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17/08/2020

Caccia alle Streghe

Il periodo che va dal 1450 al 1750 è tristemente noto per gli oltre 100.000 morti causati dalla caccia alle streghe, scatenata dai tribunali religiosi dell’inquisizione che si accanirono in particolar modo sulla figura femminile. L’accusa era quella di aver praticato malefici e adorato il diavolo. Le condanne a morte venivano eseguite dopo che gli accusati erano stati sottoposti a crudeli torture per mezzo delle quali si estorcevano le confessioni. L’inquisizione faceva riferimento agli svariati trattati di stregoneria del tempo tra cui il “Malleus maleficarum” scritto nel 1487 da due preti domenicani Heinrich Kramer e Jacob Sprenger e il “Tractaus de haereticis et sortilegiis”del giurista Paolo Grillandi scritto nel 1536.

Oggi il termine viene utilizzato come metafora quando, nei riguardi di persone o di gruppi si apre, con un certo accanimento al limite della vera e propria persecuzione, un’indagine di pubblico dominio per contrastare il divulgarsi di ideologie, opinioni, concezioni, ritenute pericolose per la società o lo stato, come fu la caccia ai comunisti del senatore McCarthy negli USA degli anni '50.

Nel caso dei furbetti del bonus dedicato alle partite IVA su cui si sono gettati, a caccia dei 600 euro procapite, circa 2000 politici, tra cui sembra ci sia un presidente di regione e almeno 3 deputati che si sono però autodenunciati subito dopo lo scoppio dello scandalo lanciato da “Repubblica”, non si può certo parlare di caccia alle streghe visto che l’incentivo era riservato ai titolari di partite IVA in difficoltà. A tale riguardo una volta Antonio Gramsci, nell’articolo “il popolo delle scimmie”, affermò che la classe politica italiana si è “specializzata in cretinismo parlamentare […] con il parlamento che […]diviene una bottega di chiacchiere e di scandali […] e perde ogni prestigio presso le masse popolari” . Oggi i tempi sono cambianti ma certe cattive abitudini sono rimaste incollate al genoma della nuova classe politica come una sorta di malattia ereditaria.

Infatti i 2000 politici locali, pur beneficiando di uno stipendio mensile rafforzato dai gettoni di presenza, pur non violando la legge, non si sono astenuti dal richiedere il sussidio. Nello stesso periodo già diverse migliaia di persone non hanno percepito un euro nonostante la profusione a valanga di dpcm e delle tante, troppe chiacchiere e rassicurazioni del governo, alle quali hanno fatto eco i mass media nazionali pubblici e privati.

Ma quello che più sconcerta in questa “repubblica delle banane” sono state le “chiacchiere da bottega” e il “cretinismo parlamentare” che si sono espresse tramite il diritto alla difesa della riservatezza, della privacy di istituzioni come l’INPS che dovrebbero essere invece trasparenti come il cristallo di Boemia. Trincerarsi dietro il diritto alla privacy, alla burocrazia, ai regolamenti alle immunità parlamentari, ci riporta indietro ai tempi della “gloriosa prima repubblica” dove era praticamente impossibile sanzionare o espellere i politici che sbagliavano. Ridicola quasi da avanspettacolo di bassa qualità è stata l’audizione del presidente dell’INPS in commissione parlamentare dove non si è fatto il minimo accenno sui 2000 politici locali e su altri due deputati. Anzi è venuto fuori che l’INPS aprirà un Audit interno per far chiarezza sulla fuga di notizie che hanno aperto lo scandalo politico scoppiato guarda caso, in prossimità del referendum sulla riduzione del numero di senatori e parlamentari. Mai ci potrebbe essere pubblicità migliore in favore del taglio dei parlamentari previsto dal prossimo referendum! Certamente la vicenda tipicamente italiana per come è emersa, fa perdere di prestigio e di credibilità la politica che non prevede il controllo del popolo sull’operato dei propri rappresentanti e che non applica la trasparenza sui propri procedimenti amministrativi, trincerandosi dietro il sipario strumentale di una privacy che di fatto non è concessa ai comuni cittadini.

L’altra tormentata vicenda riguarda il premier, che si è visto costretto a correre ai ripari, dopo la pubblicazione sulla stampa dei verbali del comitato tecnico scientifico, utilizzando tutta la cassetta degli attrezzi dell’ottimo avvocato qual è. La vicenda nota è la non tempestiva istituzione della zona rossa nei paesi di Nembro nel Bergamasco e di Alzano Lombardo. Anche qui siamo di fronte ad un episodio che è emerso solo dopo l’istanza di accesso civico da parte della fondazione Einaudi, inoltrata in data 13 Maggio 2020 con la pubblicazione dei cinque verbali riservati del comitato tecnico scientifico istituito per far fronte all’epidemia covid-19 e che non erano stati resi pubblici.

Strano, come cittadino di una repubblica parlamentare, in fatto di sanità pubblica non credevo si dovessero utilizzare forme seppur edulcorate di secretazione. Fatto sta che lo si è fatto ma quel che è peggio sono le dichiarazioni del governo per voce del suo leader massimo che ha affermato: “ho sempre detto che avremo lavorato fianco a fianco con gli scienziati ma mai che avremmo ceduto delle responsabilità, c’è un compito della politica. Non ho mai detto che avremmo seguito alla lettera le loro valutazioni”. E per i verbali aggiunge “che quando c’è un processo decisionale così delicato io rivendico che quei verbali restino riservati. Ma non significa secretati, non ho mai posto un segreto di stato. E vi annuncio che sono il primo che consentirà la pubblicazione di tutto, non abbiamo nulla da nascondere” (cit.riportate dal sole 24 Ore del 9 Agosto 2020).

Due osservazioni.

La prima: a che serve istituire un CTS che, caso strano, è composto di soli uomini, se poi le sue indicazioni vengono poste al vaglio delle politica? È un pò come andare dal medico per farsi curare e poi fare come ci pare!* Seconda osservazione: in un periodo dove i cittadini erano super vigilati dalla sera alla mattina, che senso aveva porre come riservati i verbali del CTS se non per avere le mani libere per fare come meglio gli pareva? Forse per dare ascolto alle forti preoccupazioni del mondo imprenditoriale? Fatto sta che richiamare il concetto di responsabilità politica, visto il casino che è successo da quelle parti, mi sembra un’ingegnosa alchimia retorica per difendere una scelta politica fatta in barba ai consigli dei medici. Credo da cittadino, di poter esprimere tutti i miei dubbi su tale affermazioni che interpreto come un chiaro errore politico. Come al solito nessuno pagherà nonostante siano stati raggiunti da avviso di garanzia ben sei ministri della repubblica italiana.

Infine alcune osservazioni sul nuovo ponte di Genova. Questa bellissima opera andrà, per ironia della sorte e contraddicendo le speranze dei familiari delle vittime, nelle mani degli stessi gestori attualmente sotto inchiesta per il crollo del ponte Morandi per scarsa manutenzione. Qui lo Stato italiano ha dato espressione massima della sua incapacità. Non occorre essere laureati in economia e commercio alla Bocconi per notare alcune evidenti incongruenze proprie di una “repubblica delle banane”. Questa vicenda drammatica alla fine si è risolta a tarallucci e vin santo riassegnando la gestione del ponte alla solita società. Anche in questo caso non si è scavato abbastanza a fondo nell’individuazione delle colpe che hanno portato alla concessione capestro con penali di decine di miliardi. Come è stato possibile che il governo, a fronte di concessioni pubbliche dove si ricavavano miliardi di euro in pedaggi, non abbia mai pensato in vent’anni a mettere in piedi un meccanismo di controllo sulla buona gestione manutentiva delle infrastrutture gestiste e costruite con soldi pubblici? Se tale controllo fosse stato attuato, forse oggi non si piangerebbero molti morti. Quale tipologia di pubblico interesse si è tutelato dando luogo ad una concessione così sbilanciata a favore dei gestori?

Venendo alle ultime e “brillanti” iniziative del governo, da profano mi pare evidente che lo stato subentrerà nella gestione delle infrastrutture stradali trovandosi in mano una situazione dove dovrà investire molti soldi pubblici per il loro ammodernamento e messa in sicurezza. Credo che in un paese in cui il governo presta cura agli interessi pubblici, la cosa doveva risolversi con l’immediata revoca della concessione per giusta causa con relativa tutela dei posti di lavoro per passare poi alla statalizzazione facendo tabula rasa della vecchia gestione.

Invece oggi ci troviamo in alto mare, con accordi di massima ancora da sottoscrivere dai vari CDA e nonostante il parere positivo della corte costituzionale che ha dichiarato legittimo l’aver abbassato la penale a carico dello stato coprendo le spalle allo stato di fronte ad eventuali richieste di risarcimento miliardario da parte della vecchia gestione. Con le regole che si stanno delineando l’infrastruttura autostradale passerà a CDP con nuova cordata di soci, mentre la vecchia gestione rimarrà minoritaria con una quota intorno al 10/12% rimanendo di fatto all’interno della nuova gestione pur non avendo rappresentanza nel nuovo CDA, ma ricevendo comunque per la sua seppur minima partecipazione la ripartizione degli utili derivanti dalle quote societarie in suo possesso. Tale bella quadratura del cerchio è il risultato di tutta la “bottega di chiacchiere” e promesse del governo che alla fine ha partorito un timoroso e spaventato topolino.

In tutte e tre le vicende c’è un filo rosso che le mette in comunicazione tra loro: la poca trasparenza dei procedimenti, l’opacità delle scelte, la completa mancanza di competenza e di tutela del pubblico interesse che vengono attuate dai governi. Come si diceva una volta, alla fine paga sempre pantalone, solamente che pantalone qui è il popolo italiano che sovrano di fatto non è mai stato. Occorre ritornare al controllo popolare dei propri rappresentanti, istituire delle regole che prevedano il vincolo di mandato sui programmi venduti come merce in campagna elettorale. Occorre istituire un meccanismo che possa prevedere la revoca immediata dei propri rappresentanti politici e che eviti il “salto della quaglia” da un partito ad un altro o la creazione di gruppi e partiti parlamentari e governi che non sono legittimati dal voto popolare. Piccole modifiche che creerebbero grandi cambiamenti e disarticolerebbero il potere politico di adesso.

Queste idee non sono nuove provengono dalla gloriosa e sfortunata comune parigina del 1871 che dovrebbe essere studiata con maggiore attenzione se non altro per i suoi preziosi suggerimenti. A tale riguardo riporto una considerazione molto interessante di Paul Ginsborg tratta dal libro la democrazia che non c’è: “la delega della politica a una sfera separata, abitata da professionisti, organizzata dalle élite di partito, protetta dal linguaggio tecnico e dalla prassi burocratica degli amministratori e in vastissima misura impermeabile alla generalità del pubblico. Nel lontano 1861 Mill era convinto che l’essenza della democrazia nella sua nascente forma rappresentativa sarebbe stata diversa: il senso del governo rappresentativo è che tutto il popolo o una numerosa parte di esso eserciti, tramite deputati periodicamente eletti, il potere di controllo ultimo che in ogni costituzione deve trovare il suo soggetto. Deve possedere tale potere nella sua pienezza. Deve essere padrone a suo piacimento, di tutte le funzioni del governo”.

{D@ttero}

“Sul vocabolario c’è scritto che democrazia, è parola che deriva dal greco e significa “potere al popolo”. L’espressione è poetica e suggestiva. Ma in che senso potere al popolo? Come si fa? Questo sul vocabolario non c’è scritto. Però si sa che dal 1945, dopo il famoso ventennio, il popolo italiano ha acquistato finalmente il diritto al voto. È nata così la famosa democrazia rappresentativa, che dopo alcune geniali modifiche, fa si che tu deleghi un partito, che sceglie una coalizione, che sceglie un candidato, che tu non sai chi è, e che tu deleghi a rappresentarti per cinque anni. E che se lo incontri, ti dice giustamente: “Lei non sa chi sono io”. Questo è il potere del popolo”
(cit. “che cos’è la democrazia” di G. Gaber).

Fonte

* Questa è un po' una forzatura che presta pericolosamente il fianco alle derive tecnocratiche che ammorbano la vita pubblica da decenni ormai.

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