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23/10/2020

“Il Petroliere” e il mito reazionario del self-made man


È difficile pensare che la California, così come la immaginiamo oggi, con i suoi templi dei colossi tecnologici, possa essere lo stesso Stato dipinto da Paul Thomas Anderson nel suo film del 2007 “Il petroliere”.

Ambientata nei primi anni del Novecento, la pellicola ritrae una terra desolata e pallida, con arbusti secchi a cui si alternano persone ormai mangiate dalla fatica di una vita spesa ad allevare bestiame per propria sussistenza. Questi però siedono su una miniera d’oro (nero).

Le loro vite e il loro modello di produzione monofamiliare (il ranch) sono destinate ad essere soppiantate da imponenti torri di legno e carrucole improvvisate, strumenti di un passato ormai preistorico di quello che è l’attuale processo estrattivista.

La smania di distruzione di mondi vecchi per far spazio a quello nuovo del capitale è esemplificata dal protagonista del film, Daniel Plainview, magistralmente interpretato da Daniel Day-Lewis, che partendo febbrilmente da solo alla scoperta di giacimenti di petrolio nel 1898, riesce – mettendo a repentaglio più volte la sua vita e fatalmente anche quella altrui – a costruire un proprio impero nel giro di una decina di anni.

Questa smania si va però a scontrare con una California economicamente arretrata e legata ad una visione ideologica quasi feudale. Da questo punto di vista, possiamo leggere la forte presenza di Eli Sunday (Paul Dano), giovane predicatore di una chiesa evangelica di Little Boston, nel sud dello Stato, che evoca costantemente spiriti e la presenza divina con un forte impatto visivo nei propri sermoni, segno di una religiosità ancora primitiva e superstiziosa nei confronti della natura.

È chiara la determinazione di Plainview di abbattere questa antica idea di comunità, che potrebbe ostacolare la propria visione individualista di “uomo di famiglia […] a cui piace parlare chiaro”, come ripete spesso cercando di abbindolare le masse che abitano quei territori dove lui vorrebbe estrarre.

A seguito, però, della morte di un operaio nel pozzo di Little Boston, Plainview deve necessariamente allearsi con Eli per accertarsi che la situazione resti calma tra le masse sfruttate del posto, vista la notevole influenza ideologica che la Chiesa ancora riveste tra esse.

Questo legame cercherà di essere sempre un rapporto di sottomissione tra i due, con Eli che riuscirà ad arricchirsi parassitariamente sulle spalle dello sfruttamento della propria terra da parte della compagnia petrolifera di Daniel (nell’analisi marxiana del capitale, è il classico rapporto tra rendita fondiaria e profitto).

Impossibile quindi non fare un paragone con l’attuale situazione politica americana, dove un pugno di milionari che siedono al Congresso o alla Casa Bianca devono comunque fare i conti con le grandi congregazioni battiste e l’AIPAC sionista, per continuare a giustificare il dominio della proprietà privata armata sul diritto di vita dei popoli oppressi all’interno e all’esterno del confine statunitense, nonché dominare su tutto quello strato di classe lavoratrice arretrata bianca.

Ma oltre alla religione organizzata, quel che il capitale – nel film – finisce per corrompere sono chiaramente i rapporti familiari. Innanzitutto, lo si evince dalla relazione tra Eli e suo padre, Abe, considerato dal primo incapace di gestire la situazione del ranch e di aver concesso a Plainview di distruggere il loro mondo, tanto da arrivare ad aggredirlo.

Ma il rapporto padre-figlio chiaramente più importante del film è quello fra Daniel ed H.W. Plainview.

Nel 1902, all’inizio del film, Daniel trova un bambino vicino al pozzo dove è morto il padre di quest’ultimo, e decide di crescerlo come suo figlio. Si passa alla scena successiva, dove Daniel, già arricchito, presenta H.W., che ha appena nove anni, addirittura come suo partner in affari.

Questa perversione del rapporto col figlio arriva al culmine nella scena dell’esplosione del pozzo di Little Boston, dove H.W. perde l’udito. A questo punto, Daniel, capendo di non poter più riuscire a comunicare col figlio, lo abbandona, per continuare a dedicare la propria vita esclusivamente alla frenesia di profitto.

Tornato poi sui suoi passi, H.W. viene riammesso nella comunità di Little Boston. Da qui, nonostante il suo apparente isolamento, causato dalla sua sordità, riesce a crearsi tramite la lingua dei segni legami talmente ampi e forti da potersi sposare e fondare la propria compagnia un decennio più tardi.

Daniel, al contrario, munito della parola, che usa sempre per manipolare le persone, arriva ad un’emarginazione pressoché totale dal prossimo. Capiamo le sue motivazioni in quella che forse è la scena più terribile e angosciante dell’intero film, ovvero quella in cui rivela da ubriaco di “vedere il peggio nelle persone”, di “avere una competizione in [se stesso]”, di “diventare abbastanza ricco da andare via [dalle persone]”.

Plainview è l’approdo ultimo delle robinsonate settecentesche, un uomo talmente accecato dalla propria avidità da finire per vivere sulla propria isola, come Robinson Crusoe, eroe letterario del primo pensiero liberale, rinnegando persino i suoi legami più intimi.

Lo si vede dalla totale mancanza di figure femminili nel film, a partire da una fantomatica moglie morta di parto per dare alla luce il figlio. La vergogna per l’abbandono di H. W. viene repressa per dare spazio ad una facciata di durezza quasi grottesca davanti ai suoi competitor, che tra l’altro gli suggeriscono di vendere per avere più tempo libero da passare col figlio.

Quest’alienazione viene accentuata ancora di più dall’attaccamento che Daniel prova nei confronti di particolari oggetti, a cominciare dall’alcool, con cui sfoga le sue frustrazioni per la mancanza di vere e propri relazioni affettive.

Notiamo poi alla fine del film la sua maestosa villa, oggetto tramite il quale concretamente si chiude al resto del mondo. Il tono solenne con cui essa viene presentata potrebbe richiamare il concetto reazionario di aristocrazia, così come presentato in Nietzsche, segno quindi di un ulteriore distacco, stavolta fisico, dalle masse che Daniel era riuscito a manovrare per tutta la durata della storia, nonché un definitivo simbolo di gerarchizzazione forzata nei loro confronti.

Infine, Anderson fa mostrare astutamente i sentimenti di disillusione del fratello di Plainview nei suoi confronti tramite un oggetto, un diario, rispetto alla persona in carne e ossa.

In conclusione, pur nella sua solitudine, Plainview non è il solo ad avere una visione del mondo come la sua. D’altronde, trattare le persone come oggetti non è una ridicola pratica di un individuo meschino, ma è la regola base da seguire in un paese i cui Padri Fondatori erano schiavisti e che mai interpretarono in senso progressista gli ideali della Rivoluzione Francese.

Tanti personaggi come Plainview, provenienti dai colossi multinazionali americani, si sono seduti tra le fila di governi americani negli ultimi quarant’anni, dettando la linea sulla politica economica e culturale del paese, quindi di fatto sulla vita di miliardi di persone.

Ora che l’America si appresta ad andare a nuove elezioni in un contesto di pandemia assolutamente eccezionale in tempi recenti, deve essere chiaro a tutti che l’attuale classe dominante del paese non ha alcuna intenzione di pacificare la situazione di conflitto sociale e, di fatto, di strage di massa portata avanti da un sistema sanitario funzionale alle logiche di profitto.

C’è bisogno di persone che si sporchino le mani per questo “ingrato compito” e che non abbiano nessun rimorso al riguardo.

Questa “cultura”, portata avanti in nome di una libertà anti-storica, quella della ricerca razionale del profitto, è ciò che ha permesso di raccontare storie incredibilmente realistiche come quella de “Il petroliere”. Sta a chi ora finalmente rifiuta il compromesso e si organizza metterla a tacere per sempre.

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