Era un po’ che non ci occupavamo di innovazione tecnologica della produzione e quindi dell’impatto terminator
che ha sull’occupazione. Poi, come sempre, ti capita tra le mani una
notizia che ti riporta immediatamente a considerazioni già fatte per
altri comparti produttivi, ma stavolta riguardanti il settore primario per eccellenza. L’agricoltura.
Il “trattore
senza trattorista” arriva come ultima forma della terza rivoluzione
industriale e come primo accenno alla quarta in un settore dove
l’innovazione procede forzatamente per piccoli passi.
Dal
punto di vista dell’impatto occupazionale, il più è stato fatto tra il
primo e il secondo dopoguerra, quando il trattore è diventato lo
strumento obbligatorio per qualunque produttore agricolo che volesse
“restare sul mercato”. Aratura, zappatura, concimazione, semina,
raccolto su una superficie di
alcuni ettari potevano improvvisamente essere effettuate da una o
pochissime persone, mandando in soffitta l’aratro tirato da buoi o
cavalli, la vanga e la zappa. Dove prima servivano ogni giorno decine di
braccia ora ne bastavano solo un paio, con l’aggiunta di qualche
stagionale al bisogno. Il 90% dei giovani abitanti nelle campagne doveva andarsene da un’altra parte.
L’emigrazione
di massa – prima verso altri paesi, poi, nella Ricostruzione
soprattutto verso il triangolo industriale del Nord – divenne l’unica
soluzione possibile per un mondo che in pochi anni aveva perso modalità
produttive vecchie di secoli.
A prima vista, dunque, non è prevedibile una
grandissima riduzione di manodopera per effetto dell’automazione
dell’identico trattore. Né appare più indispensabile “l’occhio” del
contadino che controlla di frequente lo sviluppo delle piante, per
decidere gli interventi da fare. Un drone può svolgere lo stesso lavoro,
anche su piantagioni in terreni scoscesi (i pendii italiani, per
esempio, sono ricoperti di vigne ed uliveti), evitando una fatica
improba. Quando neanche le immagini più nitide riusciranno a spiegare le
anomalie, si potrà sempre inviare un “tecnico” per controllare de visu.
L’automazione
del trattore però illumina un’altra trasformazione “epocale”, che non
riguarda tanto l’occupazione quanto il rapporto produzione-natura, con
tutte le conseguenze del caso.
E’
perfino banale constatare che il “trattore che si guida da remoto”,
comodamente seduti in ufficio, è utilizzabile con successo in una lunga
serie di fasi operative e per alcune tipologie di prodotto. In una
pianura seminata in genere a grano o mais, con rotazioni di girasole o
erba medica per far “riposare” il terreno, effettivamente il trattore
(con le diverse appendici necessarie: aratro, fresa, seminatrice,
mietitrebbia, ecc.) può fare quasi tutto “da solo”. Al massimo servirà
qualche lavorante “a voucher” per l’immagazzinamento o il carico
(anch’esso ovviamente automatizzato il più possibile).
Persino
molti frutteti sono già oggi gestibili “quasi” in automatico. Le
necessità della produzione industriale hanno infatti imposto una
modificazione strutturale di alcune piante (meli, peri, ecc), sfornando
delle cultivar colonnari, tipo cipresso, per creare filari ordinatissimi attraverso cui viaggiano i trattori per la raccolta.
Molto
meno facile invece è la sostituzione della mano umana per quelle
produzioni in cui i frutti non maturano tutti nello stesso momento, ma
lungo un ciclo che può essere anche superiore al mese (pomodori,
zucchine, melanzane, ecc). Qui “una passata di trattore” porterebbe via
la pianta prima che possa esprimere tutto il suo potenziale produttivo.
Dunque qui serviranno ancora moltissimi “stagionali”, disposti a
lavorare in condizioni bestiali e per una paga ridicola. Migranti, per
lo più, ma anche e ancora “indigeni poveri”, come si vede d’estate da
Trapani a Trieste.
Ma
intanto l’automazione perfeziona la separazione tra “la sapienza del
contadino” e i gesti dell’agricoltura. La “sapienza” viene infatti affidata
ai “tecnici” (agronomi per quanto riguarda la conoscenza delle piante,
informatici e meccanici per quanto riguarda la gestione del macchinario
automatizzato). Mentre il residuo di forza lavoro completamente
dequalificata (può raccogliere pomodori anche chi non ne ha mai mangiato
uno...) diventa un fenomeno stagionale, magari di grandi dimensioni ma
senza nessuna solidità strutturale o contrattuale. Braccia umana usa-e-getta, magari da “spezzare” nel caso si cerchi dignità o un salario migliore.
Diciamo
quindi che in agricoltura diventa più evidente (ci vorrà comunque
qualche anno prima che questa innovazione diventi il nuovo standard) un
processo di separazione tra attività umane di alto livello professionale
(agronomi, informatici, ingegneri, periti meccanici, ecc.) e attività
puramente “faticose”. Pochissimi ben pagati e tantissimi “straccioni” da
governare con la frusta.
La
brutta notizia è che sta diventando così in qualsiasi settore
produttivo, dalla fabbrica alla grande distribuzione. E questa, sì, è
una radicale trasformazione davvero “epocale”. Si intravede un tunnel,
in fondo alla luce che splende sui campi...
*****
Il contadino invisibile. Il trattore senza trattorista
Erano
5 secoli che provavano a pensare un’agricoltura senza contadini e
braccianti. Senza l’uomo nei campi. Deve essere l’effetto
dell’invisibilità sociale e politica del contadino nel cosiddetto “mondo
occidentale” che li ha convinti che nei campi non ce ne fossero proprio
più. Infatti ora dicono che sono capaci di coltivare senza la presenza
dell’uomo sulle macchine.
Loro – quelli che lo dicono da ultimi – sono quelli della Case IH e New Holland Agriculture, i marchi di macchine per l’agricoltura del Gruppo CNH Industrial[1] , che hanno realizzato un prototipo di trattore “intelligente” senza conducente e lo hanno presentato il 20 febbraio di quest’anno
nelle piane della cerealicultura francese, perché si dicono preoccupati
che nei paesi grandi produttori di cereali “non si trova manodopera”.
Sarà vero? L’operatore di questo trattore, o, magari di diversi di
questi trattori, sarà “in ufficio” per controllare che tutto vada bene,
davanti ad uno schermo.
Ma si, sono quelli della FIAT. Anzi lo erano.
CNH Industrial N.V. (“CNH Industrial” or the “Company”) is incorporated in, and under the laws of, the Netherlands. The Company was formed as a result of the business combination transaction (“Merger”) between Fiat Industrial S.p.A. (“Fiat Industrial”) and CNH Global N.V. (“CNH Global”). (29 sett. 2013).
Il
29,6% di questa nuova compagnia appartiene ad EXOR N.V che è una delle
principali società d’investimento europee ed è controllata dalla
Famiglia Agnelli. Gli italiani. Sede legale nei Paesi Bassi, dove c’è
tassazione più favorevole.
Il trattore che ora è diventato intelligente perché senza conduttore, era all’origine un Case Magnum,
cioè un attrezzo il cui prezzo varia tra 200 e 300 mila euro secondo i
vari modelli. Un tipico trattore da azienda contadina! La trasformazione
annunciata gli consente di arare e seminare evitando problemi, ma gli
consente anche di incamerare moltissimi dati che poi saranno usati da
banche, assicurazioni e società finanziarie per avere delle migliori
previsioni sui raccolti e fare puntate con meno rischi nella scommessa
dei contratti a termine (future)
su cereali e su previsioni di vendita per altri prodotti, come sementi e
concimi. Lentamente prende forma un’agricoltura senza agricoltori con
un’unica lunga catena del valore facilmente controllabile dal capitale
finanziario e da imprese via via sempre più “monopoliste”.
Certo
di idee-miracolo l’industria, a monte ed a valle della produzione
agricola e di alimenti, ne ha sfornate senza limiti e senza modestia nel
corso degli anni. Che dire dell’agricoltura di precisione con i droni
che danzano tra i filari delle vigne? E le sementi miracolo? E il boom
dei mercati d’esportazione? Queste idee “vincenti” sembrano avere una
sorta di regola d’oro: fare sparire il lavoro nei campi per entrare –
finalmente – nel futuro e nella modernità. Dai villaggi bruciati della
rivoluzione industriale inglese alla desertificazione provocata
dall’agricoltura industriale attraverso il pianeta, l’abbandono del
lavoro agricolo viene presentato come una conquista di civiltà e di
modernità. E, quindi, trattori intelligenti e droni nei campi e
“contadino-soprammobile” guardiano della natura e del paesaggio,
macchietta pubblicitaria del “made in Italy”, “custode” delle sementi di
varietà locali e “cuciniere” di pasti tradizionali o “in cerca di
moglie” nei reality. Ma soprattutto un contadino lontano dai campi. La
terra la diamo a chi la sa far fruttare, con aziende di grandissime
dimensioni, con stalle robotizzate di 2.000 vacche. Diamola a chi
schiaccia il lavoro nei campi sotto il peso di condizioni sempre più
misere e si illude che si possano produrre alimenti sani, di qualità,
sostenibili senza il lavoro, il cuore e l’intelligenza di donne ed
uomini che vivono con la terra e della terra. Ma si, evviva
l’agricoltura punto 4!
[1]
“CNH Industrial N.V. (NYSE: CNHI /MI: CNHI) è un leader globale nel
settore dei Capital Goods con una grande base industriale, un’ampia
gamma di prodotti e una presenza geografica a livello mondiale. Tutti i
marchi del Gruppo sono attori internazionali di grande rilievo nei
rispettivi settori: Case IH, New Holland Agriculture e Steyr – trattori e
macchine per l’agricoltura; Case e New Holland – macchine per le
costruzioni; Iveco – veicoli industriali; Iveco Bus e Helieuz Bus –
autobus; Iveco Astra – veicoli cavacantiere; Iveco Magirus – mezzi
antincendio; Iveco Defence Vehicles – mezzi per la difesa e la
protezione civile; e FPT Industrial per motori e trasmissioni. Ulteriori
informazioni sono disponibili sul sito www.cnhindustrial.com”.
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