Si continua, non solo nel mainstream, ma anche nella sinistra, a definire lo Stato ucraino come soggetto aggredito nell’ambito del conflitto in atto sul suo territorio (prevalentemente).
Tuttavia, questa definizione nasconde anche l’”oblio” interessato dei precedenti 8 anni di guerra, in cui il regime di Kiev ha portato una aggressione costante per riannettere le aree del Donbass che non hanno mai accettato il colpo di stato filo-occidentale di inizio 2014, il quale portò una riconfigurazione totale dello stato ucraino, sia territoriale (con il distaccamento di Crimea e parte del Donbass), sia negli apparati, che hanno visto l’integrazione dei neonazisti nei ranghi dell’esercito e dei ministeri.
Accanto a questi due fattori, l’Ucraina ha anche cominciato una guerra sul fronte interno di discreta intensità, che sta portando ad uno scenario di tipo “chileno” o colombiano, con formazioni paramiliatari di estrema destra che si accaniscono liberamente ed in maniera extra-giudiziale contro le opposizioni. Con l’aggravante che, come detto, tali formazioni paramilitari si sono fatte stato.
Tutto ciò che ha a che fare con il movimento comunista dal 2015 è diventato illegale grazie ad un apposito sistema legislativo: parliamo dei simboli, compresi quelli richiamanti alla lotta contro l’invasione nazista, delle organizzazioni, delle persone fisiche, arrestate, torturate ed esiliate nel Donbass o altrove.
Da quando è scattata l’invasione russa, tale trattamento si è esteso a qualsiasi tipo di opposizione, compresa quella parlamentare, che è formalmente inserita nel regime post-Maidan.
Il caso più eclatante è quello dell’arresto di Medvedchuck, che con la sinistra non ha nulla a che fare, essendo un ricchissimo uomo di affari a capo di un blocco di più di 40 parlamentari (numericamente il secondo dell’intero parlamento), erede della coalizione che appoggiava il presidente Janukovich, deposto dal colpo di stato di Maidan.
A seguito di quest’arresto, con la vittima messa in bella mostra televisiva, il Presidente Volodymyr Zelevsky ha proposto uno scambio di questo con tutti i prigionieri di guerra fatti dalla Russia e dalle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk.
In questo modo, però, è lo stesso regime di Kiev a chiarire che non si tratta soltanto di un conflitto in cui l’Ucraina è aggredita dall’esterno, bensì anche di una guerra interna, in cui la parte russa è vista anche come la parte di tutte le opposizioni, per cui anche i prigionieri delle opposizioni vengono trattati come prigionieri russi.
Tornando alla repressione della sinistra e dei comunisti, si fa ora una rassegna parziale di quanto avvenuto da inizio guerra, secondo le notizie che filtrano dall’Ucraina.
Secondo il canale Telegram “Repression of the left and dissenters in Ukraine“, l’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina ha riferito che dal 24 febbraio 2022 al 7 aprile 2022 sono stati registrati 7283 procedimenti penali e un caso definito “principale” connessi all’aggressione della Federazione Russa.
Di questi, 1.653 sono procedimenti penali per “violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina” (articolo 110 del codice penale). La prassi giudiziaria mostra che si tratta principalmente di post sui social network in cui i cittadini esprimono le proprie opinioni. Ad esempio, il blogger di Leopoli Gleb Lyashenko è in arresto dal 30 marzo.
Sono 435 i casi di “alto tradimento” (articolo 111), fra cui il poeta 70enne Yan Taksyur, che ha sostenuto i diritti della Chiesa ortodossa ucraina. Dal 10 marzo è in arresto nel centro di detenzione preventiva Lukyanovsky (Kiev).
Il 20 marzo, la SBU ha arrestato la 66enne attivista per i diritti umani Elena Berezhnaya a Kiev, accusata anche lei di alto tradimento.
Poi ci sono 43 casi di “guerra aggressiva” (articolo 437). In base a questo articolo, ad esempio, è stato accusato un attivista dell’organizzazione di sinistra Livitza, di Dnepropetrovsk, Alexander Matyushenko, il quale non è mai stato un miliziano. Durante l’arresto è stato duramente picchiato dai nazisti di Azov. Dal 3 marzo è detenuto.
Lo stesso giorno, 39 persone sono state arrestate a Dnepropetrovsk con la stessa accusa.
In seguito, Matyushenko è riuscito a far derubricare la propria accusa, creando così la possibilità di rientrare anch’egli in uno scambio di prigionieri.
56 casi sono di “sabotaggio”. Uno di questi riguarda il giornalista di Odessa Yuri Tkachev, accusato di possesso di esplosivi, che, secondo lui, gli sono stati piazzati addosso da agenti della SBU. Dal 19 marzo è in arresto. Lo stesso giorno, 17 persone sono state detenute a Odessa per lo stesso motivo.
In questa casistica è rientrata anche l’accusa, a Lutsk, del violinista della Filarmonica regionale Volyn Oleg Smetanin.
Inoltre, il 7 marzo il giornalista Dmitriy Dzhangirov (membro del partito ”Nuovo Socialismo”), Vasyl Volha (ex leader dell’Unione delle Forze di Sinistra), il giornalista Yury Dudkin e il pubblicista Aleksandr Karevin (che è riuscito a scrivere sul momento sulla sua pagina Facebook: “La SBU sta venendo”), sono stati arrestati a Kiev.
L’11 marzo, l’attivista di sinistra Spartak Golovachev è scomparso a Kharkiv. “La porta è stata sfondata da uomini armati in uniforme ucraina. Addio“, è riuscito a scrivere sui social.
Sempre l’11 marzo, a Odessa, la SBU ha arrestato Elena Vyacheslavova, la figlia di Mikhail Vyacheslavov, ucciso il 2 maggio 2014 nell’incendio della Camera dei sindacati di Odessa.
Anche il luogo in cui si trovano diversi membri dei partiti di sinistra “Nuovo Socialismo” e Derzhava è sconosciuto. Hanno smesso di scrivere qualsiasi cosa sui social media. Potrebbero essere nascosti, ma potrebbero anche essere stati arrestati.
Il 13 marzo, in un villaggio vicino a Odessa, è stata bruciata la casa dell’attivista di sinistra Dmitry Lazarev.
Il 4 marzo Vladimir Ivanov, attivista di sinistra di Zaporozhye, è scomparso. Non si sa dove si trovi. Sul suo account Telegram vengono visualizzati post piuttosto insoliti per lui.
Secondo alcuni report da Dnepropetrovsk, il 19 marzo le forze di sicurezza hanno fatto irruzione in una casa e hanno arrestato Yuriy Bobchenko, presidente del sindacato dei lavoratori del settore metallurgico e dei minatori presso l’impresa ArcelorMittal.
Tutti questi casi fanno seguito a quello dei fratelli Kononovich, anch’essi appartenenti ad un’organizzazione giovanile comunista e scomparsi.
Lo scenario appena tracciato, che sicuramente è solo parziale rispetto alle sue dimensioni reali, induce a guardare al conflitto ucraino con un’ottica più completa, come guerra regionale in cui l’Ucraina agisce “per procura” degli imperialismi occidentali, ma anche come conflitto interno all’Ucraina.
Non solo su base etnica e territoriale contro il Donbass, ma anche con caratterizzazione di classe nuda e cruda, che vede i comunisti, le sinistre e i sindacati come bersaglio politico principale.
Di conseguenza, andrebbe messo in campo anche l’argomento della solidarietà ai compagni ucraini nel piano di iniziative contro la guerra.
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