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11/05/2021

Chernobyl, un cadavere mai morto


Se esaminiamo le notizie dall’estero di oggi, molti media riportano che il reattore di Chernobyl “si è risvegliato” e “torna a bruciare”. Notizie preoccupanti, se fosse proprio così.

Dato che continuiamo a credere nella responsabilità morale, per chi conosce un argomento, di verificare e dare notizie decenti, semplici quanto si vuole, ma contenenti verità, siamo andati un po’ a verificare. Naturalmente, non da fonti italiane, notoriamente inaffidabili sull’argomento.

Fra molti lavori più specialistici, non è male l’articolo di “Science” che si cita in calce. Che parla di un qualche tizzone in un barbecue comunque spento. Paragone che userei con cautela, i tizzoni possono incendiarti il gazebo, per intenderci.

Vediamo di capire di cosa si tratta in realtà. Il reattore 4 di Chernobyl, lo sappiamo, è distrutto, con il nocciolo fuso, incendiato, risolidificato e sepolto, con due “sarcofagi” (contenitori) a isolarlo dall’ambiente esterno. Il secondo sarcofago è stato ultimato pochi anni fa.

Dunque, pare che in una delle zone più sepolte del reattore-rottame, misure del flusso di neutroni in lentissima crescita (circa un 2% in più al mese, quantità ai limiti della sensibilità degli strumenti, che però è costante ed ha portato a un raddoppio del valore in 4 anni) potrebbero far supporre una presenza di nuove fissioni nucleari, con una limitata ri-criticità locale.

Si tratta di flussi di neutroni molto deboli, a potenza zero, ma è un fenomeno comunque interessante anche perché oramai inatteso, anche se solo dal punto di vista scientifico: non desta preoccupazione riguardo a un nuovo incidente o rilasci di radioattività all’esterno.

Ma cosa sta succedendo? Qui segue una parte esplicativa quasi complicata. In quella zona del nocciolo c’è il consueto misto di combustibile fuso e c’è acqua in eccesso che sovra-modera. Il calore di decadimento a quanto pare porta a una lentissima evaporazione dell’acqua, che potrebbe render possibile che in piccole zone si raggiunga la criticità (k-eff locale = 1), da cui la misura di neutroni (con quale spettro, non siamo riusciti a saperlo, invece sarebbe una informazione molto utile).

Un fenomeno al contrario, ma simile al reattore naturale di Oklo in Gabon, per capirci. Andasse ancora avanti, sviluppando anche poco calore, l’acqua evaporerebbe ulteriormente, fino a rendere la zona sotto moderata, e il tutto si spegnerebbe da sé.

Le costanti di tempo sono così lente da essere difficili da calcolare, comunque si tratta di una dinamica di anni e c’è quindi tempo per determinare cosa sia opportuno fare. Diciamo che, come unica cosa da segnalare, c’è a nostro avviso questa: questo segnale riguarda una piccola zona del nocciolo fuso, ma magari negli anni potrebbe pure capitare altrove, nel nocciolo, intendiamo. Quindi il fenomeno va monitorato.

Si dice da più parti: ma perché per tagliar la testa al toro non fate fare alla zona un bel bagno di acqua borata, che assorbe neutroni, spegne tutto, anche queste velleità ricritiche del maledetto relitto?

Perché la zona è irraggiungibile, sepolta sotto strati di rottami e radioattivissima.

Va bene, allora facciamo un bel buco con un trapano e ci inseriamo una barra “di controllo” che assorba neutroni.

Non si può, nessuno può avvicinarsi, forse un robottino, ma deve essere più resistente che quei robot tedeschi dello sceneggiato tv, i cui circuiti non hanno resistito alle radiazioni.

Si dice ancora: ma siete sicuri, avete misurato bene i flussi di neutroni?

Eh, insomma, bisognerebbe avvicinarsi e fare misure più precise, ma al solito non si può: zona irraggiungibile perché sepolta e radioattivissima.

Per concludere: non c’è da preoccuparsi, ma c’è da incuriosirsi. Ri-criticità dopo 35 anni, questo maledetto rottame è davvero una fonte inesauribile di sorprese. Ma non ci sarà “un’altra Chernobyl”, per intenderci.

Per quanto mi riguarda, ma è soltanto una mia perversione professionale, trovo la cosa così interessante che darei la mano destra, per poter seguire questa vicenda di persona. La mano destra di un qualche collega positivista, ovviamente, non la mia, che sono comunque mancino.

Ma, comunque, scherzi a parte, c’è chi ci pensa: fra i colleghi ucraini ci sono fisici e ingegneri nucleari eccellenti, una scuola temprata da decenni di esperienza sul campo, purtroppo.

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