Il Premio Nobel per la Fisica è il più serio e credibile dei cinque titoli, con un procedimento lungo, rigoroso e segreto che parte a settembre dell’anno precedente con richieste di nomination ad un paio di centinaia di fonti credibili (Università e grandi centri di ricerca di eccellenza, precedenti nominati o premiati), li riduce man mano fino a una rosa di cinque, sui quali la valutazione è molto “approfondita” (per usare un eufemismo).
Unico difetto-pregio, proprio per evitare conflitti di interesse e interferenze, come si ha invece per i Nobel per la medicina e la chimica: si tende a premiare ricerche di estrema frontiera, dove quasi sempre il collegamento con la realtà tecnologica e applicativa appare remoto. Ma va bene così.
Sul Premio Nobel per la Letteratura si incappa talvolta, fra molte scelte sacrosante, in illustri carneadi di scarso valore scelti dopo che grandi nomi sono stati silurati a vicenda durante la selezione. È notizia dello scorso anno che tre membri su cinque della commissione per il Nobel per la letteratura si sono dimessi, lamentando pastette, corruzione e premi predeterminati.
Il premio Nobel per la pace è pura politica, e anche qui, fra moltissimi riconoscimenti meritati, ci sono scelte tragiche, come Lech Walesa, Kissinger, Rabin, Gorbachev. E candidature oscene, come Silvio Berlusconi qualche anno fa, o addirittura Trump quest’anno. Qualunque gruppo di disagiati può candidare anche il cavallo di Caligola.
È gran soddisfazione – oggi – leggere che quest’anno, il Nobel per la Fisica è andato, per un 25%, ad una ricercatrice donna, Andrea Ghez, per le sue scoperte nel campo dell’astrofisica e in particolare dei buchi neri. Ha diviso il premio con Roger Penrose e Reinhard Genzel.
È un caso raro e notevole: solo quattro donne hanno vinto il premio, Marie Curie nel 1903, Maria Goeppert-Mayer nel 1963, Donna Strickland nel 2018 e ora Andrea Ghez nel 2020.
Assicuriamo, per esperienza personale, che è già difficilissimo essere considerati in quell’agone se sei uomo; se lo vinci e sei donna vuol proprio dire che sei brava: vuol dire che hai vinto le tante difficoltà ambientali che, anche escludendo il maschilismo vero e proprio, ricadono inevitabilmente su una donna scienziato: conciliare vita privata e famiglia con l’impegno totale che implica raggiungere l’eccellenza, la difficoltà di accedere a posizioni di comando, indispensabili per coordinare un gruppo importante: non esistono più gli scienziati solitari che nel chiuso del loro studiolo fanno scoperte eccezionali.
Carlo Rubbia ci ha insegnato che il suo Nobel per la Fisica lo deve a un gruppo di centinaia di scienziati che hanno lavorato con lui e per lui al CERN.
Doppio merito perciò ad Andrea Ghez: un applauso e un brindisi speciale per lei.
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