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12/09/2022

I visti alla Russia e la frattura est-ovest che peserà sul futuro d’Europa

Cremlino nemico assoluto

Gli Stati dell’Est dell’Unione a dare lezioni a quelli dell’Ovest su come (non) si tratta col Cremlino. «Come ha detto il premier polacco Mateusz Morawiecki in un’intervista al Figaro, i paesi orientali capiscono Mosca molto meglio della Francia. La Russia va chiusa in quarantena, non finché non faccia tacere le armi in Ucraina, ma finché non cesserà di sognare l’impero». Visione oltranzista diversa pure da quella degli Stati Uniti, contrari a una sospensione alla cieca dei visti. È un primo esempio di come il peso decisionale europeo stia slittando a est. E non è uno sviluppo a crescere.

Troppo Est fa male all’Unione

«Anche per questo la Germania in settimana si è dichiarata contro un ulteriore allargamento a oriente dell’Ue senza prima riformarla». Facile e assieme scioccante immaginare un’Ue a 30 o 36 membri, quindi con l’Ucraina, ancora con l’attuale vincolo di decisioni alla unanimità. La paralisi. Ad uscire allo scoperto il cancelliere tedesco Scholz, che torna a invocare l’abolizione dell’unanimità nelle decisioni di politica estera e sullo Stato di diritto. Italia silente per elezioni, e Francia e Spagna in difficoltà politiche interne, ma d’accordo. Due Europa, da Nord-Sud a Ovest-Est

Il governo di Varsavia sta affiancando la Germania alla Russia come bersaglio del proprio nazionalismo. Vale l’esempio del vicepremier Jarosław Kaczyński, che ha celebrato la ricorrenza dell’invasione nazista (1° settembre 1939) annunciando che la Polonia vuole riaprire i negoziati con Berlino per le riparazioni della seconda guerra mondiale. Il conto, astronomico: 1300 miliardi di euro.

Proposito irrealizzabile, ma che rende l’idea della competizione polacco-tedesca accesa dalla guerra d’Ucraina. E che segnerà i destini del continente, oltre che gli equilibri nell’Unione Europea.

Gli ucraini in fuga in Europa

Oltre 5 milioni di cittadini ucraini hanno lasciato il loro paese come diretta conseguenza della guerra. Singolare situazione, il principale paese di destinazione è proprio lo Stato aggressore, la Russia (1,3 milioni). «La vicinanza geografica, i legami linguistici e talvolta etnici, il costo della vita più contenuto e/o l’assenza di alternative logisticamente praticabili hanno spinto buona parte della popolazione dell’Ucraina orientale a rifugiarsi nei territori della Federazione. Il fatto che la guerra si proietti a ovest ha poi spinto la popolazione nei pressi del fronte a muovere verso est», spiega Mirko Mussetti.

Dopo la Russia, la Polonia schierata

Secondo Stato di destinazione la Polonia con oltre 1,1 milioni di rifugiati. Terzo paese per accoglienza degli sfollati ucraini è la Germania (780 mila), il cui stato sociale è visto come rifugio ottimale da gran parte dei migranti. Oltre a Russia, Polonia e Germania, seguono Cechia (379 mila), Turchia (145 mila), Italia (137 mila), Spagna (124 mila), Francia (88 mila), Moldova (85 mila), Romania (82 mila). Tra i grandi paesi europei, il Regno Unito (11°poso) è il meno virtuoso in termini di accoglienza dei rifugiati, sebbene il governo di Londra sia tra i più fervidi sostenitori della guerra.

‘Guerra d’attrito’, per quanto e per cosa?

In una recente intervista all’agenzia di stampa Ria il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato che gli obiettivi territoriali in Ucraina sono mutati: «Le missioni che le truppe russe stanno affrontando sono sempre le stesse, ovvero la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, ma la loro geografia è cambiata. Se prima si trattava di liberare le Repubbliche Popolari di Donec’k e Luhans’k, ora ci riferiamo a territori molto più vasti, comprese le regioni di Kherson e Zaporižžja, così come ad altri territori dell’Ucraina. Questo processo continua in modo costante e ostinato».

Le ‘oblast’ di Odessa e Mykolajiv

E quando il ministro russo parla di «altri territori», sostiene Mirko Mussetti, «si riferisce con ogni probabilità alle oblast’ di Odessa e Mykolajiv». Il tratto costiero ancora in mano a Kiev che garantisce all’Ucraina l’accesso al Mar Nero e alle rotte del Mediterraneo. L’America arma (oltre i 15 miliardi), ma le super tecnologie non bastano per un esercito non addestrato ad usarle e decisamente stanco. «L’Ukraine fatigue», paventata dal premier britannico uscente Boris Johnson. Con il fronte del Donbas che potrebbe sgretolarsi entro l’estate, temono molti analisti occidentali.

Armi ucraine a minacciare la Russia

Lavrov avverte che fino a quando l’Occidente persisterà nell’inviare all’Ucraina «armi a raggio sempre più lungo come i missili Himars», la Russia non potrà che «spostare ancor più lontano gli obiettivi strategici». Ecco perché, secondo il capo della diplomazia di Mosca, «le trattative con Kiev in questo momento non hanno senso». Tanto più che l’Occidente dovrò affrontare crescenti problemi interni: inflazione, crisi energetica, deindustrializzazione, ricostituzione delle scorte di armi, migrazioni.

Lavrov contro i Kaczyński

E ancora Lavrov: «Una nuova cortina di ferro sta calando tra Russia e Occidente. Il processo è già in corso». Aggiungendo che «gli occidentali dovrebbero stare attenti a non infilarci le dita dentro» e precisando che Mosca ha deciso di «fare tutto il necessario per non dipendere da loro nei settori critici». Per la Russia la questione non è più se vi sarà un ritorno alla logica dei blocchi contrapposti, ma come sarà concretamente rimodulata la spartizione delle sfere d’influenza nel Vecchio Continente.

Russkij Mir

In termini geostrategici, una nuova cortina il più possibile a ridosso dell’ «istmo d’Europa», la linea più breve e maggiormente difendibile che separa l’Europa occidentale dal Russkij Mir, il mondo russo.

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