C’è un bel casino nella giunta comunale di Roma guidata dalla pentastellata Virginia Raggi. La revoca della nomina del magistrato Carla Romana Raineri dall’incarico di Capo di Gabinetto, sono state seguite a cascata da quelle – strategiche per il ruolo – dell’assessore al Bilancio Minenna, che un pezzo da novanta del M5S come Luigi Di Maio aveva fortemente voluto al Campidoglio, e poi dagli aministratori delegati di Ama e Atac.
Ad annunciare le dimissioni del Capo di Gabinetto Raineri, finita nel mirino di molti attivisti ed elettori del M5S per il super stipendio di 193 mila euro, è stata la stessa Raggi con un post pubblicato su Facebook che così ha spiegato la decisione: “Sulla base di due pareri contrastanti, ci siamo rivolti all'Anac che, esaminate le carte, ha dichiarato che la nomina della Dott.ssa Carla Romana Raineri a Capo di Gabinetto va rivista in quanto 'la corretta fonte normativa a cui fare riferimento è l'articolo 90 Tuel (Testo unico degli enti locali, ndr)' e 'l'applicazione, al caso di specie, dell'articolo 110 Tuel è da ritenersi impropria'. Ne prendiamo atto”. La Raineri ha fatto sapere di aver presentato le dimissioni irrevocabili già nella serata di ieri, 31 agosto. La sua nomina era stata suggerita proprio dall’assessore Minenna. Il fatto che la Raggi abbia accettato le dimissioni della Raineri, pur trincerandosi dietro il fattore oggettivo della valutazione dell’Anac (diventata ormai come il Talmud), sembra che abbia suscitato le ire dell’assessore Minenna che ha deciso di mollare.
A seguito delle dimissioni di Minenna si è dimesso anche il nuovo amministratore unico dell’AMA, Alessandro Solidoro il quale, in un comunicato reso noto dalla stessa Ama, “a seguito delle dimissioni dell'assessore al Bilancio ha ritenuto venute meno le condizioni per l'incarico affidatogli”. Infine si sono dimessi anche altri due tecnocrati ossia l‘amministratore delegato dell’Atac Lettighieri (uomo legato a Rfi e ai lavori della Tav) e l’amministratore unico della stessa Atac Brandolese.
Insomma Capo di Gabinetto, assessore al Bilancio, gli amministratori delegati di due delle tre maggiori società municipalizzate che si dimettono, danno proprio l’idea di una “cordata” di tecnocrati che avevano accettato l’incarico – che però qualcuno del M5S gli aveva offerto – per almeno due motivi, entrambi all’apparenza poco nobili: il primo è che la nuova giunta potrebbe trovarsi dentro una tempesta giudiziaria per aver comunque ereditato il pregresso nella gestione dei rifiuti e dei trasporti a Roma; il secondo è che i margini di manovra dei tecnocrati in cordata si sarebbero rivelati inferiori a quanto si aspettavano.
Per la giunta Raggi è indubbiamente un duro colpo ma potrebbe anche essere l’occasione per chiarire le linee di priorità negli interessi e negli obiettivi che intende perseguire in una città devastata, disfatta, incattivita ma resiliente come Roma. E qui vengono fuori tutti i limiti della logica della “buona amministrazione” e della prevalenza delle “competenze” sulle aspettative politiche e sociali create dal M5S nel governo della città. Roma per uscire dal tunnel in cui l’hanno infilata le amministrazioni precedenti e gli interessi dominanti, ha bisogno di discontinuità e di scelte politiche conseguenti. O le si fanno o non le si fanno, ma se non le si fanno poi si finisce sulla stessa graticola con cui hanno cotto la foglia di fico rappresentata dal sindaco Marino.
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