01/09/2015
Assalto fascista al parlamento di Kiev, morti e feriti
Abbiamo spesso avuto modo di scrivere quanto i fascisti costituiscano, nel nuovo regime ucraino scaturito dal golpe del febbraio 2014, tanto un elemento utile alla normalizzazione e alla repressione della dissidenza quando una spina nel fianco nei confronti di alcuni oligarchi e di alcuni settori, strumento di battaglia politica tra i vari potentati che si sono completamente impossessati della cosa pubblica e che si contendono le spoglie dello Stato.
L’ultimo e più recente esempio si è avuto oggi nella capitale Kiev, dove le ‘falangi’ di Settore Destro e di altre formazioni fasciste hanno determinato un improvviso innalzamento della tensione in contemporanea con il voto parlamentare sul cosiddetto ‘decentramento’ delle regioni orientali russofone dell’Ucraina.
Il provvedimento è passato alla Rada con 265 voti favorevoli (ne bastavano 226) e 87 contrari; a favore si sono espressi buona parte dei deputati della maggioranza parlamentare (formata dal "Blocco" di Petro Porosenko e dal "Fronte Popolare" di Oleksander Turchinov e Arsenj Yatsenyuk) oltre che quelli del Blocco di Opposizione (nato dalle spoglie del Partito delle Regioni ed espressione delle regioni russofone). Hanno votato contro o si sono astenuti i deputati di Bat’kivshina (Patria, il partito di Julia Timoshenko), gli ultranazionalisti del Partito Radicale di Oleg Liashko e di Samopomich, e i fascisti sparsi in varie liste.
In base agli accordi di Minsk in cambio del cessate il fuoco con le repubbliche indipendentiste del Donbass il regime ucraino avrebbe dovuto varare rapidamente una riforma costituzionale che conceda ampi poteri di autogoverno ai territori in mano ai ribelli e anche ad altri attualmente sotto il controllo dei governativi. Ma in realtà, oltre agli ampi ritardi, la misura votata oggi a Kiev non rappresenta una riforma di tipo costituzionale come pattuito e garantisce una autonomia assai relativa. Nessuna concessione reale ai ‘separatisti’ quindi, nessun tradimento, ma un provvedimento di facciata utile a coprire la preparazione di una nuova offensiva militare in grande stile contro Donetsk e Lugansk che fino ad ora è sempre stata rimandata a causa di vari problemi oggettivi – Kiev è alla canna del gas e alla bancarotta economica e militare, nonostante i massicci aiuti della Nato – e delle pressioni di Russia, Francia e Germania.
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