Londra e Parigi scaldano i motori dei bombardieri. Da un lato annunciano l’accoglienza per 15mila profughi siriani direttamente dai campi, dall’altro intendono iniziare entro ottobre una campagna di raid aerei in Siria. La Gran Bretagna pensa di impiegare i bombardieri Tornado stanziati nella base militare britannica a Cipro e finora utilizzati solo sporadicamente contro i miliziani dell’Isis sull’Iraq. Il ministro britannico George Osborne, alla riunione dei ministri del G-20 ad Ankara, aveva affermato che “un piano per una Siria più stabile e in pace” deve prevedere la lotta contro la “radice del problema: il malvagio regime di Bashar al-Assad e i terroristi dell’Isis”. Dunque i bombardieri inglesi non si dedicheranno solo ai tagliagole dell’Isis ma anche – e secondo noi soprattutto – alle forze armate siriane.
Il presidente francese Francois Hollande, ha invece autorizzato voli di ricognizione sulla Siria che dovrebbero anticipare i bombardamenti dei Mirage 2000 e dei Rafale delle forze aeree francesi. Un esperto militare come Gianandrea Gaiani scrive su Analisi Difesa che “le parole di Hollande lasciano qualche dubbio circa il fatto che il nemico che Parigi vuole colpire sia davvero l’ISIS”, appena due anni or sono i franco-britannici erano entusiasti all'idea d'inviare i loro jet a colpire la Siria di Assad". A meno che Londra e Parigi non seguano "le orme di Ankara, che da oltre un mese, con la scusa della guerra all’ISIS, bombarda i curdi, cioè i più fieri avversari dei jihadisti” sottolinea giustamente Gaiani.
Ma i governi europei sono ormai “fulminati” sulla via di Damasco e decisi a sfruttare per i propri interessi (in questo caso la destabilizzazione finale della Siria di Assad) l’impatto emotivo derivante dall’emergenza rifugiati che è arrivata nel cuore dell’Europa. Hollande e Cameron sembrano quindi intenzionati a giocare la carta dei raid sulla Siria sfruttando l’onda emotiva che colpisce l’opinione pubblica, scrive Analisi Difesa e cita a tale proposito alcuni sondaggi, come quello condotto in Francia dalla Odoxa secondo cui il 61% del campione di un migliaio di francesi sarebbe favorevole a un intervento addirittura terrestre contro l’ISIS in Siria, mentre in Gran Bretagna il sostegno a un intervento militare in Siria raccoglierebbe il 52% dei consensi pur senza specificare se si tratti intervento aereo o anche terrestre, secondo un sondaggio pubblicato dal Sun.
Da cosa nasce questa accelerazione di Gran Bretagna e Francia? La prima, più che con i partner europei, da sempre gioca le partite in proprio e in raccordo con gli Stati Uniti. La Francia invece intende recuperare sul piano dell’attivismo (e dell’avventurismo) militare il protagonismo e l’autorevolezza che sul piano politico è stata invece incassata dalla Germania. Berlino fa il “beau jeste” dell’accoglienza dei profughi siriani e la Francia va a bombardare la Siria, con una ripartizione di bombe tra tagliagole dell’Isis e soldati siriani che sarà da uno a dieci (una contro l’Isis, dieci contro le forze armate di Assad).
In questo contesto desta sorpresa la momentanea prudenza del governo italiano e di Renzi “In Siria c'è un presidente, (Bashar al) Assad, che controlla una parte del territorio. L'Italia non partecipa alle iniziative che Francia e Inghilterra hanno annunciato di studiare" ha affermato Renzi a Porta a porta. “Quanto avvenuto in Libia con Gheddafi insegna ad avere attenzione a non avere un atteggiamento poco responsabile nell'affrontare la crisi in Siria ed Iraq”, ha sottolineato.
Ma negli altri paesi europei (e secondo noi ben presto anche in Italia) c’è ormai una opinione pubblica abilmente frastornata con immagini che non ammettono repliche né discernimento (il piccolo Aylan morto sulla spiaggia), esaltata con la bandiera europea portata in testa alla marcia dei profughi siriani dalla “cattiva Ungheria alla buona Germania”, con l’Inno alla Gioia di Beethoven (che è anche l’inno della Ue) che dilaga nelle amplificazioni delle stazioni, chiede solo che “i governi europei facciano qualcosa, qualsiasi cosa”. Se poi andranno a bombardare Damasco invece che le postazioni dell’Isis, nessuno ci farà troppo caso. Il problema non è chi è il nemico, ma "avere un nemico", indistinto e indistinguibile.
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