Si è concluso con due pesanti condanne il processo di primo grado ai due commercialisti e revisori dei conti dei gruppi parlamentari della Lega. Il processo si è tenuto con rito abbreviato, che garantisce uno sconto di pena, ma Alberto di Rubba e Andrea Manzoni dovranno comunque scontare rispettivamente 5 anni e 4 mesi e 4 anni e 4 mesi di reclusione.
La vicenda è quella del capannone di Cormano (Mi) acquistato per conto della Lombardia Film Commission, di cui ci eravamo occupati nel settembre scorso.
Oltre alla pena detentiva, i due sono stati condannati a pagare un risarcimento di 170.000 euro alla Lombardia Film Commission e altri 25.000 al Comune di Milano; la regione Lombardia dell’ineffabile presidente leghista Fontana non si è invece costituita parte civile, confermando il disinteresse a come vengono rubati i soldi dei cittadini e forse tentando di limitare i danni per i due amici della Lega.
Il giudice ha inoltre sequestrato due ville acquistate a Desenzano del Garda da Di Rubba e Manzoni con il ricavato dell’operazione. Per entrambi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e di 4 anni per l’attività di commercialista.
Altri protagonisti della vicenda come i prestanome Fabio Barbarossa e Luca Sostegni, ma anche il commercialista Michele Scilieri hanno patteggiato la pena in un precedente processo, mentre Francesco Baracchetti, industriale-faccendiere che si occupava di movimentare i fondi leghisti, attende il rito ordinario.
La Lega, come al solito, ha scaricato i protagonisti della truffa, dichiarando che potranno dimostrare la loro innocenza nel processo d’appello.
Tuttavia, i dirigenti leghisti hanno la coda di paglia poiché i personaggi condannati non sono figure di secondo piano dell’amministrazione del partito: Di Rubba e Manzoni erano i revisori dei conti dei gruppi parlamentari e presso lo studio di Scilieri è domiciliata legalmente la Lega per Salvini premier.
Un altro fatto interessante è che nel corso delle indagini si è scoperto che nel 2019 ci furono importanti movimentazioni nei conti della Lega, che al contempo invece stava concordando con i magistrati di Genova la restituzione in 76 (settantasei) rate annuali dei 49.000.000 truffati allo Stato con falsi rimborsi elettorali, sostenendo di non avere liquidità.
Infine, è convinzione degli inquirenti che, per l’alto ruolo dei condannati, le indagini future potrebbero anche portare a capire qualcosa in merito a siano finiti quei 49.000.000 ricavati dalla truffa allo Stato. Ma in questo caso, la questione è talmente grossa da cucire molte bocche.
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