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05/10/2015

Amianto alla Olivetti. A giudizio Debenedetti, Passera e Colaninno

C'è il gotha dei "capitani coraggiosi", in questo rinvio a giudizio per la morte di (almeno) tredici operai a causa dell'amianto presente negli impianti della Olivetti. Gente che possiede il secondo gruppo editoriale italiano (Repubblica - l'Espresso), che ha ricoperto ruoli di assoluto rilievo economico (la presidenza di IntesaSanPaolo) oltre a poltrone da ministro, oppure è stata scelta per privatizzare le principali aziende pubbliche (Telecom e Alitalia, per dirne solo due). Gente che ogni giorno, ancora oggi, non si trattiene dal dire come dovremmo vivere (in povertà, naturalmente) nonostante si sia permessa di stabilire in che modo quelli che lavoravano per loro avrebbero dovuto morire.

Il proceso inizierà il 23 novembre prossimo, perché il gup di Ivrea - Cecilia Marino - ha rinviato a giudizio 17 persone per accuse che vanno dall’omicidio colposo alle lesioni colpose. Gli imputati sono tutti ex presidenti, amministratori o dirigenti dell’azienda dal 1963 al 1996. E lì dentro sono passati, con non "grandi risultati", visto che l'azienda è di fatto scomparsa dopo essere stata a lungo tra i primi quattro colossi dell'informatica mondiale (insieme a Ibm, Honeywell e Bull), gente come Carlo De Benedetti, Franco De Benedetti, Corrado Passera e Roberto Colaninno (quest'ultimo imputato solo per le lesioni colpose).

Silvio Preve era stato rinviato a giudizio in precedenza, mentre il giudice ha deciso di non procedere verso altre 11 persone, tra cui Rodolfo e Marco De Benedetti.

L'amanto in Olivetti era stato a lungo usato per la fabbricazione della macchine da scrivere e dei primi calcolatori, in forma di talco per assemblare le parti di gomma e di metallo. Chissà perché, visto che il talco all'amianto costava molto meno di quello senza asbesto... Ma non era assente nemmeno in molte costruzioni interne agli stabilimenti, nei tetti dei capannoni, nelle condutture dell'acqua, ecc.

Per Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom a Torino, “la decisione di oggi, che pure assolve i semplici membri del Cda, consente di andare a processo e stabilire finalmente le responsabilità anche individuali, a partire delle figure più autorevoli”. Per il sindacalista “si evita così lo scaricabarile verso le figure più in basso nella scala gerarchica”.

In passato c'era stato un altro processo per lo stesso motivo, contro Ottorino Beltrami, ex amministratore delegato. Ma la condanna, ridotta in appello, a Torino, a soli sei mesi di reclusione, non venne mai scontata per la morte dell'imputato prima della sentenza definitiva.

Ma altri processi sono previsti nei prossimi anni, visto che la gente contnua a morire e il picco dei morti è atteso nel 2017.

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