Giusto un esempio, fresco fresco, per evidenziare il problema.
Sentite dire da anni che in Siria avvengono spesso bombardamenti che non guardano troppo per il sottile e colpiscono spesso anche i civili (ed è verissimo). Sentite dire spesso che sono state usate armi chimiche (e qualche volta è vero). Sentite dire che ad usare le armi chimiche è l’esercito di Assad, che regolarmente smentisce, permette il controllo agli ispettori Onu, i quali a volte certificano che non hanno trovato tracce di armi chimiche o gas, altre volte lasciano il dubbio.
Non siamo degli ingenui. Sappiamo benissimo che nelle guerre contemporanee il confine tra gruppi combattenti e popolazioni civili è molto esile, sul terreno. E che ogni fazione armata bada prima di tutto a vincere, senza star lì a sottilizzare sui morti che provoca “dall’altra parte”. E’ orrendo, inumano, ma è così.
Dunque non ci ha mai persuaso la propaganda mainstream che, nel grande macello siriano, ci raccontava che c’erano da una parte “gli insorti buoni” e dall’altra gli “stragisti di Assad”. Anche perché, com’è ormai universalmente noto, gli “insorti buoni” erano in genere miliziani di Al Qaeda (do you remenber Bin Laden?) o dell’Isis, sostenuti a giorni alterni da Turchia, Stati Uniti e Israele, oltre ad alcuni emirati del Golfo.
Però, dopo anni di propaganda unilineare contro Assad, ci saremmo aspettati un attimo di riflessione da parte dei cronisti de La Stampa di Torino (storico giornale di casa Agnelli, oggi in pratica una dependance del gruppo De Benedetti-Repubblica) nel darci questa notizia: “Siria, i ribelli usano gas, 107 intossicati ad Aleppo”.
E’ un titolo che rovescia completamente una narrazione pluriennale consolidata, inverte il ruolo tra “buoni” e “cattivi”, o quantomeno rivela che i “buoni” non sono poi proprio angelicati. Ci sarebbe di che scusarsi per la menzogne sparate per anni...
E invece nulla. Si scrive, si va avanti, si fa finta di niente, poi seguirà un editoriale del direttore – quando ci sarà da sostenere gli interessi occidentali contro quelli russi o siriani – che ripeterà le solite giaculatorie, come se lo stesso giornale che dirige non ci avesse raccontato l’opposto.
Per chi è interessato anche ai dettagli, qui di seguito l’articolo a firma Giordano Stabile.
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Oltre cento persone sono rimaste intossicare da gas tossici dopo che i ribelli hanno colpito la periferia di Aleppo con proiettili al cloro lanciati da mortai. Il governo di Damasco parla di 30 “feriti gravi”, compresi molti bambini. La Russia ha chiesto alla Turchia di intervenire per fermare gli attacchi. L’aviazione di Mosca ha compiuto raid di rappresaglia su postazioni nella provincia di Idlib controllate da miliziani jihadisti, legati ad Al-Qaeda. Non è chiaro se ci siano state vittime civili in questi attacchi.
Sono i primi raid da due mesi nell’area di Idlib, da quando un accordo fra Mosca e Ankara ha portato all’istituzione di una zona cuscinetto fra le province di Aleppo e Idlib e a una tregua prolungata. I bombardamenti russi e l’attacco chimico dei ribelli sono stati entrambi confermati dall’Osservatorio per diritti umani in Siria, una ong con sede a Londra, vicina all’opposizione, che dispone di una rete di osservatori su tutto il territorio siriano. L’Osservatorio ha riportato testimonianze di “un forte cattivo odore” e persone con problemi respiratori.
L’agenzia statale siriana ha precisato che i proietti hanno colpito “tre distretti” della metropoli e ferito “107 persone”. E’ il bilancio più grave da quando le forze governative hanno riconquistato la città, la seconda della Siria per importanza dopo Damasco, nel dicembre del 2016. I ribelli però mantengono posizioni a poca distanza dalla periferia occidentale. “Non abbiamo certezza sul tipo di gas usato – ha detto Zaher Batal, un medico alepino citato dall’agenzia Reuters -. Ma sospettiamo che si tratti di cloro in base ai sintomi: difficoltà respiratorie, infiammazioni agli occhi, svenimenti”.
Nessun gruppo ha rivendicato l’attacco. I maggiori sospetti sono però su Hayat al-Tahrir al-Sham, la franchise siriana di Al-Qaeda, che non ha accettato l’accordo di settembre fra Russia e Turchia. I jihadisti conducono una campagna all’interno della provincia di Idlib contro gli altri gruppi di ribelli, finiti sotto l’influenza e in alcuni casi il controllo diretto turco. Ci sono stati una serie di omicidi mirati nei confronti di capi locali e i qadeisti sono sospettati anche dell’uccisione di un attivista anti-regime e anti-islamisti, Raed Fares.
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