Quando mi capita di parlare del M5s spesso constato un atteggiamento pregiudizialmente ostile
che il più delle volte trapela da una malcelata speranza che il
fenomeno duri poco, in modo da tornare al più presto alla “normalità”.
Non pensate che si tratti solo del piddino che spera nella morte del M5s in modo da restare senza sfidanti, o del leghista che spera di recuperare una parte dei voti persi all’epoca del Trota, ma anche del militante della sinistra (quella vera) che, del tutto irragionevolmente, pensa che il collasso dei 5 stelle gli spianerebbe praterie infinite. E la crisi romana (dove, innegabilmente, i 5 stelle stanno facendo gli straordinari quanto a fesserie) ha rilanciato questi umori: la Repubblica si spinge a parlare di “Caporetto” dei 5 stelle, ma forse dimenticando che dopo Caporetto venne Vittorio Veneto; Il Foglio dice che è inutile mettere mano alla legge elettorale per evitare la vittoria grillina, perché ci stanno pensando da soli a farsi fuori i grillini, con le contorsioni romane. Insomma “O Roma o Morte”, se il M5s fallisce a Roma è finito.
Il bello è che a questa balla hanno
abboccato i 5 stelle che sono entrati nello psicodramma del crollo
imminente se a Roma va male. Capiamoci: è ovvio che se a Roma facessero
fiasco (e vi confesso che non sono affatto ottimista, anche se spero il
contrario) sarebbe una sconfitta politica di prima grandezza con prezzi
politici pesanti, ma di qui al crollo totale ne corre. Diciamo che,
probabilmente, sarebbe compromessa seriamente la vittoria alle politiche
ma, se proprio debbo dirla tutta, io non sono convintissimo del fatto
che il M5s possa andare al governo nelle prossime elezioni. Di fatto il
M5s ce la fa se resta questa legge elettorale, ma sono pronto a
scommettere che la rifaranno. Magari ne faranno una che stabilisce che i
voti al Pd vanno contati due volte, o faranno la lista “tutti contro
uno”, modificheranno la legge sui partiti in modo da escludere il M5s
dalle elezioni o chissà che altro, ma che aspettino con le mani in mano
di essere ruzzolati dalle loro poltrone non è cosa che si possa credere
seriamente.
Tornando al ragionamento principale, perché non credo che il M5s sia un fenomeno transitorio o, addirittura, stia già crollando?
Il punto è che non si tratta di un fenomeno italiano, ma di qualcosa
che investe tutto l’Occidente o, quantomeno, Europa ed Usa. Il punto è
che è in questione la legittimazione dei sistemi di potere consolidati.
Negli anni trenta in Usa ed Inghilterra e nel resto d’Europa dopo la
fine della guerra, si affermò un modello di democrazia sociale, fondato
sul compromesso socialdemocratico fra capitalismo ed organizzazioni del
movimento operaio: pace sociale contro redistribuzione della ricchezza e
stato assistenziale. Questo ordine è andato in frantumi man mano che è
avanzata la controrivoluzione neo-liberista per affermare un nuovo
ordinamento basato sul comando della finanza, la delocalizzazione
industriale, la precarizzazione di massa, la distruzione del ceto medio,
una concentrazione della ricchezza senza precedenti e una
globalizzazione pensata in funzione del monopolarismo imperiale
americano. Questo nuovo ordine ha celebrato il suo trionfo fra il 1989
ed il 1993, ma già 15 anni dopo è entrato in una crisi strutturale dalla
quale non riesce a venir fuori.
Dopo otto anni di una crisi che
ha distrutto risparmi, posti di lavoro, garanzie sociali, falcidiando
salari e stipendi, si sta manifestando (per la verità già da tre-quattro
anni) la rivolta delle classi subalterne e dei ceti medi che ritirano
la delega ai partiti tradizionali di sistema (liberali,
socialdemocratici, cattolici, conservatori ecc.) aggregandosi in nuove
formazioni abbastanza improvvisate.
Come ho già scritto, l’impatto con
l’arrivo delle ondate di migranti, ha provocato uno spostamento a destra
della protesta tanto nell’Europa del Nord quanto negli Usa (dove stiamo
rischiando l’elezione di Trump!), mentre nell’area mediterranea si
manifestano movimenti più di sinistra.
Questo è un fenomeno strutturale che non
torna indietro: le masse che si stanno spostando possono passare da una
formazione antisistema ad un altro movimento simile o forse passare
all’astensione, ma, in gran parte, non pensano affatto di rifluire nella
gabbia del sistema dalla quale sono uscite. E questo vale anche per il
M5s.
Sbaglia chi pensa che i suoi
elettori stiano soffrendo chissà quale delusione: larga parte dei suoi
elettori sa che il movimento non ha una classe dirigente e probabilmente
farà una quantità di sciocchezze, ma accetta comunque di pagarne il
prezzo pur di portare il sistema al crollo.
Ovviamente si mescolano umori
contrastanti: in primo luogo la rivolta contro la casta (che è stupido
ridurre solo ad antipolitica) e contro l’inaccettabile pressione
fiscale. Poi c’è di tutto: da quelli che temono gli immigrati al
sindacalismo radicale, da vegani e non violenti a frange fascistoidi, da
pezzi di sinistra comunista a cattolici impegnati nel volontariato.
Tutto ed il contrario di tutto. E questo magma attraverserà molte
trasformazioni, diventerà cose diverse, ma non sparirà nel nulla, si
rassegnino quelli che sognano l’ “heri dicebamus”: il buon tempo antico è
finito.
Questo non vuol dire che il M5s ha un
futuro blindato, anzi, rischia seriamente l’osso del collo se continua a
fare sciocchezze, ma rischierà seriamente solo quando emergerà un
movimento antisistema concorrente che riesca a risultare più convincente
ma, tanto sul fianco di destra quanto su quello di sinistra, per ora,
non c’è nessun segno che lasci presagire una sfida del genere in tempi
politicamente prevedibile.
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