Colpo di scena nella assai impantanata scena politica spagnola. Mentre il numero due di Podemos, Pablo Echenique, faceva autocritica affermando che nelle trattative con i socialisti per il governo la sua formazione era stata nei mesi scorsi troppo intransigente, andava in scena l’esplosione del Psoe.
Al termine di un comitato federale al quale, dopo le sconfitte elettorali di pochi giorni prima in Galizia e Comunità Autonoma basca, aveva chiesto la rapida convocazione di un congresso straordinario e di un referendum interno alla militanza sulla formazione di un governo alternativo alla destra, il segretario del Partito Socialista Operaio (!) Spagnolo Pedro Sanchez ha rassegnato le sue dimissioni.
La decisione è arrivata sabato in prima serata, a pochi minuti dall’esito di una votazione – finita 133 a 107 – che ha bocciato le proposte del segretario e che ha segnato un decisivo punto a favore dei ras locali di un Partito Socialista ormai squassato da una guerra per bande senza precedenti. Una guerra fratricida che potrebbe portare addirittura alla scissione in due di una delle due formazioni, insieme al Partito Popolare, su cui si è fondato dall’inizio degli anni ’80 un sistema politico blindato uscito dall’autoriforma del franchismo.
A guidare la guerra contro il giovane e finora rampante Pedro Sánchez sono stati i baroni locali del Psoe, a partire dalla potente Susana Diaz, presidente della più grande comunità autonoma dello stato, l’Andalusia. Sindaci, governatori, ras locali non ne vogliono sapere di una eventuale alleanza tra i socialisti, usciti sconfitti da tutte le ultime tornate elettorali, e Podemos, che nonostante l’arretramento degli ultimi mesi continua a sottrarre una parte consistente dell’elettorato all’ex polo di centrosinistra. Quella del Psoe non è solo una spaccatura rispetto alle prospettive del governo tra chi sostiene la necessità, dopo un anno di blocco istituzionale, di astenersi e di permettere così la nascita di un governo di minoranza del Partito Popolare evitando così le terze elezioni in un anno e chi invece sarebbe disponibile ad una convergenza con i ‘morados’ del sempre più moderato Pablo Iglesias. Nel tutti contro tutti che rischia di far esplodere il Psoe contro il segretario si sono schierati anche personaggi come Ximo Puig, presidente dell’importante Comunidad Autonoma Valenciana dove pure i socialisti governano proprio con Podemos ed altre realtà politiche locali autonomiste e di centro-sinistra. Quello in corso nel partito socialista non è solo uno scontro politico, ma anche e soprattutto un conflitto all’ultimo sangue per il potere.
Una brama che ha fatto saltare ogni parvenza di rigore democratico e di correttezza trasformando la riunione di sabato del Comitato Federale in una lunghissima rissa con l’urna elettorale che ad un certo punto sparisce e i membri del fronte anti Sanchez che gridano al golpe, votazioni e documenti invalidati dall’ufficio di presidente controllato dal fronte pro segretario e così via. Fino ad un definitivo voto palese che mette in minoranza Pedro Sánchez costretto a quel punto, visto che lo aveva promesso, a dimettersi dopo essere stato sconfessato.
Il Partito Popolare, che fino a pochi mesi fa era dato per spacciato e che invece nelle ultime elezioni di giugno ha guadagnato terreno e influenza, restando al centro della scena politica ed arrivando addirittura a mandare in crisi i tradizionali avversari socialisti, ovviamente gongola. Nel caos in cui è precipitato il Psoe una pattuglia di deputati socialisti più o meno consistente potrebbe ora decidere di astenersi in occasione del voto di fiducia nei confronti di un governo formato dal PP e forse da qualche forza regionalista di centrodestra. Una prospettiva che potrebbe convincere, obtorto collo, anche la cosiddetta ‘sinistra’ del Psoe, quella appunto rappresentata da Sánchez, a rimuovere il veto nei confronti di una eventuale collaborazione di governo con Mariano Rajoy.
E' esattamente ciò che gli apparati dell’Unione Europea, la Confindustria e altri influenti ambienti padronali interni ed internazionali chiedono da tempo ai socialisti, un governo di 'grande coalizione': l’elenco di ‘riforme’ che Bruxelles, la Banca Centrale e gli imprenditori chiedono di applicare in fretta è davvero lunga, e quasi un anno di assenza di un governo legittimato dalle urne – anche se a gestire la ordinaria amministrazione ci ha pensato Rajoy – ha già fatto perdere ai poteri forti ed ai mercati fin troppo tempo.
A tentare di guidare un Psoe a pezzi sarà ora un comitato direttivo plurale presieduto dal presidente della Comunità Autonoma delle Asturie, Javier Fernández, al quale è stato affidato il compito di traghettare il partito ad un congresso e all'elezione di una nuova direzione. Ci riuscirà?
Nel frattempo la sindaca di Santa Coloma de Gramenet e aspirante leader del Partito Socialista Catalano – o almeno di ciò che ne resta dopo le varie scissioni realizzate dai settori di "sinistra" e sovranisti – ha affermato che i deputati della federazione catalana dovrebbero "rompere la disciplina di partito" nel caso in cui il Psoe decidesse di permettere l'investitura a capo del governo di Mariano Rajoy.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento