Lo spettro Sabaudo torna ad aggirarsi per l’Italia. La ciliegina sulla torta ce l’ha messa la popolare ex conduttrice di Report, Milena Gabanelli, prendendo parte a sostegno del ministro degli Interni Minniti, della sua visione della società e del suo “pragmatismo” nella soluzione del problema immigrazione.
In un passaggio successivo dell’intervista rilasciata a Radio Cusano, la Gabanelli opera poi una piegatura dei problemi generali agli interessi di pancia: i propri. “Come è possibile che un palazzo come quello sia stato occupato? Quello era un edificio presidiato, perché gli uffici che occupavano quello stabile si erano trasferiti. In attesa di trovare nuovi inquilini era stata messa una organizzazione di security a presidiare l’edificio. E’ arrivato un gruppo di energumeni (gli occupanti nel 2013, ndr) a dire “o sloggiate voi o vi facciamo sloggiare con la forza”. Ma quello stabile è di Idea Fimit, la più grossa SGR italiana. Bisogna organizzarsi per rendere sempre produttivo quello stabile, perché al valore di quello stabile è legata la mia pensione, il più grande azionista di quella SGR è l’Inps”. Nulla di originale, visto che gli stessi argomenti erano proposti da IlSole24Ore, con una firma un po’ più “popolare”...
Non sappiamo se effettivamente la Gabanelli tema per le casse dell’Inps come altri lavoratori o abbia invece investito sulla sua futura pensione negli assai più generosi trattamenti previdenziali dell’Inpgi (l’ente previdenziale dei giornalisti, ndr).
La sincronia tra discorsi generali e interessi di bottega è parte delle umane miserie, ma diventa tossica quando viene manifestata da personaggi pubblici che con inchieste e denunce, negli anni, hanno acquisito credibilità, consensi, simpatie per restituire poi – nei momenti decisivi – messaggi funzionali al potere costituito. Lo abbiamo già visto con i Benigni, i Santoro e i Lerner nel referendum sulla controriforma costituzionale del dicembre scorso.
Ma l’endorsement della Gabanelli al ministro Minniti è solo un aspetto di una gigantesca regressione politica, civile, democratica e sociale in corso nel paese dal 2011, quello del governo Monti e Fornero, quello della lettera della Bce. Questa regressione è pregna di un modello di società e di relazioni sociali che non richiama tanto il ventennio fascista quanto il “modello Sabaudo”, quello della monarchia piemontese che divenne dominante in tutta Italia dalla seconda metà dell’Ottocento.
La rigidità, il cinismo ed infine la brutalità del regime sabaudo vengono studiati pochissimo e compresi ancora meno. Solo pochi ne hanno colto l’essenza, indagando però solo sulla spietata repressione del brigantaggio nel Meridione o sulle cannonate contro il popolo affamato ordinate dal generale Bava Beccaris.
Il modello Sabaudo è quello che importò il bonapartismo in Italia nella realizzazione di un unico paese rimasto però disuguale e oggi ancora fortemente – e forse maggiormente – asimmetrico rispetto a quello del passato.
Il modello Sabaudo è fortemente centralista intorno allo Stato (ieri monarchico oggi repubblicano) e al dogma delle sue leggi, anche quelle sbagliate. Il modello Sabaudo è autoritario nell’essenza. Aveva una logica coloniale che ha attuato prima brutalmente nel Meridione, poi nel Corno d’Africa e in Libia. Ha operato una feroce concentrazione delle risorse nel nord del paese sottraendole al resto del paese. Mantenendo e alimentando quella disuguaglianza che rende nuovamente attuale e irrisolta la “questioni meridionale”, come la definiva Gramsci.
I dati dell’oggi ci dicono che quella logica sta funzionando ancora e con maggiore forza. Le risorse, i finanziamenti, le tecnologie del nostro paese si sono concentrate nel 20% di imprese che fanno l’80% del valore aggiunto e delle esportazioni in Italia, e quelle imprese sono concentrate geograficamente in un’area che comprende Lombardia, un parte del Triveneto e dell’Emilia-Romagna. In due di queste regioni a ottobre si terranno dei referendum che chiedono una ulteriore autonomia fiscale dal “centro”, per poter aumentare le risorse a disposizione delle imprese.
Ma sono anche le regioni che danno maggiori consensi elettorali ai “moderati” e al Pd, tendenzialmente unificati in un partito bonapartista ben rappresentato da Minniti. I suoi diktat “legalitari” coincidono pienamente ed ideologicamente con quel senso comune in cui – indipendentemente dalla pruderie leghiste – riemerge con forza lo spirito Sabaudo del “noi siamo il motore del paese, gli altri si fottano”.
La crescente asimmetria sociale, economica, politica del nostro paese viene poi incentivata dal bulldozer “europeista”, che segue la stessa logica, legando al suo “nucleo duro” solo le regioni più ricche mentre precipita nelle periferie d’Europa quelle più povere.
Per gestire questa escalation delle disuguaglianze sono necessari autoritarismo e ideologia, non bastano più le slide e le smorfie d’avanspettacolo. Manganelli, leggi, visioni che si pretendono incontestabili e assolute. Da monarchia sabauda, appunto.
A questo servono i Minniti e le Gabanelli.
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