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29/10/2020

La proibizione delle armi nucleari diventa norma internazionale

Il 24 ottobre è arrivata la 50esima ratifica dei Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN), approvato all’ONU il 7 luglio del 2017: il traguardo di 50 ratifiche era prescritto perché il trattato entrasse in vigore come norma del diritto internazionale, cosa che avverrà dopo 3 mesi, a fine gennaio 2021.

Senza dubbio un traguardo storico, che era impensabile solo 4 anni fa, quando la coalizione ICAN (Inernational Campaign for the Abolition of Nuclear Weapons) riuscì a portare il tema all’ONU, e il 23 dicembre 2016 l’Assemblea Generale approvò a maggioranza (le maggiori potenze nucleari opposero una strenua resistenza, anche con atteggiamenti ricattatori verso gli altri Stati) l’avvio del negoziato che il 7 luglio 2017 approvò il trattato con 122 voti favorevoli su 124 partecipanti al negoziato. In questa sede è impossibile rievocare i dettagli.

L’entusiasmo è enorme e legittimo, tuttavia è opportuno e necessario fare qualche precisazione, perché chi non si sia occupato di questo problema può essere portato a pensare che ora l’eliminazione totale delle armi nucleari sia cosa fatta, una diretta conseguenza del TPAN. Il traguardo di oggi è senza dubbio storico, il passaggio attraverso questo trattato è stato necessario, e va a merito della campagna ICAN (e dei Medici per la Prevenzione della Guerra Nucleare, IPPNW), vista l’inefficacia del Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1970 nell’imporre il disarmo nucleare (questo discorso sarebbe lungo, rinvio al mio approfondimento).

L’iniziativa che ha portato al TPAN nacque proprio dal fatto che l’Art. VI del TNP, che prevedeva “trattative in buona fede (!) per arrivare al disarmo nucleare e generale”, era sempre stato platealmente e arrogantemente disatteso dalle potenze nucleari, che chiaramente non hanno mai neppure lontanamente inteso di liberarsi di queste armi.

Cercherò di precisare il più succintamente possibile alcuni aspetti.

Un presupposto di democrazia mondiale

In primo luogo, è opportuno osservare che il TNP fu frutto dell’iniziativa delle sole potenze nucleari di allora, ma soprattutto USA e URSS, le quali erano preoccupate che molti stati potessero realizzare la bomba (sebbene gli USA avessero alimentato ad arte questa illusione verso tanti Stati e tirannelli), e volevano impedirlo (più propriamente, a mio parere, gli USA condizionarlo al proprio volere): dal 1970 gli arsenali USA e URSS lievitarono da 30.000 testate al numero demenziale di 70.000!

Vi è una differenza abissale rispetto al TPAN, anche a prescindere dai suoi contenuti: il negoziato all’ONU era democraticamente aperto a tutti gli stati che lo volessero, grandi e piccoli. Quelli che non erano mai stati ascoltati alle quinquennali Conferenze di Revisione del TNP, le minuscole nazioni del Pacifico che avevano sofferto i test nucleari degli anni Cinquanta, subendo perfino deportazioni forzate delle popolazioni, e comunque le pesanti conseguenze sanitarie e ambientali (mai compensate!). È una condizione essenziale della democrazia garantire i diritti dei più deboli e delle minoranze!

Non è poi trascurabile il fatto che nella votazione di quel 23 dicembre 2016 la Cina, l’India e il Pakistan si astennero e la Corea del Nord votò a favore, il contestato IRAN votò a favore: insomma, è a tutti chiaro che vi erano stati nucleari che esprimevano la non contrarietà a negoziare, ma i maggiori e quelli della NATO chiusero arrogantemente questa possibilità. Un’opportunità persa.

Da sottolineare che oltre agli Stati dell’ONU hanno partecipato ufficialmente al negoziato sette organizzazioni internazionali, tra le quali la UE e la Croce Rossa Internazionale, e numerose organizzazioni non governative, tra cui la campagna ICAN.

Il TPAN è nato sotto l’egida dell’ONU, è suggellato dall’autorità dell’ONU, tutti i paesi hanno avuto la possibilità di contribuire alla sua elaborazione e formulazione, su un piede di assoluta parità: come si suol dire, gli assenti (soprattutto quelli volontari) hanno sempre torto! L’arroganza delle maggiori potenze nucleari, e della NATO, che hanno addirittura cercato di boicottare una decisione a larghissima maggioranza dell’Assemblea Generale, è la prova lampante di malafede.

Cosa prevede il TPAN: obblighi vincolanti ... ma qualche limite

In sintesi, il TPAN – definito come «strumento giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione» – vieta espressamente agli Stati che vi aderiscono di «sviluppare, testare, produrre, acquisire, detenere, immagazzinare, utilizzare o minacciare di utilizzare armi nucleari»[1].

Condanna quindi la strategia della “deterrenza” che ha dominato la Guerra Fredda e persiste tutt’oggi, soggiogando l’umanità al rischio, crescente, di distruzione! Vieta esplicitamente di ospitare armi nucleari appartenenti ad altri Stati, condannando il “nuclear sharing” adottato dalla NATO; nonché impone di adottare le misure necessarie e adeguate per la protezione dell’ambiente in seguito a danni causati da attività connesse con la sperimentazione o l’uso di armi nucleari.

Penso però che sia anche necessario osservare alcuni limiti del TPAN (mi ispiro a un limpido articolo del luglio 2018 di Alessandro Pascolini[2], al quale rimando, le citazioni sono dal suo articolo).

Come ho sottolineato, il negoziato per il TPAN è stato condotto nella (volontaria) assenza degli Stati dotati di armi nucleari, il ché ha permesso una rapidissima definizione, ma «ha impedito di affrontare gli aspetti tecnici specifici in assenza di esperti sugli armamenti nucleari».

La genesi del TNP nel dopoguerra richiese decenni e fu estremamente più tortuosa: si andò da un decennio di rifiuti sovietici (dopo il fallimento del maldestro “Piano Baruch” nel 1946), alla crescita della sensibilità popolare per i test nucleari in atmosfera (nel 1963 si arrivò al trattato di bando parziale), e all’avvio dei negoziati delle potenze nucleari per il TNP che durò fino al 1968; ma tutti i trattati riguardanti le armi nucleari (e le armi di distruzione di massa) hanno richiesto anni.

Questo percorso, consensuale, del TPAN ha comportato di conseguenza anche un prezzo, «l’aver aggirato alcune delle questioni più controverse e lasciato vaghi e non chiari molti punti critici, dando così adito a interpretazioni divergenti.»

Vengono di fatto «ridotte le condizioni anti-proliferazione previste dall’NPT stesso »: il TPAN riconosce alla parti il “diritto inalienabile” a ogni sviluppo della tecnologia nucleare, mentre l’NPT pone delle precise condizioni.

«Il TPAN non prevede alcuna forma di controllo e di verifica delle dichiarazioni e nessuna procedura sanzionatoria per eventuali violazioni. In contraddizione con il principio della condanna categorica delle armi nucleari». Una clausola che è stata molto contrastata, ma è stata una condizione per molti Stati per il voto favorevole, è la possibilità di recedere dal trattato se sono a rischio “interessi supremi di un paese”, ammettendo così che le armi nucleari possano essere indispensabili.

Un’osservazione di Pascolini è particolarmente preoccupante, perché contrasta con la premessa dell’ONU «che porti alla loro totale eliminazione» e con la percezione comune del TPAN: «Per i paesi con armi nucleari che intendano aderire al trattato sono previste delle condizioni che prevedono un trattamento punitivo e delle procedure che difficilmente potranno essere accettate anche dagli stati che intendano rinunciare ai propri armamenti nucleari, per cui il TPAN è praticamente privo di effetti reali come strumento per il disarmo nucleare, anche perché non mira a creare le precondizioni necessarie per un mondo privo di tali armi».

Il futuro ce lo dirà, molto dipenderà dalla coesione degli Stati non nucleari, a partire dalla prossima Conferenza di Revisione del TNP, nonché dalla capacità di estendere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica: in Italia il problema è particolarmente grave perché il silenzio degli organi d’informazione più influenti perdura da quando iniziarono i negoziati all’ONU!

Chi vincolerà il TPAN, e come

Il TPAN, come tutti i trattati internazionali, sarà vincolante per gli Stati che lo avranno ratificato o lo ratificheranno. Ma con il tempo prenderà inevitabilmente autorevolezza – ormai “il dado è tratto” – e la sua funzione diventerà analoga a quella dei trattati che vietano le armi chimiche e biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo: ormai possedere o usare queste armi è riconosciuto come un crimine per il diritto internazionale.

Vi sono Stati che non hanno firmato la Convenzione sulle armi chimiche, ma un loro uso è considerato un crimine: ad esempio, la minaccia del loro uso da parte della Siria comportò la minaccia da parte di Obama di bombardamenti, poi scongiurata dall’intervento della Russia che indusse la Siria ad eliminare completamente il suo arsenale chimico.

Il TPAN estenderà inesorabilmente la sua funzione, perché la popolazione mondiale pretenderà l’eliminazione delle armi nucleari e un crescente numero di Stati lo riconoscerà, diventerà un obbligo morale: che alle potenze nucleari e alla NATO piaccia o no, possedere, usare o minacciare con le armi nucleari sarà riconosciuto come un crimine internazionale. È solo questione di tempo, l’umanità non accetterà di essere annientata!

Del resto, il modo violento e rabbioso con cui gli Stati nucleari e la NATO si scagliano contro il TPAN parla da solo sulla loro preoccupazione e consapevolezza che il nuovo trattato interferirà comunque sulle loro politiche: altrimenti non starebbero ad agitarsi tanto!

D’altra parte si tenga conto che furono 122 gli Stati che il 7 luglio 2017 votarono a favore (circa due terzi degli Stati che aderiscono all’ONU). Di questi, 50 hanno oggi ratificato, ma altri seguiranno, sono 84 gli Stati che hanno firmato ma non ancora ratificato[3].

L’approvazione del TPAN nel 2017 al di là dell’aspetto strettamente giuridico ha indotto numerosi organismi di finanziamento (almeno 35, tra i quali la Deutsche Bank e alcuni dei più importanti fondi di pensione a livello mondiale) a cessare di finanziare gli armamenti nucleari.

Inoltre, gli Stati che hanno firmato ma non hanno ancora ratificato non è che con la firma non assumano degli impegni: la firma di un trattato non è una necessaria promessa di ratifica, ma impegna quello Stato a non commettere atti contrari agli obiettivi e alla logica del trattato.

Come si può immaginare un (lungo) processo di eliminazione delle armi nucleari

Vi è poi un punto finale che mi sembra opportuno portare all’attenzione. Ritengo che sia presente, anche nei movimenti antinucleari, l’illusione per cui, una volta che anche le potenze nucleari accettassero finalmente di eliminare queste armi, questo potrebbe avvenire pressoché immediatamente.

Si tratta di un’idea ingenua. L’auspicabile processo di eliminazione delle armi nucleari richiederà comunque un lungo e complesso negoziato per concordare le condizioni, il processo, le verifiche. Dopo il quale le riduzioni dovranno necessariamente essere progressive, esattamente bilanciate, nonché controllate dagli altri Stati, per evitare ad esempio che uno Stato proceda più rapidamente di altri, trovandosi così in condizione di inferiorità e vulnerabilità.

Su questo rinvio a un recente articolo scritto con Elio Pagani.

Quando nel 2017 il TPAN venne approvato all’ONU io ricordai il famoso adagio “Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo”: ora il punto d’appoggio lo abbiamo, ma “eliminare le armi nucleari” sarà ancora tutto in salita!

Note:

1) Il testo completo si trova per esempio qui. Testualmente il TPWN obbliga ogni Stato che vi aderisca a « non: (a) Sviluppare, testare, produrre, produrre, oppure acquisire, possedere o possedere riserve di armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari; (b) Trasferire a qualsiasi destinatario qualunque arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari o il controllo su tali armi o dispositivi esplosivi, direttamente o indirettamente; (c) Ricevere il trasferimento o il controllo delle armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari, direttamente o indirettamente; (d) Utilizzare o minacciare l’uso di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari; (e) Assistere, incoraggiare o indurre, in qualsiasi modo, qualcuno ad impegnarsi in una qualsiasi attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (f) Ricercare o ricevere assistenza, in qualsiasi modo, da chiunque per commettere qualsiasi attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (g) Consentire qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione o controllo. »

2) A. Pascolini, “Un anno dal bando delle armi nucleari: un trattato peculiare”, Il Bo-Live, 7 luglio 2018.

3) Per le osservazioni che seguono sono debitore di alcune mail scambiate con Luigi Mosca.

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