31/10/2020
Non c’è niente da festeggiare
La crescita del PIL del 16% per il periodo luglio-agosto, superiore alle previsioni, ha scatenato commenti positivi e ottimistici. Il fatto è che non solo l’Italia, ma anche la Francia e la Spagna hanno avuto una crescita economica alta per quel periodo, quello nel quale in Europa erano saltate tutte le regole di controllo e contenimento del Covid-19.
Oggi tutti noi paghiamo, con il dilagare incontrollato del contagio, quella ripresina senza regole, quando si dimenticarono i 35.000 morti appena registrati.
A giugno si è deciso che l’economia veniva prima della salute, anche perché tanti esperti che non erano tali annunciavano la fine della pandemia. Così è ripresa la crescita del PIL prima e quella del virus subito dopo.
Ora, con il disastro sanitario in arrivo, e in alcuni territori già in corso, non solo avremo tante nuove vittime, ma una nuova caduta dell’economia.
Questo anche se le pubbliche autorità per opportunismo e viltà continueranno e rinviare il necessario lockdown. Perché siamo entrati in un circolo vizioso nel quale ci sono il contagio acuto, poi il rilassamento e la ripresa economica, che a sua volta provoca una pandemia più grave e una nuova depressione economica.
È il fallimento del modello liberista sia della gestione della salute sia di quella dell’economia. Perché se non si mette la salute al primo posto e non si pianifica l’economia in funzione di essa, alla fine saltano tutte e due.
Non c’è quindi nulla da festeggiare per i numeri del PIL di settembre: li pagheremo con gli interessi sia nella salute e nella vita delle persone, sia nello sviluppo economico.
Senza salute non c’è economia.
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