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14/08/2018

“It’s bigger than me…” Competizione elettorale e lotta socialista nell’America di Trump

Alcune primarie del partito democratico si svolte la scorsa settimana per la candidatura a diverse cariche insieme ad alcune elezioni per importanti ruoli all’interno del territorio statunitense.

Questa tornata elettorale di “selezione” ci permette di fare un quadro dei risultati degli esponenti per cui i DSA (Democratic Socialists of America) hanno attivamente fatto campagna e in generale dell’avanzamento di alcune istanze “radicali” abbracciate anche da candidati che non hanno ricevuto l’endorsement diretto da parte del senatore – ex-candidato alle primarie del Partito Democratico per le presidenziali – Bernie Sanders, e dall’astro nascente dell’ala radicale del partito, la giovane candidata per il 14° distretto di New York alle mid-term di novembre Alexandria Ocasio Cortez.

I contenuti delle proprie proposte non vengono portati avanti dai DSA con un “sermone” su cosa sia il socialismo.

Ocasio-Cortez dice che preferisce “mostrare alla gente per cosa stiamo combattendo. Quello di cui parlo è Medicare for All, università pubblica gratuita e alloggio come diritto umano. Nella mia interpretazione di cosa sia il socialismo democratico, è la lotta per un livello basilare di dignità che la nostra società deve rifiutarsi di violare”.

Kaniela Ing, candidato alle primarie del Partito Democratico alle Hawai sostenuto dai DSA, dice: “Di solito, quando parlo di soldi in politica o di governo che non ci rappresentano, questo trascende qualsiasi contrapposizione sinistra-destra. La maggior parte delle persone vede il mondo dal basso verso l’alto: sei con noi o loro?”

I candidati alla DSA che corrono per delle cariche, e i membri delle DSA che bussano alla porta, articolano il socialismo come un insieme di buonsenso e pratiche positive: rifiutare le donazioni del big business, sostenere grandi programmi universali che promettono di ridistribuire le risorse della società in modo più equo e restituire le decisioni nelle mani delle persone più deboli.

L’exploit di Bernie Sanders nel 2016, e la vittoria di Trump hanno scompaginato le carte della politica statunitense, e questa dinamica di polarizzazione non sembra accennare a fermarsi cambiando le “regole del gioco” tra Repubblicani e Democratici e la geografia politica che si era fin qui consolidata nei vari stati.

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Come ha brillantemente sintetizzato Theo Anderson su “In These Times” le elezioni: “hanno dato una risposta netta alla narrazione di Trump e sono servite per smentire l’affermazione che politiche di sinistra non possono vincere nel Midwest”.

Quest’ultimo concetto era stato espresso da un membro dell’establishment democratico Tammy Duckworth dopo la vittoria alle primarie della Cortez, cercando di depotenziare il significato del suo successo e allo stesso di relativizzare la sfida che le istanze portate avanti dalla ventottenne di origini portoricane hanno lanciato alla Corporate America, sia repubblicana che democratica.

Tre dati emergono nell’analisi di Anderson: il primo è quello della smentita del succitato giudizio di Duckworth e fa l’esempio del Kansas, dove James Thomson, un procuratore progressista, ha vinto la nomination nel 4° Distretto con una piattaforma che sostiene l’assistenza sanitaria per tutti, la legalizzazione della marijuana, modifiche nel sistema giudiziario-penale, investimenti in programmi per far scomparire la condizione di homeless, insieme ad altri punti di un programma organicamente progressista.

Sebbene l’altro candidato sostenuto attivamente da Sanders e dalla Cortez – Brent Welter, che gareggiava nel Terzo Distretto – sia stato sconfitto, la vincitrice della selezione è una donna “nativa americana”: Sharice Davids, che se eletta a novembre, sarà la prima esponente donna di origini nativo americane ad entrare al Congresso.

Il secondo punto è la vittoria al referendum nel Missouri, in cui è stata rigettato con ampio margine un provvedimento legislativo anti-sindacale (“right to work”), grazie ad una campagna “porta a porta” che ha sfidato la macchina propagandistica della controparte, impedendo a questo Stato di essere il 28° ad adottare una legislazione anti-sindacale.

Naturalmente, anche se questa vittoria non può essere esclusivo appannaggio della DSA, va nella direzione da loro sostenuta: bisogna ricordare che alla Convention biennale del 2017 della DSA, le tre priorità politiche fissate, oltre alla campagna Medicare for all, e allo sviluppo della strategia elettorale, c’è il rafforzamento e l’impulso militante nei sindacati.

Così John Nichols, giornalista politico per “The Nation” spiega il senso storico della vittoria in Missouri, in una intervista a “Democracy Now!”:

“Per me, il segnale più potente è venuto dal Missouri. E nel Missouri, abbiamo visto una legge sul diritto al lavoro approvata da un governatore repubblicano appena eletto, in combinazione con la Legislatura repubblicana. Lo abbiamo visto in tutto il paese, in posti come il Wisconsin, il Michigan e l’Indiana, poiché interessi molto potenti hanno spinto queste leggi sul diritto al lavoro, che, ovviamente, sono una legislazione contro il lavoro, intesa a rendere difficile per il sindacato l’organizzazione e la contrattazione collettiva, oltre a poter partecipare al processo politico. Nel Missouri, tuttavia, hanno avuto la possibilità di mettere la legge al voto, permettendo di capovolgerla. E con un margine di 2 a 1 – numeri notevoli – in Missouri hanno respinto la legge anti-lavoro. Questa è una delle maggiori vittorie del lavoro organizzato in anni recenti. Parallelamente a ciò che abbiamo visto in Ohio nel 2011, quando hanno approvato una legge anti-lavoro e ha anche in quel caso hanno perso il referendum all’incirca con un margine di 2 a 1.

Quindi penso che sia un risultato molto, molto grande e su cui dobbiamo prestare molta attenzione.”

Sempre in questo campo, la sfida per il governatore del Michigan vedrà contrapposti la candidata democratica Gretchen Whitmer – che ha battuto Abdul El-Sayed, il candidato sostenuto da Sanders e dalla Cortez – e Bill Schuette, allineato con Donald Trump.

La Whitmer sostiene il salario minimo a 15 dollari – che è una dei punti nodali delle proposte dei DSA – e l’abrogazione del “right-to-work”, sebbene come spiega Zaid Jilani, reporter di “The Intercept”, nell’intervista citata a “Democracy Now!”:

“Whitmer era fondamentalmente il candidato dell’establishment per antonomasia. Sai, è venuta dalla legislatura statale. Era sostenuta da praticamente tutti i sindacati dello stato, con l’eccezione, credo, delle infermiere del Michigan. Era figlia dell’amministratore delegato di Blue Cross Blue Shield. I loro lobbisti hanno raccolto $ 144.000 per lei in un singolo evento. E lei fondamentalmente aveva il sostegno della maggior parte dei funzionari eletti in tutto lo stato.”

Il terzo punto è che le donne e le “minoranze” sono state protagoniste, un processo in parte attribuibile alla contrapposizione alla politica misogina e sessista di Orange Man. In Michigan, per esempio, 8 donne hanno vinto la nomination per la candidatura al Congresso, su 14 competizioni elettorali.

Uno dei successi più clamorosi è la vittoria di Rashida Tlaib, palestino-americana – sostenitrice della causa palestinese – che ha vinto nel 13° Distretto del Michigan, e diventerà con ogni probabilità la prima donna mussulmana a sedere al Congresso.

Ha fatto campagna elettorale con una piattaforma progressista sostenuta dai DSA, Our Revolution e Justice Democrats.

Tlaib, era stata cacciata durante una contestazione ad un rally di Trump gridandogli che avrebbe voluto sapere se avesse mai letto la Costituzione.

Un’altra vittoria importante del campo progressista è stata quella di Wesley Bell, che correva per la carica di procuratore a St. Louis nel Missouri.

Wesley Bell si scontrava a Ferguson con un avversario che non ha risposto in modo efficace, mal-gestendo il caso Brown.

Bell era un consigliere comunale di Ferguson che gareggiava contro l’ex procuratore, con 28 anni di anzianità, correndo con una piattaforma di riforma della giustizia penale, affrontando la questione della cauzione sui contanti, uno degli aspetti più “classisti” del sistema giudiziario a Stelle-e-Strisce – la cui abolizione è propugnata a gran voce da Bernie Sanders – sollevando tutte le questioni critiche rispetto al sistema giudiziario-penale e vincendo con un margine di riguardo: 57 a 43 circa.

Bell, esempio di una nuova generazione di avvocati impegnati nelle cause dei diritti civili e della riforma del sistema penale e giudiziario: “E so che è più grande di me. Si tratta di un cambiamento che, di nuovo, non riguarderà solo la contea settentrionale, ma la contea meridionale, la contea occidentale, la contea centrale...”

Ricordo che ciò che è successo a Ferguson circa 4 anni fa è stato il detonatore di un uno processo di presa di coscienza, che non riguarda solo gli afroamericani.

Il corpo di Mike Brown crivellato di pallottole, benché disarmato, dall’agente Darren Wilson, il 9 agosto 2014, ha colpito l’immaginario non solo dei giovani afro-americani del Paese.

Mentre la polizia in assetto da guerra trasformava l’abitato nel teatro bellico di una città in stato di occupazione, il cadavere del ragazzo veniva lasciato inspiegabilmente per quattro ore a terra senza che giungesse l’ambulanza.

L’oltraggio del corpo della vittima, con i poliziotti armati di fucili che si sono mossi verso il luogo dell’assassinio – dove la madre aveva deposto alcune rose; “e ci hanno fatto pisciare i loro pastori tedeschi” secondo la testimonianza di Tef Poe – rimanda direttamente alla memoria il periodo peggiore dei linciaggi nel sud segregazionista, quando gli afro-americani impiccati dal Ku Klux Klan penzolavano come gli strange fruits della famosa canzone della Signora del Blues.

Nonostante le mobilitazioni successive e questo scatto di coscienza, nessuno “ha pagato” per l’omicidio del giovane afro-americano disarmato.

***

Sarà oggetto di un contributo successivo l’impetuoso sviluppo dei DSA, l’analisi delle campagne che sta conducendo e lo stile di lavoro politico, qui ricordando semplicemente che i suoi successi sono il frutto di un attitudine militante di base, di una attività non “schiacciata” solo sulle competizioni elettorali – come la campagna sull’abolizione dell’agenzia governativa ICE – che sta facendo entrare nel dibattito pubblico mainstream alcuni nodi politici rilevanti, tra cui la messa in discussione della politica estera statunitense e del finanziamento dell’apparato militar-industriale, a discapito delle garanzie sociali dei più.

Un altro tabù che sta cadendo nel “discorso pubblico” nord-americano.

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