Da mesi la situazione non cambia: ore di scontri a fuoco, missili,
bombe, palestinesi uccisi e poi la calma. Fino alla prossima escalation.
Ieri dopo 24 ore di inferno – con tre vittime da parte palestinese, tra
cui una donna incinta Enas Khammash e la figlia di un anno e mezzo Baya
– e dopo la distruzione del al-Meshaal Building, centro culturale e
teatro dove tante iniziative artistiche e culturali sono state
organizzate, una nuova offensiva israeliana sembrava imminente.
Poi la calma. Nel pomeriggio Hamas ha ridotto il lancio di
razzi verso il territorio israeliano e annunciato di non voler andare
oltre. E in serata sarebbe entrata in vigore un cessate il fuoco, dietro
mediazione dell’Egitto. E’ quanto fanno sapere due funzionari palestinesi, perché da parte israeliana non ci sono conferme.
Vero è che da ieri sera il cielo di Gaza non rimbomba di esplosioni. Secondo la Reuters
la tregua sarebbe entrata in vigore dalle 22.45, ora italiana. Identica
la versione di un diplomatico straniero che ne ha parlato con il
quotidiano israeliano Haaretz, aggiungendo che non si tratta però di un più ampio accordo di tregua ma di una soluzione temporanea.
La ragione della prudenza israeliana sta forse nelle
possibili reazioni dell’opinione pubblica e in particolare degli
israeliani residenti vicino la Striscia di Gaza: se governo ed
esercito non sono particolarmente vogliosi di andare all’offensiva, a
lanciare un nuovo intervento, non sono poche le pressioni da parte di
una parte dell’opinione pubblica. A ciò si aggiunga la volontà
israeliana di porre definitivamente fine alla Grande Marcia del Ritorno,
iniziata il 30 marzo e mai conclusa.
Per ora, però, aggiungono fonti interne ad Haaretz, non si procederà: dopo
quattro ore di riunione al quartier generale dell’esercito a Tel Aviv, i
vertici militari e politici hanno deciso di evitare il lancio di
un’operazione militare a meno di un nuovo lancio di missili.
Resta il dolore per le vittime, per le decine di ferite, di cui 18 nella distruzione
del al-Meshaal Cultural Center, un luogo di arte, creatività e ritrovo
per tante famiglie e tantissimi giovani gazawi che qui facevano teatro,
circo, cultura. La giustificazione data da Israele: l’edificio
era usato come quartier generale di Hamas e la sua distruzione è stata,
dice l’esercito, la reazione a un razzo che – per la prima volta dal
2014 – ha raggiunto la città di Beersheva, senza provocare danni.
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