di Michele Giorgio – Il Manifesto
Gli Accordi
di Oslo tra palestinesi e israeliani sono finiti? Abu Mazen non lo ha
proclamato apertamente ieri quando ha pronunciato il suo discorso
davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ha
affermato che i palestinesi non sono più legati agli accordi firmati nel
1993 e negli anni successivi, poiché Israele non li rispetta. «Fino a
che Israele rifiuta di impegnarsi sugli accordi firmati con noi
rendendoci un’autorità senza poteri reali – ha detto il presidente
palestinese – e fino a che Israele si rifiuta di fermare le attività di
colonizzazione e di liberare i prigionieri palestinesi, non abbiamo
altra scelta... Non possiamo essere i soli ad attuare gli impegni e Israele
violarli continuamente... Non possiamo continuare a ritenerci legati a
questi accordi. Israele deve assumersi tutte le sue responsabilità di
potenza occupante perché questo status quo non può continuare». Queste parole cosa significheranno sul terreno?
Gli interrogativi sono tanti. Abu Mazen ha sparato
forte, ma a salve, come altre volte, senza alcun effetto concreto?
Oppure vuole troncare sul serio contatti e cooperazione con Israele
previsti dagli accordi di Oslo? Di sicuro non ha fatto alcun
accenno alla collaborazione tra i servizi di sicurezza dell’Autorità
nazionale palestinese e quelli israeliani, fortemente contestata dalla
sua gente. Dura la prima reazione del premier israeliano
Netanyahu, che con ogni probabilità risponderà ad Abu Mazen in modo
ancora più pesante questo pomeriggio, quando spetterà a lui rivolgersi
alla platea delle Nazioni Unite. «Il discorso (di Abu Mazen) è
ingannevole e incoraggia l’incitamento e il disastro in Medio Oriente»
ha scritto in un comunicato. «A differenza dei palestinesi – sostiene
Netanyahu – Israele si attiene rigorosamente allo status quo sul Monte
del Tempio, e si impegna a continuare a farlo in conformità con gli
accordi tra Israele e la Giordania e il Waqf. Ci aspettiamo e
sollecitiamo l’Autorità (palestinese) e il suo leader ad agire in modo
responsabile e accettare l’offerta (da parte del primo ministro di
Israele) di tenere negoziati diretti con Israele senza precondizioni».
Perplessi i palestinesi. Hanno ascoltato e
applaudito a troppi discorsi alle Nazioni Unite senza poi vedere alcun
cambiamento positivo sul terreno, nella loro vita di popolo sotto
occupazione militare da decenni. Nelle strade di Ramallah e di
altri centri abitati hanno festeggiato e applaudito solo i militanti di
Fatah più legati al presidente. Scene ben diverse dalle ampie
manifestazioni di approvazione con cui i palestinesi avevano accolto i
discorsi pronunciati all’Onu da Abu Mazen negli anni passati.
La speranza del riconoscimento tre anni fa al Palazzo di Vetro della
Palestina quale Stato non membro, è stata spenta dalla delusione. E non
solo a causa delle politiche di occupazione attuate da Israele che
negano ancora la libertà ai palestinesi.
La parte più appassionata del discorso di Abu Mazen è stata quella iniziale. Il leader palestinese ha denunciato la tensione sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme,
innescata, ha spiegato, dalle incursioni nel sito di gruppi israeliani.
Una tensione, ha avvertito, con la quale il governo Netanyahu sta
innescando una guerra di religione. Ha elencato violazioni del
diritto internazionale e abusi commessi da Israele, con un accento
particolare sulla continua espansione delle colonie ebraiche nei
territori dello Stato di Palestina. Ha ricordato che esattamente due
mesi fa il piccolo palestinese Ali Dawabsha, 18 mesi, veniva arso vivo
assieme ai genitori nel villaggio di Kfar Douma da parte di estremisti
israeliani e che gli assassini sono ancora liberi. Ha
denunciato la distruzione della soluzione “Due Stati” da parte di
Israele che, ha aggiunto, attua nei Territori occupati un doppio regime:
uno di apartheid imposto ai palestinesi e un altro di privilegi per i
coloni ebrei. Per questo ha esortato le Nazioni Unite a proteggere i
palestinesi. «Abbiamo bisogno di protezione internazionale, non possiamo
mantenere lo status quo», ha detto Abu Mazen «per favore, per favore,
per favore, ci appelliamo a voi, abbiamo bisogno della vostra protezione
internazionale». Infine ha proclamato la Palestina uno «Stato sotto
occupazione», simile a quelli occupati durante le guerre passate o
recenti. «Non è tempo che tutto ciò abbia fine?», ha chiesto
all’Assemblea dell’Onu.
Ieri sera è stata issata per la prima volta la bandiera palestinese al Palazzo di Vetro.
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