Contrordine, camerati! Anzi no, voglio capire…
Non è facile districarsi nella babele di dichiarazioni contrastanti che arrivano da tutti i livelli istituzionali possibili – dalla presidenza del Consiglio fino all’ultimo dei Comuni – su come gestire la “seconda ondata” di pandemia.
In realtà, è facilissimo. Tutti, ma proprio tutti, indipendentemente dal “partito” cui vengono associati, dicono la stessa cosa: “la situazione è grave, anzi è ingovernabile, la sanità non può reggere in queste condizioni, chiudere qualcosa è indispensabile, ma mai la produzione”.
Se riflettiamo un attimo, hanno sempre detto la stessa cosa fin da febbraio. E se stiamo a questo punto è proprio perché hanno fatto quel che ora dicono di voler continuare a fare, invece che quello che serve.
Se bisogna combattere una epidemia, si deve mettere in campo uno sforzo straordinario di test (tamponi o quello che vi pare, purché efficace), mobilitare personale medico ed infermieristico in quantità adeguate, per sapere chi – in tutta la popolazione – è contagioso e chi no. Dopo di che, si mettono in quarantena i primi e si lasciano circolare i secondi.
Semplice no?
Certo, bisognerebbe che la sanità (quella pubblica) avesse i numeri sufficienti per fare un’operazione stile Qingbao. Ma tre decenni di tagli hanno ridotto al minimo il personale, così come gli ospedali e i posti letto, per qualsiasi esigenza.
E invece abbiamo uno squinternato assessore alla sanità – in Lombardia, non per caso – che riesce a dire: “rivendico la scelta di aver dato ai direttori degli ospedali, come obiettivo, la riduzione dei posti letto Covid” dopo le riaperture e il calo dei contagi riscontrato in estate.
Una scelta incentivata oltretutto con dei “premi” per i direttori che ne tagliavano di più, mentre tutto il mondo si preoccupava della “seconda ondata”. Che infatti è arrivata senza che nessuno spostasse una sedia per ostacolarla e anzi, come in Lombardia, facendo di tutto per favorirla.
Per dare un quadro impietoso dello “scontro tra totani” su questi temi, l’articolo di Repubblica che sollevava questo ennesimo scandalo della sanità lombarda portava anche la firma di Tito Boeri, detto anche l’”affossatore dell’Inps” durante la sua presidenza. Un altro demolitore del “pubblico”, insomma, ma su un piano di concorrenza con Gallera & co.
Fato sta, palesemente, che una sanità così ridotta non è in grado di fare l’unica cosa che andrebbe fatta. E che poteva esser fatta a febbraio-marzo con molto più agio perché i numeri di tamponi da fare era enormemente più basso.
Oggi, per riuscire nell’intento, bisognerebbe bloccare per diversi giorni l’intero paese e fare le decine di milioni di test necessari. Fantascienza...
In assenza delle misure efficaci, ogni amministratore locale o nazionale si sbizzarrisce in iniziative “d’impatto”, come se fosse in campagna elettorale.
E qui, dicevamo, si registra quel “contrordine, camerati!” che ha rovesciato – in apparenza – le parti. Ora a guidare il fronte dei cosiddetti “governatori” pronti a chiudere tutto ci sono proprio quelli leghisti (Lombardia e Piemonte stanno per varare le loro delibere, consentite perché “più restrittive” di quelle nazionali, come da DPCM dell’altro giorno), seguiti dal solito De Luca, ormai a corto di scelte anche se sempre prodigo di battute sceme.
Dimenticavamo... sono di due partiti “opposti”. Si vede, no?
Andando a vedere nel merito, però, i “coprifuoco” regionali o comunali seguono esattamente la stessa logica delle misure nazionali: si va a lavorare, su mezzi di trasporto strapieni o con i propri mezzi, e si fa tutto come prima, ma non dalle 23 alle 5 di mattina.
L’ordine è insomma “ubriacatevi da soli a casa” (dopo le 23 è vietata anche la libera circolazione, dunque niente feste private tirate fino a tardi), anche se è facilmente immaginabile uno spostamento degli apericena e quant’altro nelle ore precedenti a quella “finale”.
Così come attendiamo ridendo le ordinanze comunali che vieteranno le piazze più note della movida, con ovvio spostamento del rito in altre limitrofe o anche lontane.
Più grave, certamente, il chiaro intento di impedire qualsiasi attività sociale e politica, fatte rientrare d’autorità tra le “attività non essenziali” e potenzialmente focolaio di contagio.
Tutto ciò, con la lotta all’epidemia, c’entra come un cerotto su ferite di guerra… Non sposta quasi nulla, numericamente. Tanto che “Giuseppi”, per conquistare punti, comincia a straparlare come Trump: “Avremo il vaccino tra due mesi”. Giusto il tempo di prendersi una sportellata in faccia dal prof. Crisanti (“irrealistico”), assurto suo malgrado al ruolo di Fauci in USA...
Il vero “successo” del governo Conte è dunque tutto e soltanto interno alla politichetta italica: grazie all’enfasi imbecille sull'”autonomia differenziata” pretesa dai presidenti delle regioni del Nord, ha lasciato a loro il compito di ordinare chiusure più dure di quelle nazionali.
E quelli hanno reagito pavlovianamente, rovesciando tutte le sciocchezze che avevano seminato in precedenza (“Milano non si chiude”, “Bergamo non si ferma”, “la Val Seriana idem” e via santificando il contagio sul lavoro (o in itinere), in nome della priorità del Pil.
Politicamente, invece, a restarci bruciato è soprattutto Matteo Salvini, già intontito dalle bordate delle inchieste sulla Lega corrotta, ladrona, e anche in odor di ‘ndrangheta proprio in casa sua (Brianza, varesotto, ecc.), come riferito da Report.
Il suo patetico tentativo di stoppare Attilio Fontana dal decretare il “coprifuoco” da giovedì sera (“Le misure in Lombardia? Ho una riunione adesso con gli assessori, i consiglieri e il governatore Fontana per capire. Perchè a me piace capire le cose“) si è trasformato nell’ennesimo boomerang sulle parti dolenti: l’ordinanza lombarda “uscirà oggi come previsto e non c’è stato alcun rallentamento imposto dal leader della Lega Matteo Salvini“.
Svillaneggiato anche dai suoi “sottoposti”, per il truce sembra velocizzarsi la scivolata sul viale del tramonto.
Ma è l’unica notizia vagamente simpatica, in questo buio che ci va avvolgendo...
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