Giorgio Cremaschi risponde all'appello dell'economista Emiliano Brancaccio
evidenziando come i governi non siano riusciti a conciliare tutela
della salute e sviluppo economico e invitando a ripristinare il diritto a
manifestare per evitare che la rabbia sociale venga usata da reazionari
e fascisti per negare il virus e le sue conseguenze.
di Giorgio Cremaschi
Forse l’equivoco linguistico può servire a spiegare. Si è affermato
ovunque che per contenere la pandemia fosse necessario il
distanziamento sociale. Una cattiva traduzione dall’inglese, sempre
usato male in Italia, per affermare la necessità del distanziamento
fisico. Quest’ultimo è indispensabile per fermare il contagio, invece il
distanziamento sociale avrebbe dovuto essere contrastato con ogni
mezzo, ancora di più durante la crisi pandemica. Questo non si è fatto e
oggi non solo l’Italia, ma tutti i principali paesi del capitalismo
liberale, Europa e Stati Uniti, registrano un colossale fallimento sia
nel contenere il virus, sia nel salvaguardare l’economia. Tutti i
governi hanno per mesi sproloquiato sul loro impegno a conciliare la
tutela della salute con lo sviluppo economico, ma malattia e crisi
dilagano assieme. Il Covid ha rivelato brutalmente che il sistema
economico sociale dominante da oltre trent’anni, il liberismo, è un
sistema fallito.
Solo poche settimane fa sono scese in piazza centinaia di persone
qua e là per negare la gravità del virus e protestare contro la
dittatura sanitaria. Il palazzo ed i mass media hanno enfatizzato queste
proteste, usandole come controprova della razionalità e della
efficienza di chi governa. In realtà terrapiattista si è rivelata
proprio una intera classe dirigente, politica ed economica, che dopo la
prima ondata di marzo ha creduto che tutto fosse finito, ha ascoltato
chi annunciava che il virus era clinicamente morto e ignorato chi
affermava l’esatto contrario.
La classe dirigente non ha
predisposto nessuna difesa contro la seconda ondata della pandemia e
nessuna misura economica e sociale adeguata, tanto è vero che alla
Confindustria era stata già concessa la fine del blocco dei
licenziamenti. La malattia non c’è più, la ripresa è in atto, è andato
tutto bene e andrà anche meglio perché siamo i migliori. Questo il
messaggio reale sparso e reti unificate nei mesi estivi dal sistema. Che
il brutale risveglio da questo sogno idiota provochi rabbia inconsulta
in chi più ci aveva creduto, è assolutamente comprensibile. Non è
comprensibile e accettabile invece la reazione inconsulta, improvvisata e
inadeguata delle pubbliche autorità. Si fermano cinema e teatri ma non
le partite di calcio professionistico; restano aperti i campi di tiro
con le armi perché la spesa per armi non va in lockdown. E poi l’ordine
distorto delle priorità, dettato ai governanti da Confindustria e mondo
dei grandi affari, si accompagna all’assenza di adeguati interventi
nella sanità, nei trasporti e nei servizi pubblici e soprattutto al
vuoto assoluto di pianificazione economica e organizzazione sociale.
Avevamo
una Costituzione sociale avanzata, che nel suo articolo 3 riconosce
l’ipocrisia delle libertà formali, se la Repubblica non interviene per
rimuovere le diseguaglianze sociali. Da tempo quella Costituzione è
stata stravolta sul piano sostanziale, con la precarizzazione del lavoro
e le privatizzazioni non solo dell’economia, ma della sanità, della
scuola, dei beni comuni. Tutta la vita sociale è stata sottoposta al
dominio del profitto e degli affari e infine anche sul piano formale è
stata stravolta quella Costituzione che quella vita sociale avrebbe
dovuto tutelare prima di ogni cosa. Il distanziamento sociale si è
sempre più esteso e con il Covid è diventato un abisso.
Il
regionalismo competitivo e distruttivo costituzionalizzato con la
riforma del 2001, di cui ora subiamo tutti i danni di fronte alla
pandemia, la devastante austerità europea del Fiscal compact
costituzionalizzata con la riforma del 2012 e infine il taglio dei parlamentari approvato con l’ultimo referendum; nel tempo la Costituzione
non solo è stata socialmente negata, ma formalmente stravolta. E le
leggi di Minniti e Salvini hanno restaurato il sistema autoritario del
fascista Codice Rocco contro manifestazioni e opposizioni sociali.
Ora
bisogna assolutamente ripristinare il diritto a manifestare, offeso da
un governo che permette le cerimonie religiose, ma vieta i congressi
politici. Manifestare oggi è necessario proprio per evitare che la
rabbia sociale venga usata da reazionari e fascisti per negare il virus e
le sue conseguenze. Ai manifestanti che rivendicano la libertà
berlusconiana va contrapposta nelle piazze e nella politica la
mobilitazione per il pubblico, la pianificazione economica e
l’eguaglianza sociale. Nel nostro sistema fallito il conflitto è tra
socialismo o barbarie e chi oggi predica legge e ordine lavora per la
barbarie.
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