Molti indizi ci dicono che siamo in un passaggio di fase storica. Uno di questi vede il declino del potere globale degli Stati Uniti, un predominio che aveva creato una vera e propria egemonia. Come noto tale egemonia si esprimeva essenzialmente nei settori militare/tecnologico ed economico-finanziario ma anche nel settore ideologico e culturale.
Solo l'aspetto militare di tale egemonia sembra resistere. Gli altri, indeboliti dall’attuale crisi globale economica, da un crescente policentrismo internazionale ed ora dalla pandemia del Covid-19, vedono l’american way of life cercare di reagire con tutti i mezzi a questa lenta ma inesorabile consapevolezza del proprio declino, per quanto esso sia ancora relativo.
Dunque un vecchio equilibrio/squilibrio mondiale fondato sull’egemonia Usa viene scosso profondamente. Ma nessuna potenza accetta di perdere il proprio status senza reagire. In compenso, se questo vecchio equilibrio si va scomponendo, ancora non sembra definirsene uno nuovo in grado di sostituirlo.
Antonio Gramsci scrisse: “se il vecchio non muore il nuovo non può nascere”. Nell’attesa di questo “nuovo” (del quale al momento si intravvedono solo tracce contraddittorie) siamo appunto in quell’interregno “in cui si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. È in questa zona grigia che potrebbero nascere fenomeni sociali nuovi e particolari, assumendo l’aspetto del nuovo (ça va sans dire) attraverso – o tramite – forme politiche e sociali, organizzazioni, pratiche e orizzonti tutt’altro che condivisibili o utili nel migliorare una fase storica di per sé già fin troppo... malandata!
Si stanno presentando due ben precise tendenze divaricanti che stanno pervadendo gli orizzonti prossimi o venturi!
Se nella metà dell’800 c’era uno spettro che si aggirava per l’Europa (con una sua lotta di classe che poteva condurre ad un “nuovo sistema sociale ed economico”, ossia il comunismo), all’inizio di questo terzo millennio un altro spettro, di ben altra forma e struttura, si sta aggirando per il mondo postmoderno, civilizzato o meno.
La costante “espulsione” dalla cultura del riscatto sociale e politico in senso socialista – con la sua relativa liquidazione di teorie e pratiche di conflitto novecentesche – ha comportato il fatto che si stanno presentando – con determinazione, potenza “conservatrice e restauratrice” – forme di misticismo e religiosità mai definitivamente superate, intorno a cui prendono corpo strategie atte alla ricerca di soluzioni negli incerti sviluppi delle società venture.
In questo periodo di interregno, per dirla con Gramsci, stiamo assistendo agli sviluppi di alcune tendenze ideologiche/culturali che sottendono a strategie politiche apertamente regressive.
Ne segnaliamo due in particolare: 1) quella che ricerca “identità religiose” e “nazionali” perdute; 2) quella che individua le cause della crisi di civiltà in cui è coinvolto il sistema capitalista in “complotti” promossi e gestiti da lobby, èlite di ricchi e di omosessuali o, in alcuni casi, dai comunisti! Ad esempio sarebbero proprio queste – secondo la neoteoria di QAnon – i gruppi di potere e senza morale che vorrebbero così dominare il pianeta!
I campanelli di allarme sulla diffusione di questa visione (specialmente nel mondo del web) hanno iniziato a suonare fortemente al punto che due quotate riviste come Le Monde Diplomatique e l’Internazionale, hanno dedicato inchieste e servizi specifici a queste due ben specifiche tendenze di natura sociale, etica e politica definendole come: “Internazionale reazionaria”.
Ciò sta a significare che un “allarme” sta anticipando gli sviluppi di questa strategia, collocata ben dentro una specifica fase storica caratterizzata da un “salto epocale” che ha molto a che fare con il declino degli Stati Uniti.
Che la data del 3 novembre 2020, giorno dell’elezione o della rielezione, del presidente USA (covid-19 permettendo) non vada sottovalutata, è dato dai segnali che stanno emergendo in quella realtà e che vede contrapporsi due differenti concetti sul futuro che potrà avere il sistema statunitense.
Pertanto è utile rivolgere un’attenzione ed uno sguardo allo Stato profondo (“deep state”) e alle sue propaggini isolazioniste, conservatrici e reazionarie.
Ultimo in ordine di tempo è lo slogan utilizzato nell’ultimo confronto televisivo di Trump contro il suo concorrente alla presidenza il democratico Joe Biden. The Donald ha ben espresso il suo pensiero, sintetizzandolo in: “stand back, stand by” = resta dietro, resta in attesa.
Inutile dire che questo è stato subito ripreso come slogan e come stemma da gran parte dei suoi sostenitori!
Si tratta di una evoluzione delle bellicose dichiarazioni – se non vere e proprie minacce da parte di Trump – mascherate dallo slogan “America First” che in qualche modo chiamano alla mobilitazione il suo mondo contro un eventuale risultato elettorale a lui non positivo.
(segue)
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