Con una nota inviata all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), l’Iran ha comunicato che intende produrre uranio arricchito fino al 20% di purezza, ben oltre la soglia del 3,67% fissata dall’accordo di Vienna del 2015 rimesso in discussione dagli Stati Uniti.
“L’Iran ha informato l’Agenzia della sua intenzione di arricchire l’uranio fino al 20 per cento nel suo impianto sotterraneo di Fordow, per conformarsi ad una legge approvata di recente dal parlamento”, ha riferito un portavoce dell’Aiea citando una lettera con la data odierna, che “non indica esattamente una data di inizio di questa attività”.
Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia delle Nazioni Unite, pubblicato a novembre, Teheran stava già arricchendo l’uranio a livelli superiori al limite previsto dall’accordo di Vienna, ma non superiore alla soglia del 4,5 per cento, e comunque conforme ai vincoli stabiliti dagli ispettori dell’Aiea.
Ma dopo l’omicidio, a fine novembre, del fisico nucleare Mohsen Fakhrizadeh, per il quale Teheran ha accusato Israele, i sostenitori della linea dura hanno promesso una risposta e il Parlamento ha approvato una legge che interrompe le ispezioni dell’Aiea e chiede la produzione e lo stoccaggio di “almeno 120 chilogrammi all’anno di uranio arricchito al 20%”.
Il governo iraniano dal canto suo si è opposto all’iniziativa del Parlamento, che è stata condannata anche dagli altri Stati firmatari dell’accordo, i quali hanno chiesto a Teheran di non “compromettere il futuro”, anche in virtù del fatto che il presidente Usa eletto, Joe Biden, non si è mostrato finora contrario all’accordo sul nucleare dopo il ritiro unilaterale Usa deciso nel 2018 da Donald Trump.
Ma sull’accordo relativo al nucleare iraniano, continua a pesare il convitato di pietra dell’arsenale nucleare israeliano sul quale nessuno solleva questioni dovute, ad esempio gli ispettori dell’Aiea – diversamente che in Iran – non hanno mai potuto visitare gli impianti atomici di Tel Aviv.
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