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10/08/2018

Corrado Passera: come creare un disastro e poi lucrarci sopra

Una notizia che non avrà colpito molti, tranne gli addetti ai lavori della finanza.

Corrado Passera è nuovamente presidente di una banca (sai che novità, direte...). Questa si chiama Illimity, che già nel nome aspira a rappresentare l’idea stessa di accumulazione senza fine. Non è un grande istituto, e nasce dalla fusione della Bance Interprovinciale di Modena e Spaxs, che si era presentata come una Special Purpose Acquisition Company, ossia uno strumento di investimento “per creare un operatore italiano che serva al meglio le PMI, comprese quelle in difficoltà, partecipi attivamente al mercato delle sofferenze bancarie e offra servizi molto competitivi di digital banking”.

Detto così, in linguaggio asettico, sembra una cosa “buona”, con un occhio alle piccole e medie aziende alle prese con problemi storici di liquidità, gestione troppo familiare e poco professionale, debiti pregressi e mercato estero irraggiungibile.

Non è proprio così... Uno dei primi obiettivi della nuova banca di Passera infatti è l’acquisizione di circa 2 miliardi di non performing loans, ossia “debiti incagliati”, prestiti che non rientreranno, ecc, accumulati proprio dalle piccole e medie imprese.

Per capire bene di che si tratta bisogna fare un passo indietro, quando lo stesso Passera divenne ministro dello sviluppo economico e anche di quello delle infrastrutture nel governo Monti. Passera veniva dal mondo bancario, era stato artefice della trasformazione di Poste Italiane da “volgare” società pubblica che distribuiva la posta cartacea e raccoglieva il risparmio dei pensionati (non ridete: la Cassa Depositi e Prestiti si regge su questo, con 410 miliardi di attività) a “quasi banca”. Aveva anche guidato la fusione tra Istituto San Paolo di Torino e Banca Intesa a sua volta risultante dalla fusione tra l’omonimo istituto e Banca Commerciale Italiana.

Con questo background sedeva autorevolmente tra i “grandi tecnici” del governo che aveva sostituito nel giro di pochi giorni il vecchio baraccone berlusconiano, grazie all’intercessione di Giorgio Napolitano e su indicazione precisa scritta nella famosa “lettera della Bce”, dell’agosto 2011.

Quel governo, con Passera dentro, aprì una feroce stagione di austerità, con tagli alla spesa pubblica, inasprimento della pressione fiscale, riforma Fornero delle pensioni (con qualche centinaio di migliaia di esodati rimasti improvvisamente senza lavoro, lontani dalla pensione e con ammortizzatori sociale in scadenza).

Risultato: consumi di massa a picco e imprese operanti soprattutto sul mercato interno in crisi nera. Quindi altri licenziamenti di massa, quasi senza più ammortizzatori sociali, e dunque aggravamento della crisi. Migliorò lo spread, e tanto doveva bastare...

Piccolo problema collaterale: le imprese che fallivano, naturalmente, non ripagavano alle banche i prestiti ricevuti. Così le “sofferenze” del sistema bancario passarono in pochi mesi da 50 a 380 miliardi. Altri licenziamenti, questa volta dei bancari, fusioni, fallimenti, acquisizioni a prezzo di saldo.

Ma anche le “sofferenze”, i crediti inesigibili, hanno un loro valore, e dunque un mercato di “esperti” che riesce a cavare sangue dalle rape mischiando, cartolarizzando, nascondendo e rivendendo debiti.

Diciamo che come ministro dello “sviluppo economico” Passera andava licenziato subito. Lo fu, con tutto il governo Monti.

Anche come banchiere avrebbe dovuto aver finito la carriera, visto quel che aveva combinato... E invee no.

Torna, dunque. E in che ruolo? Il quello di presidente di una banca che guadagna con lo smaltimento della massa di crediti inesigibili che lui stesso aveva generato come ministro!

Il processo era ovviamente già in corso, visto che le banche sopravvissute allo tsunami stanno facendo questa operazione da qualche anno, spesso “rivendendo” quei titoli di debito al 20% del valore nominale.

Direte: ma com’è possibile guadagnare svendendo a un quinto del valore nominale?

Si può fare, si può fare... Intanto perché sei tu, come banchiere, ad acquistare quei debiti a un quinto del valore. In secondo luogo perché ogni debito che si rispetti – proprio come i mutui – ha una “garanzia reale”. Ossia case, immobili, conti bancari, fabbriche, stabilimenti, terreni agricoli, aziende collegate, ecc.

Tutta roba che ha oggi un valore molto superiore a quel 20% del titolo di debito, perché era la garanzia più o meno “paritaria” di un prestito. Detto da salumieri: la banca ti prestava 100 ma pretendeva un’ipoteca su qualcosa che valesse più o meno quella cifra. Dopo il fallimento (dell’azienda o magari della banca), quel titolo finanziario viene acquistato a 20 ma apre la strada alla “realizzazione” – vendita all’asta, oppure diretta, ecc. – di un bene concreto che ha mantenuto più o meno il suo vecchio valore.

Questa differenza costituisce il business di Passera, passato come Gengis Khan sul tessuto produttivo italiano.

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