca.
L’altro ieri le forze speciali turche sono penetrate via terra in territorio iracheno, dopo i massicci bombardamenti dei giorni scorsi contro le postazioni del Pkk ed alcuni villaggi che hanno causato decine di morti. L’incursione di terra è stata giustificata con la necessità di catturare o uccidere i guerriglieri che alcune ore prima avevano colpito un minibus delle forze di sicurezza uccidendo 14 poliziotti. E’ la prima volta dal 2008 che truppe turche sconfinano in territorio iracheno a caccia di combattenti del Pkk.
Nel frattempo il premier turco Ahmet Davutoglu è tornato a promettere che presto “La Turchia sarà ripulita dai terroristi. Non importa come”.“L’obiettivo è chiaro: ristabilire l’ordine pubblico e il legittimo controllo delle forze di sicurezza in ogni angolo e centimetro della Turchia” ha spiegato il premier transitorio.
Neanche un cenno allo Stato Islamico, che pure qualche giorno fa, secondo notizie poi lasciate cadere, avrebbe rapito un soldato turco al confine con la Siria. D’altronde nel corso di un'intervista alla Cnn statunitense il presidente Erdogan ha di nuovo ricordato che “il Pkk rappresenta una minaccia primaria mentre l’Is è solo secondaria”.
Dichiarazioni che sembrano aver rappresentato il via libera ad una massiccia ondata di attacchi nei confronti di centinaia di sedi del Partito Democratico dei Popoli – sinistra curda più alcune organizzazioni della sinistra turca – in tutto il paese.
A Nigde un gruppo di quasi 500 “manifestanti”, per lo più militanti del partito di estrema destra nazionalista Mhp ha attaccato la sede locale dell’Hdp con pietre e bastoni. Stesso scenario a Manavgat, Antalya, Mersin, Sakarya, Çorlu, Kayseri e altre località. Ma anche case abitate da curdi, centri culturali e associativi hanno subito assalti e aggressioni in diverse città, compresa Izmir, Malatya, Kocaeli, Ankara, Konya ecc. In tutto sarebbero centinaia le sedi assaltate e devastate, alcune delle quali sono state incendiate e interamente distrutte. A Corlu, nella provincia settentrionale di Tekirdag, la responsabile locale dell'Hdp, Sehnaz Kaya, è stata sottratta all’ultimo istante alla folla di fanatici che voleva linciarla. Ad Ankara circa 200 persone hanno attaccato alcune abitazioni e bruciato automobili nel quartiere Zafer, dove risiedono molti lavoratori stagionali curdi. Nella capitale turca la sede centrale dell’Hdp è stata completamente devastata. Secondo l‘ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia (Uiki) in 48 ore 315 sedi del Hdp sono state attaccate, 35 persone sono state linciate, 15 sono state ferite e 19 rappresentanti politici curdi sono stati fermati dalla polizia. Ma il bilancio potrebbe essere anche più grave.
“Centinaia di civili curdi sono stati feriti durante gli attacchi di questi fascisti, e un numero imprecisato di persone sono state assassinate. Centinaia di curdi in varie città turche sono bloccati negli uffici dell’HDP, dove hanno cercato riparo dal linciaggio. Le squadre di fascisti hanno rotto le finestre, scandito slogan anti-curdi e anti-HDP, mentre la polizia locale non è intervenuta per fermare questo terrorismo di massa” denunciava ieri in un comunicato il Congresso Nazionale Curdo (Knk) che continua: “Dall’inizio della guerra turca contro i curdi 32 anni fa, questa è la prima volta che tali violenze si sono verificate su così larga scala. Erdogan e l’AKP stanno direttamente, in modo esplicito, e volutamente provocando scontri razziali e attacchi da parte dei nazionalisti. Due giorni fa Erdogan ha dato l’ordine ufficiale alle forze di polizia di sparare a vista ai civili se ritenuti una “minaccia”. Egli ha anche invitato l’opinione pubblica a informare di civili che avessero ritenuto agire in maniera “sospetta”. Questo è un tentativo di dividere la società e promuovere un conflitto interno tra gruppi etnici, e stimolare il razzismo anti-curdo”.
“I gruppi fermano gli autobus locali che viaggiano tra le città e controllano le carte d’identità della gente per determinare chi è curdo o meno. Quando i conducenti di autobus hanno tentato di scappare per sfuggire alla folle inferocite, la polizia è intervenuta e ha fermato gli autobus causando ulteriori attacchi contro gli autobus, i conducenti e i passeggeri. In alcuni casi, la polizia ha partecipato agli attacchi con i gruppi fascisti contro i civili curdi” denuncia ancora il Knk che fa appello a una più che distratta comunità internazionale affinché intervenga presso il governo di Ankara per fermare i pogrom.
Ma i gruppi di fascisti e di nazionalisti islamici sono scatenati in tutto il paese. Le stesse agenzie di stampa raccontano di come anche ad Istanbul un gruppo riunito a Besiktas – militanti dell’Mhp e dell’Akp – abbia a lungo gridato slogan tra i quali "Non vogliamo operazioni, vogliamo un massacro". Al di là degli assalti contro le sedi politiche curde, in tutta la Turchia operai, studenti, agricoltori sono stati aggrediti, feriti e uccisi per il solo fatto di essere curdi. Un uomo è stato accoltellato alla schiena, un altro picchiato e obbligato a baciare la statua di Ataturk (“il padre della patria” venerato dai nazionalisti turchi).
Il leader dell'Hdp, Selahattin Demirtas, ha affermato che gli attacchi alle sedi del suo partito sono opera di "agitatori coordinati dall'Akp e dai servizi segreti" ed ha rivolto un appello alla popolazione: "Mi rivolgo ai cittadini coscienziosi della Turchia. Quelli che cercate di ardere vivi sono le persone che fino a ieri chiamavate 'fratello'. Questo è il momento di dimostrare la fratellanza".
La segreteria della coalizione di sinistra ha affermato, cercando di assumere una posizione superpartes e distinguendosi quindi dalle organizzazioni curde impegnate in una vera e propria guerriglia diffusa contro le forze di sicurezza, che “entrambe le parti del conflitto – le forze di sicurezze e il Pkk – devono allontanare il dito dal grilletto e devono giungere ad un cessate il fuoco in una atmosfera di dialogo necessaria per compiere le negoziazioni”.
Uno scenario allo stato fantascientifico e irrealizzabile. Appare evidente che Erdogan, dopo aver perso le elezioni del 7 giugno, non si fa scrupoli a fomentare una guerra civile su vasta scala additando all’opinione pubblica interna il Pkk e l’Hdp – e i curdi in generale – come nemico da eliminare per ristabilire una stabilità persa in realtà a causa dello spregiudicato sostegno del regime islamista ai jihadisti dello Stato Islamico.
Non sono solo i curdi a essere presi di mira in questi giorni dalle aggressioni organizzate a tavolino. La sede del quotidiano Hurriyet, di proprietà del gruppo Dogan, influente holding mediatica critica nei confronti del regime, è stata assaltata per la seconda volta nel giro di 48 ore da parte di simpatizzanti del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) che hanno attaccato la palazzina gridando "Allah è grande". Domenica un gruppo di 200 persone guidate dal giovane parlamentare Akp Abdurrahim Boynukaln, aveva realizzato la prima irruzione. In quell'occasione il deputato aveva detto che "da ora in poi l'Hdp, il Pkk, il quotidiano Zaman [appartenente al gruppo di Fethullah Gulen] e Aydin Dogan [proprietario del gruppo] non sono più distinti. Sono tutti dei gruppi terroristici. Loro dicono che il Capo di Stato è responsabile di quanto sta accadendo perché non è riuscito a diventare presidente [a instaurare un sistema presidenzialista]. E allora noi diciamo: qualunque sia l'esito delle elezioni del primo novembre, noi faremo in modo che tu [Erdogan] diventi presidente".
Sebbene il premier Davutoglu e il vice-preier Numan Kurtulmus abbiano condannato gli attacchi, assicurando maggiore protezione ai gruppi mediatici aggrediti, la campagna denigratoria condotta dai media pro-governativi contro il gruppo Dogan non sembra cessare. Nel suo editoriale di ieri Ibrahim Karagul, direttore della testata Yenisafak, descrive Aydin Dogan quale "un problema per la sicurezza nazionale perchè ha apertamente sostenuto il Pkk". Un apparente controsenso, se si considera che il quotidiano Hurriyet è famoso per il suo logo nazionalista, che recita "la Turchia è dei turchi". Un controsenso che tuttavia indica ancora una volta che nel percorso verso le elezioni del 1 novembre il fronte pro-Akp è pronto a tutto pur di ottenere di nuovo il potere assoluto.
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