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23/08/2017

L'esercito libanese avanza contro L'Isis. Attentato a Damasco

di Michele Giorgio

Prosegue l’operazione dell’esercito libanese “Alba di Jroud” contro lo Stato islamico lungo la frontiera tra il Paese dei Cedri e Siria. Le tv libanesi da tre giorni mandano in onda immagini dell’artiglieria che fa fuoco verso bersagli lontani e di mezzi blindati che avanzano sulle colline tra Ras Baalbek e al Qaa. Decine di jihadisti sarebbero stati uccisi o fatti prigionieri e, stando ai media locali, sono già stati liberati 2/3 dei circa 150 kmq di territorio libanese occupati per anni dall’Isis. L’operazione in corso segue quella lanciata con successo a fine luglio dai combattenti del movimento sciita libanese Hezbollah nell’area di Arsal contro i miliziani di Hay’at Tahrir al Sham, composto in prevalenza dai qaedisti dell’ex Fronte an Nusra. Senza copertura anti-area e con poche munizioni la resistenza dei miliziani dell’Isis si sta rivelando meno intensa del previsto. Il pericolo maggiore per i militari libanesi sono le mine. Ieri tre soldati sono morti quando il veicolo sul quale viaggiavano è finito su un ordigno esplosivo.

I comandi militari libanesi e una parte dei media continuano ad oscurare che l’Esercito siriano e i combattenti di Hezbollah in queste stesse ore avanzano rapidamente nella adiacente regione del Qalamoun, sul versante siriano del confine, in particolare nei distretti di Jurod Qara e Al Jarajir, stringendo da Est la morsa su centinaia di miliziani dell’Isis, non pochi dei quali si sono arresi e hanno già ceduto il controllo del transito di Zamrani. Beirut nega qualsiasi coordinamento con le forze di Damasco e con Hezbollah per non imbarazzare gli Usa, che sostengono con esperti militari l’Esercito libanese durante le operazioni in corso. Appena qualche giorno fa Washignton ha consegnato al Libano otto dei 32 veicoli da combattimento Bradley e 10 mezzi blindati promessi da tempo e nell’ultimo anno ha rifornito le truppe libanesi con pezzi d’artiglieria, veicoli da trasporti, armi automatiche, munizioni, visori notturni e radio. Forniture tuttavia insufficienti rispetto alle necessità delle forze armate libanesi. Gli Usa tuttavia evitano di fornire armi pesanti all’esercito di Beirut su pressione, pare, di Israele.

Intanto in Siria il lento ritorno alla calma registrato in questi ultimi mesi, dopo gli accordi sulla zone di de-escalation mediati dalla Russia, ha subito ieri una battuta d’arresto proprio a Damasco dove sei civili, tra cui due donne, sono stati uccisi dall’esplosione di un razzo caduto vicino alla Fiera Internazionale in corso nella capitale siriana per la prima volta dal 2011 e alla quale prendono parte, a titolo personale, anche i manager di imprese dei Paesi occidentali che boicottano Damasco. Decine di altre persone sarebbero rimaste ferite nell’attacco. Sabato scorso, nei pressi di Latakiya, un altro attentato terroristico aveva fatto tre vittime. D’altronde lo stesso presidente Bashar Assad ieri ha gettato acqua sull’entusiasmo di alcuni dei suoi collaboratori che già parlano di vittoria definitiva e di fine della guerra che ha devastato il Paese. Per Assad ci sono “segni di vittoria” ma la la vittoria, ha aggiunto, non è stata ancora raggiunta.

E infatti si combatte ancora e le forze aeree russe, alleate di Damasco, hanno annunciato di aver colpito un convoglio di militanti dello Stato Islamico sulla strada verso la città di Deir a-Zor, nel Est della Siria, uccidendo almeno 200 jihadisti. “I bombardieri e l’aviazione militare delle forze aerospaziali russe hanno distrutto oltre 20 veicoli fuoristrada dotati di armi di grande calibro e lanciagranate, nonché veicoli blindati, compresi carri armati e carri pesanti con munizioni. In tutto sono stati eliminati oltre 200 miliziani”, scrive oggi il ministero della difesa di Mosca. Altre fonti parlano di 70 jihadisti uccisi. L’Isis ha concentrato le sue forze intorno a Deir a-Zor dopo essere stato cacciato a sud di Raqqa e a est di Homs dalle forze armate siriane.

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