Dopo l’andata di Renzi al meeting di Cl, i giornali della destra hanno iniziato a battere sul dato “Renzi vuole le elezioni", “Renzi ha aperto la campagna elettorale”. Addirittura si parla di una scadenza vicinissima, in autunno. Poi anche Del Rio ha detto che “le elezioni non sono un tabù”. E’ credibile? Ragioniamoci su.
In primo luogo, quale potrebbe essere la performance del Pd? Diversi sondaggi lo danno in picchiata, sotto il 30%, i più pietosi intorno al 33, 34%. Comunque una forte flessione sulle europee che ormai sono un traguardo irraggiungibile. Adottando una “forchetta larga”, possiamo dire che si attesterà, salvo terremoti in un senso o nell’altro, fra il 30 ed il 35%, in base all’andamento della campagna elettorale. Previsioni più “strette” sono impossibili quando non si sa nemmeno quali saranno gli effettivi schieramenti elettorali.
Se si dovesse votare subito, si voterebbe con il sistema elettorale prodotto dalla sentenza della Corte Costituzionale: proporzionale con clausole di sbarramento e preferenze. Questo significa che, realisticamente, non ci saranno coalizioni ma correranno tutti per se: senza premio di maggioranza, l’unico incentivo potrebbe essere, per i partiti minori, cercare un apparentamento per abbassare al 2% la soglia da superare per entrare in Parlamento e, forse qualche partito maggiore potrebbe concederglielo, ma, nel complesso, tutti dovrebbero correre da soli. Ad esempio, non ci sarebbe alcuna particolare convenienza nell’apparentarsi con la Lega per Forza Italia. Resta da capire che fine farebbero i vari spezzoni di centro (i vari Casini, Alfano, Tosi, Fitto, cui, forse potrebbe aggiungersi Marchini) fra lista comune autonoma, apparentamento con Forza Italia ed apparentamento con il Pd. Comunque, prevarrà l’ordine sparso e con il voto di preferenza.
Due notizie cattive per il Pd: i partiti separati prendono sempre più voti delle sommatorie; inoltre questo potrebbe incoraggiare la formazione di un polo alla sua sinistra che, senza il ricatto del voto utile, potrebbero avere la grande occasione e strappare anche il 7-8% (l’area della vecchia Rifondazione prima del suicidio del 2008): tutti voti sottratti al Pd. Quanto alle preferenze, si tratta di una doppia cattiva notizia: sia nei confronti dei partiti di centro che, in questi venti anni, sono stati compressi proprio dall’assenza del voto di preferenza, sia nei confronti delle minoranze interne che hanno ancora molti centri di resistenza locale, per cui, a Renzi, se non vuole rischiare di nuovo gruppi parlamentari “insubordinati”, non basta lavorare sulle capolistature e deve, per forza, estromettere la minoranza dalle liste, salvo qualche “ostaggio” stile Bersani o Cuperlo.
Ma in questo modo rischierebbe che molti degli esclusi vadano a cercare asilo politico nella formazione di sinistra o, più raramente, in quelle di centro. Comunque vada, questo potrebbe rappresentare un altro deflusso elettorale. Quindi, condizioni oggettivamente sfavorevoli e strada in salita.
Facciamo l’ipotesi più favorevole al Pd: che prenda il 35% e che ci sia un consistente gruppo di liste che non superi la soglia di sbarramento, per cui il bottino elettorale si ingrossa. Il risultato resterebbe sempre sotto il 40% dei seggi, al massimo un 38-39% e senza tenere conto del problema del Senato, che non sappiamo che fine farà. Questo significa due cose: in primo luogo che i seggi Pd alla Camera caleranno bruscamente dagli attuali 304 a non più di 240 (senza contare il solito problema del Senato), in secondo luogo, che occorrerebbe costruire una maggioranza. Escludiamo coalizioni con il M5s e la Lega, le alternative potrebbero essere:
- Pd+ lista di sinistra: molto difficilmente la somma raggiungerebbe i 316 seggi richiesti e dunque lasciamo perdere;
- Pd + eventuale lista di centro: anche in questo caso sembra difficile che la sommatoria possa bastare, a meno che il centro non si avvicini al 10%, il che non sembra probabile;
- Pd + Centro + Lista di sinistra: sul piano aritmetico potrebbe esserci una maggioranza pur risicata, ma politicamente risulta un po’ difficile immaginare un minestrone del genere;
- Pd + Forza Italia + Centro, questa potrebbe essere una soluzione matematicamente sufficiente e politicamente più omogenea (dissidenza interna del Pd permettendo).
Dunque, la mossa renziana avrebbe un senso solo se avesse questo come suo approdo. C’è, però un problema: se la somma di Lega-Fratelli d’Italia, M5s e lista di sinistra raggiungesse o sfiorasse il 50% dei voti, Renzi si troverebbe senza maggioranza o con una maggioranza di 6 o 7 voti che va in crisi ogni due per tre.
Dunque, sotto ogni profilo, per Renzi, andare ad elezioni prima che entri in vigore la sua Legge-truffa, sarebbe una mossa molto azzardata e poco consigliabile. E i titoli del “Giornale” e di “Libero” sono solo il solito scoop di agosto. Oppure Renzi sta cercando di fare guerra dei nervi contro la minoranza Pd per costringerla a votare la riforma del Senato.
A meno che... il fiorentino non cerchi in questo modo di prevenire guai peggiori. L’ipotesi più probabile è che si sia fatto i conti ed abbia realizzato che la sinistra Pd non molli e che la riforma del Senato sia bocciata ed, a quel punto, sarebbe lo stesso costretto alle dimissioni, con quel che ne segue, per poi affrontare le elezioni in condizioni peggiori e con una sconfitta che rovinerebbe la sua immagine di vincente. A quel punto il vincente si trasformerebbe in un arrogante punito: brutto affare.
Ma potrebbero esserci anche scenari peggiori in vista: magari potrebbe avere informazioni che gli prospettano una crisi economica molto difficile da reggere, per cui le elezioni servirebbero a passare la rogna ad un momentaneo governo tecnico per poi riemergere dopo le elezioni (mozza azzardatissima, ma nel carattere del personaggio).
Oppure, la mossa potrebbe servire a prevenire qualche scherzo da prete come quello che nell’autunno 2011 costò la sedia al Cavaliere.
Tutto possibile, anche se non probabile, ma stiamo a vedere. Comunque io scommetto sull’ipotesi che sia solo “nebbia di guerra” contro la minoranza Pd e che rientri tutto. E’ ragionevole che si aspetti l’estate 2016 per poi votare o nell’autunno del prossimo anno o nella primavera del 2018, quando però lo scenario potrebbe essere molto cambiato e gli schieramenti ridefiniti.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento