Il “rientro a scuola” per gli studenti e le studentesse delle scuole superiori è stato nel segno del caos politico e organizzativo che il governo sta “mettendo in campo” dall’inizio della pandemia.
Ieri lunedì 11 gennaio, infatti, nelle classi degli istituti di tutto il paese, solo in tre regioni si è potuto rientrate a scuola in presenza, ossia Valle d’Aosta, Toscana e Abruzzo, con classi scaglionate e alternanza dell’orario d’ingresso a seconda delle scelte dei presidi-manager dei vari istituti.
Un caos peraltro trascinatosi fino all’Epifania, con continui rimandi di date e scelte circa la didattica in presenza o meno, con evidente disagio per gli studenti in attesa di sapere cosa avrebbero dovuto fare una volta ricominciata la didattica, e anche per i genitori, in difficoltà nel poter conciliare i tempi della vita lavorativa con le necessità dei figli e del lavoro stesso, soprattutto per chi non è in regime di smart working.
A tutto questo va aggiunto il ruolo dei lavoratori, dagli insegnati che si sono ritrovati a poche ore dalla riapertura senza sapere se dover organizzare una lezione in presenza o a distanza, modalità completamente incompatibili per quanto riguarda la trasmissione del sapere, al personale Ata.
Per questo, tutte queste categorie sono scese in piazza per protestare contro l’incapacità del governo di dare una programmazione non diciamo quinquennale, ma almeno che vada oltre le “ansie politiche” del ministro di turno, nel caso specifico della scuola.
Manifestazioni e “scioperi dalla Dad” sono andati in scena a Milano, Parma, Rimini, Roma, Salerno, Bari e tante altre città. “Spegniamo i computer prima che si spengano i nostri figli”, è il messaggio lanciato dalle famiglie.
Gli studenti invece hanno chiesto un chiarimento sul loro futuro, soprattutto in merito alla didattica a distanza, decisamente inadeguata a fornire quello spirito critico e quella conoscenza d’insieme (a dispetto invece dell’insistenza del Ministero sulla bontà degli strumenti per la “valutazione” anche in queste condizioni) che soli possono rendere efficace il ruolo dell’istituzione scuola all’interno di una democrazia. Ammesso e non concesso che a questa si sia veramente interessati.
Ovviamente la voce che si è alzata lungo tutto lo stivale rivendica l’importanza del rapporto diretto tra insegnante e studente, senza dimenticare le difficoltà poste in essere dalla pandemia. Questo è il punto più critico dell’operato del governo e della ministra Azzolina, alla prese con gli effetti pratici del Covid-19 da oramai quasi un anno, eppure non in grado di fornire risposte adeguate alle necessità dei ragazzi e delle ragazze.
Mesi di discussioni inutili su banchi a rotelle e similari o di noncuranza di possibili nuove ondate, il tutto condito dalla certezza che la DaD avrebbe funzionato e avrebbe potuto rappresentare un modello di scuola anche per il futuro.
Un castello di carta sfracellatosi sulle proprie bugie, con la ministra Azzolina adesso costretta ad ammettere che la “Dad non funziona più”, e Zingaretti che non spreca l’occasione di fare propaganda politica sulla pelle di chi sta perdendo mesi (per ora) di formazione, incolpando quei “ministri che intervengono senza soluzioni”.
Ora, da una parte la DaD in realtà non è mai funzionata e non si tratta di un problema emerso con l’anno nuovo, così come l’incapacità dell’amministrazione pentastellata dall’inizio (almeno) delle responsabilità di governo, specialmente se paragonate al mandato di cambiamento radicale di cui si erano fatti portavoce.
D’altra parte, la credibilità del Partito democratico anche nella versione targata Zingaretti nella capacità di intervento politico al servizio degli abitanti è sotto le scarpe, come un anno pieno di pandemia ha ampiamente dimostrato.
A sintesi dell’intera giornata, che vista la spontaneità della nascita della protesta fa presagire un disagio sentito lungo tutto il corpo sociale del paese, postiamo di seguito un video di una studentessa dell’Osa – Opposizione studentesca d’alternativa (sigla studentesca presente in molte città), che in diretta a “L’aria che tira” su La7 mette letteralmente KO Matteo Renzi (in collegamento audio) sulle responsabilità del suo operato quando era al governo del paese come “capo politico” del Pd.
Buona scuola e alternanza scuola lavoro, ma anche Ilva e Tav, Giulia (questo il suo nome) inchioda l’esponente forse più di spicco dell’indecenza di un’intera generazione politica che perpetra i suoi interessi a discapito di quelli del resto della popolazione.
Se le nuove generazioni riusciranno ad avere la lucidità e lo spirito combattivo dimostrato dalla studentessa intervistata (e subito bloccata perché chiaramente “inaspettata” rispetto al piattume politico dell’informazione mainstream), allora il futuro potrebbe non essere poi così grigio.
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