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12/07/2021

Una botta di culo non fa primavera...

Che culo! Alla parata decisiva di Donnarumma sull’ultimo rigore, il pensiero è esploso nella testa di tutti i membri dell’establishment italiano ed europeo.

Traspariva evidente nelle smorfie sorridenti di Mattarella, madame Cristillin e Valentina Vezzali, in tribuna d’onore. Ma era immaginabile anche sui volti di Mario Draghi e della stessa Ursula von der Leyen, che si era spinta qualche ora prima a tifare Italia contro quei dannati inglesi che avevano voluto e ottenuto la Brexit.

Che culo! Dopo due minuti sembrava tutto finito. Gli europei al potere demoralizzati nel vedere che il paese calcisticamente egemone nel Vecchio Continente era quello che se n’era andato fuori da un assetto istituzionale coercitivo e strampalato.

Gli italiani al potere in subappalto già preoccupati per il mancato “effetto cocaine” sulla popolazione che deve – e soprattutto dovrà – subire gli effetti delle scelte che stanno compiendo. E di cui si cominciano a vedere i risultati, intanto come licenziamenti di massa.

E invece, piano piano, con calma e metodo – due virtù assai poco italiche, a livello di classe dirigente – una squadra normale, senza grandi campioni (a parte un portiere inquietante per efficacia e dimensioni), ha riportato la situazione in parità, gestendo e imbrigliando i presuntuosissimi inglesi, talentuosi e individualisti, fino a non far vedere loro palla per lunghi minuti.

Poi, come si dice, “la lotteria dei rigori”, dove ci vuole talento e culo, fifty-fifty. Il talento per buttarla dentro o cacciarla fuori, il culo per veder finire sul palo una palla a portiere spiazzato.

La differenza calcistica tra le due squadre, a voler essere brutali, si riduce a quella palla mandata da Rashford sul legno. Pickford e Donnarumma ne hanno parati due a testa.

Come si dice, questo è il calcio. Puoi tenere palla per il 70% del tempo e perdere per un rimpallo, puoi meritare tanto e non ottenere niente, un episodio – nel bene o nel male – decide tutto ed è inutile castellarci una morale sopra.

Lo sanno meglio di tutti calciatori e allenatori, abituati ad essere osannati o vilipesi per un dettaglio in più o in meno, per una questione di centimetri.

E invece, parata la botta timida di Saka, ecco esplodere la retorica patriottarda (solo nello sport, se no sei un “sovranista”), l’uso della sofferta vittoria sportiva come “prova” che “finalmente” il paese è “sulla strada della ripartenza”. Mescolando tutto, come se un palo fortunato valesse quanto o più di una riforma delle assunzioni nella sanità pubblica che grida vendetta e metterà in ginocchio un settore decisivo. Cocaina per tutti, ballate per strada e non pensate ad altro...

È prassi. Ogni potere celebra le vittorie sportive in questo modo. Per il fetecchioso potere italico, però, per questa borghesia pezzente e compradora, sempre disposta al pianto per fottere lo Stato e i lavoratori, queste vittorie arrivano sempre come inattesi – insperati e immeritati – doni dal cielo.

Che culo! Appunto...

Era stato così per il fascismo impelagato nella guerra d’Etiopia e in crisi economica dopo aver cercato di difendere “quota 90” (il cambio della Lira nei confronti della Sterlina inglese; e aridaje...), che incassò due titoli mondiali mentre firmava il “patto d’acciaio” con Hitler e si avviava alla sanguinosa fine, con l’avventura bellica più violenta della Storia (fin qui...).

Ed era stato di nuovo così nel 1982, a sugello di una torsione autoritaria che aveva messo fine agli anni ‘70 a forza di ristrutturazione produttiva, tortura e carceri speciali.

Ed è stato di nuovo così nel 2006, quando si cominciavano a fare i primi conti con l’adozione della moneta unica fatta a un tasso di cambio suicida, il raddoppio dei prezzi a stipendi fermi e precarietà in crescita esponenziale (anche se mai come adesso).

È di nuovo così ora, con un governo a due strati che deve riscrivere la struttura dei rapporti sociali distruggendo quel poco che era sopravvissuto a 30 anni di privatizzazioni-liberalizzazioni che hanno prodotto aumento della povertà, scomparsa delle grandi aziende pubbliche regalate ai privati (Telecom e Alitalia su tutti), precarietà di massa, salari di merda che si vorrebbero ancora più bassi (al di sotto del pur miserabile “reddito di cittadinanza”).

Che culo!, per questo potere italico senza meriti né fantasia...

Tira fuori l’insperato da un allenatore molto capace e da una squadra “operaia”, dove tutti pressano come un sol uomo, senza primedonne e “competizione interna”, dove la causa collettiva prevale assolutamente sull’interesse individuale. O meglio: dove l’interesse individuale (la vittoria, un contratto migliore, offerte pubblicitarie, ecc.) si può realizzare solo attraverso il risultato collettivo.

Ossia da un gruppo che ha praticato un logica opposta a quella che l’establishment neoliberista predica ad ogni minuto del giorno. Sperando di avere il culo di trovare una squadra degna di questo nome, che ha meritato il risultato anche al di là dell'“episodio”, dietro cui nascondere meglio il proprio istinto predatorio.

Un titolo europeo vale molto, ma meno di un mondiale. E, soprattutto, quello che questo governo va facendo sta già incidendo sulla carne viva di una massa ogni giorno più vasta.

Sfangheranno l’estate. Poi faremo i conti su quanti licenziati ci saranno stati, quanto si saranno abbassati i salari dei nuovi assunti in sostituzione, con l’assenza di altri ammortizzatori sociali, l’inesistenza di una politica dell’edilizia pubblica (zero soldi, nel PNRR, per questa voce) e una pandemia che rialza già la testa perché sempre affrontata guardando alle preferenze delle imprese anziché alle indicazioni sanitarie (con la criminale collaborazione di diversi scienziati, purtroppo).

Il culo può anche esser tanto, ma non è mai eterno.

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