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13/08/2022

“Modello Genova? Per il ponte sì, ma ora solo promesse”. Nel quartiere sotto il Morandi che a 4 anni dal crollo aspetta ancora la riqualificazione

Dopo molte promesse e altrettante inaugurazioni, a due anni dall’inaugurazione del nuovo viadotto autostradale di Genova, la tanto attesa riqualificazione per il quartiere sottostante non è ancora partita. Certo, proseguono i cantieri per il nodo ferroviario che prevedono il passaggio dei treni sotto e tra le case e restano i disagi dati dalla posizione periferica e retroportuale che hanno contraddistinto il quartiere un tempo a vocazione operaia e industriale, ma stentano a concretizzarsi i rendering architettonici del cosiddetto “Parco del Polcevera” disegnato da Stefano Boeri.

A oggi non è chiaro quanta parte dei finanziamenti necessari per far partire il progetto sia effettivamente nelle disponibilità dell’amministrazione. Si sa che il progetto definitivo per il “Memoriale” è stato consegnato solo due mesi fa, mentre tutto il resto (il famoso “Cerchio Rosso” pedonale, ludoteche, spazi per le imprese e un grande parco urbano, un centro commerciale e la ristrutturazione dei palazzi sfollati per l’abbattimento dei resti del Ponte Morandi) è in standby. “Di tutti i lavori promessi, a distanza di quattro anni dalla strage, c’è solo la ristrutturazione della palestra di via Porro, totalmente diversa da come preventivata ma conclusa da un anno, eppure tutt’ora inagibile e l’allestimento della ‘Radura della Memoria” – spiegano dal Comitato Liberi Cittadini di Certosa – un cerchio di legno con 43 piante in vaso e un piccolo giardino pubblico con giochi provvisoriamente collocati sotto al viadotto autostradale”.

È tutto provvisorio, si affrettano a specificare all’info point presente nella radura di via Fillak, dove anche la corona di fiori deposta sopra i nomi delle vittime del 14 agosto 2018 giace secca e abbandonata: “Qui però si possono vedere i rendering, non sappiamo cosa si farà di quanto promesso ma per i tempi hanno parlato di cinque anni ancora”. Le immagini nel container che ospita le simulazioni grafiche di quel che sarà il parco fanno sognare ma mischiano soluzioni tra loro diverse e mai aggiornate alle modifiche intercorse rispetto alle prime bozze di progetto presentate nel 2019. “La sensazione diffusa è quella che, spenti i riflettori dopo la ricostruzione del Ponte, si siano completamente dimenticati di noi – ribadiscono all’unisono l’ex presidente della Commissione ambiente del Municipio Fabrizio Maranini e il referente del Comitato Liberi Cittadini di Certosa Enrico d’Agostino – Dicono che servono finanziamenti e sponsor per completare il progetto, ma quale privato può avere interesse in questo quartiere dove il prezzo delle case è in caduta libera, ogni volta che piove ci sono allagamenti tali da dover sgomberare cantine e piani terra, non è mai stato realizzato l’Ospedale di Vallata promesso e ogni giorno chiudono attività commerciali?”.

Spostandosi al Campasso, dove nei progetti si prevedevano campi sportivi e aree verdi e ora si incontrano solo macerie e sterpaglie, lo storico residente Franco Cavicchioli conferma l’impressione generale: “Sono passati quattro anni dal crollo e siamo ancora alla fase delle promesse – si sfoga – ci saremmo aspettati quanto meno l’avvio di qualcosa di quanto promesso, invece qui l’unico cantiere attivo è quello di RFI per la realizzazione della linea merci a pochi metri dalle nostre case”.

Per Giorgio Sacchi, che abita ai confini di quella che è stata la zona rossa inaccessibile per il cantiere del nuovo viadotto e dovrebbe vedere sorgere sotto casa il nuovo parco urbano: “La sensazione prevalente ormai non è l’attesa della realizzazione delle promesse, ma la rassegnazione al fatto che il cosiddetto ‘modello Genova’ non arriverà mai nel quartiere sotto il viadotto”.

 “C’è una visione medievale della città – ribadisce Fabio Bertoldi, veterinario della zona e già portavoce del comitato commercianti – quindi la città dentro le mura e fuori tutte le servitù, si stipa nelle periferie quello che non vogliono vedere in centro. Le saracinesche delle attività attorno alla mia che si sono abbassate dopo il crollo non si sono più rialzate, andiamo avanti in mezzo alla totale desertificazione”.

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