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30/08/2017

Gianni Lemmetti e le svolte a cinque stelle

Il passaggio di Gianni Lemmetti alla giunta romana di Virginia Raggi pone alcuni elementi di lettura che, provenendo da Livorno, possono essere utili anche nella capitale. Qualche passaggio, meno noto alle cronache nazionali, può aiutare a inquadrarli. Prima di tutto, quando la stampa mainstream calò in Toscana, subito dopo la vittoria di Nogarin, alla ricerca del titolo a effetto, come sempre, poco si curò di quanto era accaduto. Infatti la vittoria di Nogarin era qualcosa di ben diverso da quella di Pizzarotti, per composizione politica e fatti accaduti. Nogarin aveva certo ottenuto il 19 per cento al primo turno delle elezioni del 2014, come Pizzarotti, ma a differenza di Parma non pescò al secondo turno in un elettorato d’opinione o comunque politicamente fluido.

La vittoria di Nogarin fu infatti l’effetto di una reale e pubblica convergenza che permise, visibilmente e pubblicamente, al Movimento 5 stelle di presentarsi al ballottaggio del 2014 non con un patrimonio del 19 per cento, quello ottenuto nelle urne, ma con quello, frutto di una convergenza, del 41 (contro il 39 del centrosinistra che si trovò improvvisamente secondo). I fatti, a chi li conosce, sono abbastanza noti. Tra il primo e il secondo turno delle amministrative di tre anni fa le due liste civiche e di sinistra presenti sul territorio appoggiarono pubblicamente Nogarin. Questo dopo una riunione, tenutasi nella periferia livornese, dove per l’appoggio a Nogarin fu chiesta, e ottenuta, l’assenza di Grillo nella fase calda elettorale. Grillo era ritenuto un elemento divisivo e semplificatorio allo stesso tempo: le elezioni dovevano essere un fatto locale, giocate su dinamiche locali. Lo stesso Nogarin, come ricordano i presenti, alla riunione decisiva chiese aiuto per governare una città fermandosi a dinamiche, ed esigenze di governo, tutte locali.

Nogarin, arrivato in politica da pochissimo tempo, a differenza di Pizzarotti, si trovava così a capitalizzare il riflesso elettorale di oltre un decennio di seria opposizione territoriale al centrosinistra su molteplici temi. Opposizione fatta da movimenti, collettivi, comitati, occupazioni, sindacati di base etc.

Cosa è accaduto subito dopo la vittoria di Nogarin, che ha portato grillini e sinistra ognuno per la propria strada, meriterebbe un capitolo a parte. Ma qui il punto sono i fatti da leggere in un contesto nazionale. Poche settimane dopo la vittoria, e la rarefazione della presenza del mainstream mediatico nazionale (con le sue modalità di rappresentazione da società dell’avanspettacolo), Grillo si presentò a Livorno a festeggiare il risultato elettorale.

Lemmetti diventò invece assessore al bilancio nell’agosto del 2014, dopo un paio di mesi di difficili trattative all’interno del M5S, a grillizzazione compiuta della vittoria livornese. In poche parole, un tipo di assessore da normalizzazione grillina, con le proprie idee di tenuta del bilancio, lontano da movimenti e sindacati. E per “normalizzazione” si intende non solo verso l’esterno ma anche all’interno. Prima della stabilizzazione della posizione di Lemmetti in giunta – ricordiamo è arrivato due mesi dopo la vittoria di Nogarin – i “livelli” di governo del Movimento 5 stelle erano: meetup, gruppo consiliare, giunta, sindaco. Spesso in una confusione, e in una sovrapposizione, di ruoli piuttosto forte. Con i meetup capaci di silurare, tra l’altro immeritatamente, un assessore in 24 ore o di fare le verifiche dei mandati degli assessori. Oppure col gruppo consiliare in grado di opporsi dialetticamente verso giunta e sindaco.

Quando Lemmetti è andato via, passando a Roma, l’assessora che è subentrata è stata nominata nottetempo. Col resto dei soggetti prima citati semplicemente spiazzati. Lemmetti è così attore e prodotto, assieme, di una normalizzazione, e di una verticalizzazione dei livelli di decisione, interna ed esterna al Movimento 5 stelle locale. Il fatto che sia stato scelto per Roma, con la complessa situazione della capitale, fa pensare che Lemmetti possa essere usato anche nel Lazio, tenendo conto di un contesto ben diverso, per queste funzioni. Vista la benedizione dei vertici M5S sul suo operato e visto, anche, che a Roma è stato preceduto – ad Acea – dall’avvocato Lanzalone, che a Livorno è stato consulente dell’amministrazione sulla delicata vicenda del concordato preventivo di Aamps (la municipalizzata dei rifiuti).

La persona Lemmetti è seria, su questo non ci sono dubbi. E sicuramente il Movimento 5 stelle romano, a costo di causare crisi a Livorno come sta accadendo, ha comunque bisogno della sua capacità di stabilizzazione, se riesce a farla valere. Vista dalla Toscana infatti, la sequenza di assessori al bilancio nel comune capitolino è sembrata anche un affare di chiacchiere e distintivo che saltano, di caratteri che evaporano di fronte al lato crudo della politica. Lemmetti, almeno in Toscana, ha dimostrato sul campo di non spaventarsi. Detto questo, il problema appare politico, non riguarda solo Roma o Livorno ma, cosa non da poco, l’idea di governo, e di governance visto che si parla di enti locali, del Movimento 5 stelle.

Lemmetti ha una mentalità da ala anarco-liberista, imbevuta nella concezione della restrizione del bilancio pubblico (non è mai entrato, ad esempio, in contrasto con il patto di stabilità). Le sue posizioni espresse pubblicamente in consiglio comunale contro l’economia keynesiana – leggi intervento pubblico nell’economia – valgono più di qualsiasi articolo scritto. Del resto i tagli al sociale a Livorno (e le proteste dei lavoratori del settore) contenuti nelle manovre di bilancio, per quanto i bilanci comunali siano sempre più col “pilota automatico” inserito dal governo, chiariscono ogni dubbio in materia.

Anche il concordato preventivo, oggetto di un complesso scontro a Roma sulla questione Atac, sulla municipalizzata dei rifiuti livornese ha bisogno di una precisazione. Ha effettivamente salvato una azienda mal messa, tenendola fuori per adesso dalla rete toscana delle aziende dei rifiuti pensata dal Pd, ma almeno a due condizioni precise. Aumentando, con criteri da flat tax, la tassazione sui rifiuti e concorrendo a intervenire – basta leggere la relazione del curatore del concordato preventivo – sul contenimento del costo del lavoro.

Sul rapporto di Lemmetti col sistema bancario, per la questione Aamps e Spil (la partecipata che gestisce un ampio patrimonio immobiliare), è stato detto molto, di diverso segno, e possiamo anche mettere il tutto tra parentesi. Tanto il complesso bancario-immobiliare e finanziario romano è così differente da quello livornese, per complessità e dimensioni, che i paragoni servono a poco.

Una cosa, però, va notata. L’uomo, nonostante sia stato “acquistato” dal Movimento 5 stelle romano, vista dalla Toscana, per una evidente carenza di “mediani interdittori a centrocampo”, è anche incline alla concertazione. Sulla stampa livornese, infatti, non è sfuggito lo scambio di complimenti pubblici, tra Lemmetti e il suo predecessore del PD (area Monte dei Paschi...), riguardo all’impianto di tenuta, passato e presente, dei conti pubblici. Questo, in fondo, per dire cosa: Roma acquista un uomo d’ordine, interno ed esterno, con una concezione anarco-liberista, in salsa austerity dei conti comunali, dei bilanci pubblici.

Il metodo – quello di trasferire persone senza considerare le esigenze delle autonomie locali – a Livorno messo in discussione nello stesso gruppo consiliare M5S, ci dice molto anche del significato politico di questa scelta.

In generale, e alla fine, cosa possiamo dire: quello che nel Movimento 5 Stelle tiene sul piano della opinione pubblica al momento elettorale (mettere insieme opzioni di destra e di sinistra) non tiene sul piano della materialità di governo, dei concreti interessi divergenti che si manifestano ad ogni passo. Si tratta di scegliere, spesso in condizioni di drammatica complessità, e la parabola politica di Lemmetti porta l’asse di queste scelte verso destra e verso un sistema di verticalizzazione delle decisioni.

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