L’ennesimo
omicidio eseguito dal Mossad contro dirigenti della resistenza
palestinese e libanese: è questa l’accusa che Hamas muove ai servizi
segreti israeliani. L’ingegnere tunisino Mohammad Zawari,
docente universitario di ingegneria aeronautica e dirigente di Hamas, è
stato freddato a metà dicembre con sei colpi di pistola davanti al suo
domicilio a Sfax. Zawari era il responsabile dello sviluppo e
della progettazione di droni per le brigata Ezzedine Al Qassam – braccio
armato di Hamas – e collaborava da tempo anche con la resistenza
libanese di Hezbollah.
Durante
una successiva commemorazione pubblica, che si è svolta a Gaza, le
autorità di Hamas hanno da subito accusato il Mossad (servizi segreti
israeliani) per l’omicidio. Le autorità tunisine hanno
confermato “ingerenze straniere” nell’esecuzione del delitto
incarcerando 3 tunisini e implicando altre 7 persone straniere. Altrettanto
categoriche le parole del presidente della repubblica, Beji Caid
Essebsi, che nel suo discorso di inizio anno, ha dichiarato: “Israele
potrebbe essere coinvolto direttamente nell’assassinio di Zawari, ma la
Tunisia sa come rispondere alle ingerenze del governo di Tel Aviv”.
Lo
stesso primo ministro, Youssef Chahed, dopo le numerose manifestazioni
di protesta per l’omicidio di Zawari in tutta la Tunisia, ha ribadito
che “è intenzione del governo proteggere tutti i suoi cittadini e
perseguire tutti i colpevoli dentro e fuori i confini tunisini”.
Il quotidiano libanese Al Akhbar ha
messo in evidenza come le modalità di esecuzione dell’omicidio siano
molto simili a quelle dell’assassinio a Beirut sud, nel 2013, di Hassan
Laqis, responsabile dell’unità aerea di Hezbollah e collega di Zawari,
anche in quel caso attribuito al Mossad. Come sospetti e sempre
riconducibili ai servizi di Tel Aviv sono stati gli omicidi di Mahmoud
al Mabhouh, dirigente di Hamas, ucciso a Dubai o quello del militante
del Fronte Popolare Liberazione Palestina (sinistra palestinese), Omar
Nayef Zayed, trovato morto in circostanze poco chiare all’interno
dell’ambasciata palestinese in Bulgaria.
Ufficialmente il governo di Tel Aviv non ha replicato alle accuse delle autorità tunisine. In un’intervista sul Canale 10, emittente israeliana, il
ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha, però, ribadito che “le
forze israeliane sono libere di muoversi in qualsiasi maniera e con
qualsiasi mezzo ovunque nel mondo, quando si parla degli interessi e
della sicurezza di Tel Aviv”. Basti pensare, infatti, agli
omicidi di esponenti di Hezbollah in territorio siriano, Imad Mughnyeh o
Samir Kuntar (2015), attraverso l’utilizzo dei caccia israeliani o del
comandante Badreddine (2016) con l’utilizzo delle milizie jihadiste
supportate logisticamente dell’entità sionista.
L’utilizzo di droni e apparecchiature di ultima generazione, in effetti, rappresenta un nuovo e delicato problema per Tel Aviv. Durante
l’ invasione di Gaza, nel 2014, gli ultimi modelli di droni Ababil,
progettati e sviluppati da persone come Zawari, ha causato numerose
perdite tra le truppe israeliane ed ha messo in evidenza lacune
difensive in ambito logistico sul reperimento di informazioni, attraverso i droni, utili per imboscate ed agguati da parte della resistenza palestinese.
“Una
giusta motivazione”, quindi, secondo le parole del falco Lieberman,
esponente di spicco del governo di destra israeliano, per continuare con
gli omicidi mirati di esponenti della resistenza palestinese e libanese
in maniera da preservare “gli interessi nazionali”.
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