Alla Electrolux, multinazionale svedese con 60.000 dipendenti in tutto il mondo, i 5.000 lavoratori dei 5 stabilimenti italiani che hanno lo stesso contratto integrativo hanno respinto a maggioranza l’accordo, sottoscritto da FIM-FIOM-UILM.
Che però in piena sintonia con l’azienda hanno dichiarato approvata l’intesa, con solo il 50,5% di sì, perché hanno aggiunto ai tanti no i sì dello stabilimento Electrolux Professional, che ha approvato il suo accordo integrativo.
Chi ha un poco di esperienza sindacale sa che spesso l’insieme delle imprese dei grandi gruppi non coincide con i contratti dei loro dipendenti. Ad esempio FIAT e Ferrari non hanno mai avuto lo stesso contratto e il Gruppo Riva aveva fabbriche che non rientravano negli accordi sindacali Ilva.
Sono i padroni stessi ad opporsi alla possibilità di estendere a tutti i propri dipendenti lo stesso contratto, per il loro interesse a mantenere condizioni differenziate e concorrenziali tra di essi.
Per questi interessi, la Electrolux nel 2020 ha scorporato dal resto del gruppo i circa mille lavoratori del settore che produce elettrodomestici per la ristorazione, che più di quello dei prodotti per la casa ha subìto gli effetti della pandemia.
Non risultano vere opposizioni sindacali a questo scorporo, che però è stato improvvisamente dimenticato quando si è trattato di decidere sugli accordi. In sintesi, i lavoratori di Electrolux Professional, molti dei quali in CIG, hanno approvato il loro accordo, quelli dì Electrolux Italia SPA no, ma padrone e sindacati li hanno considerati approvati tutti e due. Per 30 voti.
Gli accordi in realtà sono differenti in diversi punti, in uno in modo particolarmente scandaloso. Nell’accordo per la parte più grande del gruppo c’è una scandalosa clausola, con la quale l’azienda si riserva di delocalizzare le produzioni giudicate non più produttive. Questa delocalizzazione preventiva non c’è per lo stabilimento Professional e si capisce perché lì il sì abbia avuto qualche voto in più.
Ma non è solo per questo che la maggioranza dei lavoratori, e la stragrande maggioranza degli operai delle catene di montaggio, ha respinto l’accordo. Il salario (basso) resta sostanzialmente lo stesso, mentre aumentano gli straordinari obbligatori e diminuiscono le ferie ed i riposi di cui i lavoratori possano usufruire liberamente.
E su tutte le condizioni di lavoro il ruolo dei rappresentanti eletti dai lavoratori viene ridotto o esautorato, a favore delle burocrazie sindacali che potranno accordarsi col padrone ignorando le RSU.
Cosa per altro che hanno già fatto firmando l’intesa, mentre tanti delegati dei lavoratori si sono rifiutati di farlo e sono rimasti in disparte mentre i funzionari di FIM FIOM UILM brindavano coi padroni all’accordo. Così ci racconta in un’intervista Augustin Breda, delegato Fiom.
Insomma una truffa elettorale per coprire un accordo truffa, che peggiora le condizioni di lavoro accogliendo la piattaforma presentata dal padrone e cancellando quella presentata dai lavoratori. Un accordo che conferma che oggi i lavoratori hanno tanti problemi e uno di questi è essere rappresentati dai gruppi dirigenti di CgilCislUil, che invece che dare coraggio firmano rese e che invece che tutelare chi lavora tutelano se stessi.
Ora le RSU del gruppo Electrolux pretendono che si riaprano le trattative, ma FIM FIOM UILM fan finta di niente e l’azienda minaccia. Noi stiamo coi lavoratori ed i loro rappresentanti e contro una burocrazia sindacale che si dovrebbe vergognare.
Aggiungo per chi volesse approfondire che nel 2000 ci fu un altro referendum in Electrolux, su un accordo che introduceva il lavoro precario a chiamata. I lavoratori respinsero quell’intesa che segnava una caduta verso quella schiavitù del lavoro che poi è dilagata.
La FIOM, contraria all’accordo, pretese ed ottenne il ritiro della firma. Erano altri tempi ma soprattutto era un’altra FIOM rispetto a quella di oggi.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento